IL RUOLO DELL’INFERMIERE DI FAMIGLIA IN ITALIA
L’infermiere di famiglia in Italia non possiede uno specifico campo di applicazione, questo è dovuto alla mancanza di esperienza e alla recente applicazione di infermieri esercenti nel settore della comunità.
La realtà italiana attuale è un mosaico di professionisti che lavorano in ambiti diversi e con motivazioni diverse.
Negli ultimi anni sono stati fatti grandi passi per costruire un modello condiviso di infermiere di famiglia; alcuni operatori del settore hanno affermato:
Giovanni Valerio del Comitato Centrale della Federazione Nazionale collegi IPASVI: “all’infermiere di famiglia si chiede in sostanza di adempiere ad una triplice funzione, innanzitutto quella di favorire un contenimento dei costi sanitari e quella di migliorare allocazione di risorse economiche a cui si mira incentivando l’assistenza domiciliare. Allo stesso tempo potrà garantire alle famiglie la massima qualità delle prestazioni assistenziali in forma della sua prestazione. E infine – ma non si tratta di un obiettivo residuale – potrà anche contribuire a un’ulteriore e più larga affermazione dell’autonomia professionale”.
Un ruolo poliedrico posizionato al centro di una rete di contatti a cui fanno capo operatori, cittadini e strutture sanitarie, ma la sua autonomia si esprime anche nel lavoro interdisciplinare, interagendo con le altre figure dell’equipe che seguono il territorio. In questo progetto diventa determinante il momento della formazione che permetterà all’infermiere di famiglia di acquisire le competenze necessarie
Alessandra Semenzato, responsabile dell’Unità infermieristica del Dipartimento italiano di medicina di famiglia (Aimef): ”in Italia c’è ancora molto da fare, ma qualcosa si sta muovendo soprattutto nel Nord del Paese dove la diffusione dell’assistenza domiciliare ha creato un terreno favorevole alla crescita di questo tipo di attività. Si offrono ampi spazi di autonomia riscuotendo inoltre anche un buon gradimento da parte dei cittadini, sia in termini di qualità dell’assistenza, sia in termini di rapidità della risposta sanitaria ricevuta. E’ certamente possibile andare al di là delle proposte dell’OMS; lavorando fianco a fianco con il medico di famiglia si possono svolgere compiti complementari senza essere solo degli intermediari: si pensi ad esempio alla deospedalizzazione precoce, ai malati oncologici. Sono situazioni nelle quali emerge tutta la forza del rapporto di fiducia che il medico di base e l’infermiere di famiglia possono instaurare con gli assistiti”.
I dati riportati in questa ricerca confermano l’utilità e il vasto campo di azione dell’infermiere di famiglia ma, è doveroso evidenziare che nel nostro paese siamo fortemente indietro nell’implementazione di questa figura probabilmente per una cultura ancora troppo centrata sul ruolo del medico e questi ancora troppo ancorati alla malattia. Si disconosce tutto quanto intorno ad essa si svolge e che è invece parte integrante della stessa, e nonostante tutte le esperienze positive a livello internazionale e alcuni timidi accenni nelle regioni più lungimiranti in effetti in Italia non esiste all’interno del SSN un ruolo ben definito di questo professionista; alcune esperienze se pur parziali e comunque ancora legate allo specifico di alcune particolari situazioni di malattia si stanno mettendo in campo si pensi ad esempio ai progetti di chronic care messi in atto da alcune regioni (ad es. la Toscana).
Secondo noi è da queste esperienze che dobbiamo partire per affermare la necessità che si evolvano in un discorso più complessivo e meno limitato slegato dalla patologia e dal singolo che va invece contestualizzato all’interno della sua famiglia e comunità che sia in grado di guardare non solo alla patologia in se,ma anche e soprattutto al benessere della famiglia alla promozione della salute ed ove necessario anche all’intervento clinico e curativo, ma sempre legato al contesto famigliare che è dimostrato se adeguatamente informato e motivato risulta essere di grande supporto alla cura della malattia,alla accettazione delle sue conseguenze ed al ristabilimento delle migliori potenzialità di salute.
Obiettivo:
Valutazione dell’esperienza italiana sull’efficacia degli interventi infermieristici nella famiglia con riduzione di accessi al P.S., riduzione dei ricoveri, riduzione della spesa sanitaria, umanizzazione dell’assistenza.
PICO
P= walfare di comunità
I= approccio diversificato ai problemi di salute di tipo relazionale
C= approccio assistenziale prestazionale con IF e C
O= maggiore efficacia nelle risposte ai bisogni di cure delle persone assistite sul territorio-
parole chiave:
- famiglia
- continuità assistenziale
Materiali e Metodi
- sono stati selezionati gli abstract in lingua inglese e italiana
- ulteriore selezione degli abstract di autori italiani
- ricerca effettuata su ultimi 5 anni
- un solo articolo ultimi 10 anni
Strategia di ricerca:
la ricerca è stata effettuata attraverso internet su Pub Med
database | Parola chiave | documenti | titolo |
Pub med | Family nurse | N° reperiti 16
Pertinenti 5 |
[Family caregivers–waiting for visibility].Zingaretti M.Assist Inferm Ric. 2011 Jan-Mar;30(1):48-53.
[Nursing outcomes: instruments for visualizing the effectiveness of nursing care].Germini F, Vellone E, Venturini G, Alvaro R.Prof Inferm. 2010 Oct-Dec;63(4):205-10. [Open intensive care units: a feasible option? The opinions of patients, relatives and health care workers].Azzil R, Bambi S.Assist Inferm Ric. 2009 Apr-Jun;28(2):89-95. [Ambulatory care nursing sites in Italy: results of a pilot study].Alvaro R, Venturini G, Tartaglini D, Vellone E, De Marinis MG.Ig Sanita Pubbl. 2009 May-Jun;65(3):241-52.. Erratum in: Ig Sanita Pubbl. 2009 Jul-Aug;65(4):346. [The validation of a nursing caseload score of home care patients].Saugo M, Pellizzari M, Benetollo PP, Pretti MG, Mantoan D, Toffanin R, Donato D, Gallina P, Pegoraro C, Spaliviero S, Paiusco P, Di Giulio P.Assist Inferm Ric. 2008 Jul-Sep;27(3):124-35.
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Pub Med | nursing intervention in family health care
family nurse |
N° 2 reperiti
N° 2 pertinenti
N°29 reperiti Molti presenti in altre ricerche |
[Nursing outcomes: instruments for visualizing the effectiveness of nursing care].
Germini F, Vellone E, Venturini G, Alvaro R. Prof Inferm. 2010 Oct-Dec;63(4):205-10 [Nursing role in cardiac prevention]. Riccio C, Sommaruga M, Vaghi P, Cassella A, Celardo S, Cocco E, de Chiro V, Marzaioli M, Ruotolo E, Zanni O, Iacomino M, Chieffo C. Monaldi Arch Chest Dis. 2004 Jun;62(2):105-13. Review. [Early treatment directives: some considerations]. Sansoni J, Inguì M, Mitello L. Prof Inferm. 2009 Jan-Mar;62(1):3-8 Marco Matteo Ciccone, Ambrogio Aquilino, Francesca Cortese, Pietro Scicchitano, Marco Sassara, Ernesto Mola, Rodolfo Rollo, Pasquale Caldarola, Francesco Giorgino, Vincenzo Pomo, Francesco Bux Vasc Health Risk Manag. 2010; 6: 297–305. Published online 2010 May 6
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Pub Med.
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N°38654
N°- pertinenti
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DRGs and other patient-, service- and area-level factors influencing length of stay in acute psychiatric wards: the Veneto Region experience.
Pertile R, Donisi V, Grigoletti L, Angelozzi A, Zamengo G, Zulian G, Amaddeo F.Soc Psychiatry Psychiatr Epidemiol. 2011 Jul;46(7):651-60. Epub 2010 May 15.
Palese A, Vianelli C, De Maino R, Bortoluzzi G. Nurs Econ. 2012 Mar-Apr;30(2):86-93, 119 Professional dignity in nursing in clinical and community workplaces. Stievano A, Marinis MG, Russo MT, Rocco G, Alvaro R. Nurs Ethics. 2012 May;19(3):341-56. Epub 2012 Feb 15. [Community: project proposal for a multicenter study on musculoskeletal comorbidity among nursing staff].Mattioli S, Farioli A, Curti S, Lodi V, Zanardi F, Bonfiglioli R, Violante FS. G Ital Med Lav Ergon. 2010 Jul-Sep;32(3):227-30. [Methodological and cultural challenges met in domiciliary care]. Cecchetto D.Assist Inferm Ric. 2002 Oct-Dec;21(4):184-90. A Population-based study of dementia in the oldest old: the Monzino 80-plus Study Ugo Lucca, Mariateresa Garrì, Angela Recchia, Giancarlo Logroscino, Pietro Tiraboschi, Massimo Franceschi, Chiara Bertinotti, Anna Biotti, Elena Gargantini, Marilena Maragna, Alessandro Nobili, Luca Pasina, Carlotta Franchi, Emma Riva, Mauro Tettamanti BMC Neurol. 2011; 11: 54. Published online 2011 May 25. doi: 10.1186/1471-2377-11-54
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Progetto TESEO
Progetto Garsia |
N°1
N°1 |
sviluppo di un Welfare di comunità in Emilia Romagna
Bologna
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Progetto NONOS | N°1 | Sviluppo di un welfare di comunità in Friuli Venezia Giulia a favore delle persone anziane
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Progetto Leonardo | 1 | Piemonte | |
Progetto TESEO
Il progetto si pone l’obiettivo di implementare un percorso assistenziale attraverso la pianificazione della dimissione dei pazienti ospedalizzati con la presa in carico del paziente da parte dei professionisti infermieri dell’assistenza domiciliare e delle strutture sanitarie territoriali.
Gli interventi da attuare dovrebbero prevedere:
- continuità delle informazioni; nel passaggio tra ospedale e territorio vanno trasmesse le informazioni essenziali per non interrompere il piano di cura. Le informazioni dovrebbero comprendere non solo i dati clinici e assistenziali, ma anche le preferenze del paziente, i suoi valori e la situazione familiare e sociale.
- continuità relazionale; per un paziente è importante avere persone e punti stabili di riferimento, mentre anche per gli operatori sanitari è più agevole valutare i cambiamenti di un paziente che conoscono e che hanno seguito.
Lo scopo della procedura è quello di facilitare la continuità assistenziale infermieristica ospedale e territorio, in particolare nelle situazioni di dimissione protetta in cui la famiglia presenta delle difficoltà nel garantire una sufficiente adesione al progetto terapeutico e assistenziale (coping alterato della famiglia) e nelle situazioni in cui i pazienti presentano un quadro clinico-assistenziale ad alta complessità con particolare riferimento a:
- Pazienti con ventilazione assistita in tracheotomia.
- Pazienti con PEG/NPT e problematiche associate.
- Pazienti oncologici con sintomi da controllare e alta complessità assistenziale, sia nella fase pre –NODO che nella fase di attivazione del NODO.
- Situazioni che necessitano di un percorso educativo del paziente e/o del famigliare, da attivare durante la degenza e da continuare nella prima fase della domiciliarità.
- Pazienti con medicazioni complesse (con particolare riguardo alle medicazioni di lesioni da decubito, lesioni cutanee di origine vascolare, lesioni cutanee in pazienti diabetici)
La procedura va a integrare la procedura aziendale “Dimissioni Protette di pazienti anziani non autosufficienti” nonché le procedure o documenti applicativi vigenti nei Dipartimenti/Servizi coinvolti. Il percorso inizia con la valutazione dei casi eleggibili che avviene entro 72 ore dal ricovero/intervento chirurgico/stabilità clinica del paziente, da parte del coordinatore infermieristico o infermiere esperto da lui individuato. Segue la programmazione della visita infermieristica di presa in carico attraverso contatto telefonico o posta elettronica con il Servizio Infermieristico Domiciliare o Casa Protetta e relativa valutazione sull’opportunità della presenza di un familiare o persona di riferimento. Segue l’effettuazione della visita infermieristica di presa in carico, per gli specifici ambiti di competenza infermieristica, secondo le indicazioni contenute nella check list di riferimento contenuta nella scheda raccolta dati.
Progetto Garsia
Il Progetto sopraindicato si inserisce a pieno titolo nella programmazione zonale assumendo come obiettivo principale quello di garantire una rete socio-assistenziale e comunicativa tesa a favorire il rientro a domicilio degli anziani dimessi dall’ospedale “proteggendone” le dimissioni nella prospettiva della continuità assistenziale e della prevenzione di una successiva ospedalizzazione.
Il Progetto prevede l’attivazione di un Servizio domiciliare socio-assistenziale temporaneo, orientato a facilitare le dimissioni protette dall’ospedale, sostenendo la famiglia nella gestione del reinserimento a domicilio degli anziani non autosufficienti. Tale Servizio consisterà in un “pacchetto” di prestazioni ed interventi di diversa natura, composti diversamente in base ai bisogni ed al contesto dell’anziano (in particolare: livello di non autosufficienza e “consistenza” della rete familiare e di vicinato). Il Servizio progettato, peraltro, non si limiterà a “prendere in carico” gli utenti che, nei limiti delle risorse disponibili, rientreranno nei criteri previsti dalla sperimentazione, ma offrirà anche un orientamento nella Rete dei Servizi cittadina ed un sostegno organizzativo a tutti gli utenti che, dopo un ricovero
Scheda del progetto NONOS
L’infermiere di comunità nell’ambito dell’Ass numero 5 “Bassa Friulana” è una realtà dal 2000. Il progetto consiste nell’attivazione di un servizio di assistenza infermieristica decentrato che può rispondere a uno o più comuni aventi circa 3.000-4.500 abitanti, attraverso la disponibilità di un infermiere dedicato che è fisicamente presente in quel territorio anche attraverso l’attivazione di un ambulatorio infermieristico. È un professionista che fa parte integrante della comunità, ne conosce i bisogni, le risorse e le potenzialità sommerse e collabora attivamente con tutti i professionisti che insistono sul territorio: medici, assistenti sociali, fisioterapisti. Garantisce, inoltre, una presenza continuativa nel proprio ambito di riferimento. Prima dell’avvio del progetto, nella Bassa Friulana l’organizzazione dell’assistenza infermieristica era garantita da due équipe, una per ogni distretto, con sede operativa nel distretto medesimo. Per erogare il servizio, l’infermiere doveva muoversi dalla sede centrale per recarsi a domicilio dei pazienti.
Con la nuova modalità assistenziale, l’Infermiere è costantemente presente nei Comuni a cui è assegnato per 6 ore al giorno per 6 giorni la settimana e opera sia in ambulatorio sia a domicilio. Le restanti 6 ore di copertura del servizio sono garantite dall’equipe infermieristica centrale di distretto. I destinatari del servizio sono prevalentemente gli anziani, gli oncologici, i malati cronici, ma oramai si può ritenere che il servizio sia estensibile a tutti i cittadini della comunità di tutte le età.
Tra l’altro, l’infermiere di comunità (Ic) svolge attività trasversali di promozione dell’integrazione con l’obiettivo di favorire proprio l’intreccio tra i vari operatori sanitari e sociali e le possibili risorse formali e informali presenti sul territorio, ovvero il vicinato, le associazioni di volontariato, la parrocchia, i gruppi amicali, utili a risolvere problematiche inerenti i bisogni di salute. Tutto ciò è svolto attraverso il lavoro di rete, una modalità operativa nella quale, a partire da un problema concreto come, a esempio, un paziente colpito da ictus che deve rientrare a domicilio, si definiscono le integrazioni necessarie per garantire la continuità dei percorsi, nonché le interrelazioni tra le funzioni dei servizi coinvolti a vantaggio di un miglior trattamento dei problemi di salute della persona o della comunità al fine di garantire una permanenza a domicilio del paziente e dei suoi familiari il più possibile serena e sicura. Per quanto concerne i dati di attività, ecco i risultati più significativi: un sensibile incremento dei volumi di attività in termini sia di numero di pazienti seguiti (+319%) sia di numero di accessi (+194%) nel 2009 rispetto al 2001; un minor numero di interventi medi per paziente (-30%); una capacità di prendersi cura del malato in tempi più brevi rispetto al passato a fronte di una maggiore complessità clinico-assistenziale; un aumento dell’efficienza attraverso la riduzione dei tempi di percorrenza nonché l’uso appropriato dell’ambulatorio infermieristico; un aumento significativo dell’attività educativa e di auto addestramento dei pazienti e dei familiari e dell’attività di rete nonché delle prestazioni assistenziali (prelievi ematici eccetera); una diminuzione significativa dei ricoveri che si traduce in un tasso di ospedalizzazione tra i più bassi in regione. Da segnalare, inoltre, l’importante risultato ottenuto dal servizio infermieristico domiciliare dell’Ass 5 che evidenzia, da almeno 7 anni, una ben più elevata copertura assistenziale dei residenti con età superiore ai 64 anni rispetto ai Servizi infermieristici domiciliari del Fvg: nel corso del 2009, infatti, tale copertura assistenziale per l’Ass 5 è stata pari al 14,4% verso la media regionale del 10,7%. Per quanto concerne la qualità percepita, gli esiti derivanti dalla somministrazione di un questionario successivamente all’attivazione di ogni nodo di Ic, evidenziano che, la quasi totalità del campione (93%), ritiene che la presenza dell’Ic risponda meglio ai propri bisogni assistenziali rispetto alla precedente modalità di prestare assistenza infermieristica a domicilio. Tra le motivazioni proposte, hanno trovato maggior riscontro il fatto di avere un minor disagio negli spostamenti e la possibilità di instaurare con l’Ic di quel territorio un rapporto di fiducia, una sorta di alleanza terapeutica. A oggi, sono attive 20 stazioni di Ic (pari a 28 Comuni coinvolti) a fronte delle 23 previste (per 31 Comuni afferenti all’Ass 5), con una copertura del 94% dell’intero territorio aziendale..
Progetto Leonardo
Il “progetto di telemedicina per le aree geograficamente decentrate” è stato attivato dall’Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari del Piemonte a partire dal 2008, su richiesta dell’Assessorato alla Sanità (DGR 13 –8624 del 21.04.2008) con l’obiettivo di definire un percorso per coniugare correttamente soluzioni tecnologiche innovative con bisogni di salute espressi ove le caratteristiche morfologiche territoriali costituiscono un limite oggettivo nell’accedere alla Rete dei Servizi Sanitari Regionali. Il progetto è in linea con quanto previsto dal Piano Socio Sanitario Regionale 2007-2010 della Regione Piemonte, che assegna ai sistemi di teleconsulto e telemedicina un ruolo di supporto alle strategie di monitoraggio delle condizioni di non autosufficienza e cronicità, in un’ottica di continuità delle cure. A tale fine si prevede che tali sistemi possano concorrere all’ottimizzazione delle risorse ed al miglioramento dell’appropriatezza, potenziando il sistema delle cure domiciliari, favorendo il mantenimento dei soggetti nel proprio contesto abitativo e sociale il più a lungo possibile e migliorando la cooperazione tra gli interventi di tipo sanitario e sociale.
Molte regioni italiane hanno orientato il modello assistenziale territoriale integrando l’ADI con i servizi telematici per garantire un livello assistenziale adeguato alle condizioni demografiche e territoriali.
La ricerca bibliografica effettuata ha evidenziato che :
I dati pubblicati sono pochi e frammentari, alcuni riportano risultati inerenti l’attività svolta dall’infermiere di Comunità, altri riportano risultati inerenti il grado di soddisfazione degli utenti assistiti a domicilio, altri riportano questionari per quantificare i carichi di lavoro; solo due riportano informazioni inerenti il profilo dell’infermiere di famiglia, il suo curricula e gli ambiti di cura.
I risultati della ricerca mostrano che in Italia c’è una differenza organizzativa soprattutto tra nord e sud con pochissime Regioni che hanno implementato un modello assistenziale alternativo alle ADI ma ancora lontani dal modello dell’Infermiere di Famiglia suggerito dalla Comunità Europea.
Per raggiungere questo obiettivo è’ necessario una modifica culturale e sociale bisogna investire molto sulla formazione del futuro professionista, bisogna modificare l’attuale sistema assistenziale con una definizione di nuove competenze che sappiano creare quella rete di servizi che sappia dare risposte concrete all’individuo e alla famiglia per garantire il diritto alla salute, equità e solidarietà.
Con l’attuazione di una buona rete assistenziale sul territorio e con la presenza costante dell’infermiere di famiglia si sottolinea che l’assistenza non è un prodotto erogabile, ma un bene comune da costruire insieme: paziente, familiari, cittadini, operatori sanitari, sociali, risorse formali e informali presenti nelle comunità. Le riflessioni, le intelligenze, le emozioni, i ragionamenti, le competenze che scaturiscono da tutti questi soggetti generano benessere quando al centro dell’agire quotidiano c’è la persona, i suoi desideri, le sue aspettative, i suoi valori. Affinché la persona mantenga questa centralità, l’Infermiere assieme a tutti gli altri professionisti, dovrà assicurare le prestazioni assistenziali classiche, ma dovrà essere sempre più capace di tessere relazioni tra il paziente, i professionisti che insistono sul territorio e la comunità, relazioni da cui nascono beni emotivi e affettivi, capaci di accogliere e cogliere l’essenza dell’uomo che corrisponde al vivere con scopo, e sostenere l’uomo nella sua essenza è la più potente di tutte le cure
Bibliografia:
- World Health Organization (WHO – OMS). Dichiarazione di Monaco. Nurses and Midwives: A force for Health. Copenhagen WHO/OMS.2000
- American Nurses Association. Nursing’s Social Policy Statement. Kansas City: ANA, 1995.
- Canadian Nurses Association. The Family Connection. Nursing Now, Issuses and Trends in Canadian Nursing: No 3. Ottawa, 1997.
- Documento europeo Salute per tutti dell’OMS Health21: the health for all policy for the WHO European Region. Copenaghen, Ufficio Regionale OMS per l’Europa, 1999
- Gruppo di Pianificazione europeo per la formazione dell’Infermiere di Famiglia. Fawcett-Henesy, A. The family health nurse in a new nurse on the horizon. Copenaghen, Ufficio Regionale OMS per l’Europa, 1999
- L’Infermiere di Famiglia.Contesto, struttura concettuale curriculum. Traduzione: M. Giustini, V. Romeo, J. Sansoni Professioni Infermieristiche 2002.55.2
- Mislej M., Paletti F., L’Infermiere di famiglia e di comunità e il diritto di vivere a casa anche quando sembra impossibile., Maggioli, Milano, 2008
- Pellizzari M., L’Infermiere di comunità dalla teoria alla prassi, McGraw Hill, Milano,2008
- Sasso L., Gamberoni L., Ferraresi A., Tibaldi L., l’infermiere di famiglia scenari assistenziali e orientamenti futuri, McGraw Hill, Milano, 2005
- Tartaglini D., L’infermiere e la comunità teorie e modelli organizzativi per il lavoro sul territorio, Carrocci Faber, Roma, 2006
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