Una delle tante strazianti storie che arrivano da Amatrice. Carlo Grossi, infermiere del 118 impegnato nei soccorsi presso le zone terremotate, ha estratto dalle macerie i suoi due figli di 21 e 23 anni. Ma per loro non c’era più niente da fare.
Conosci la paura di chi si addormenta? E’ terrorizzato fino alla cima dei capelli, perché la terra gli frana sotto i piedi, e il sogno comincia…
(Friedrich Nietzsche)
Un incubo. Atroce. Che continua ad affondare dolore e disperazione nel cuore martoriato del centro Italia. Come una lama vecchia, arrugginita, sporca e poco affilata, che infierisce senza pietà sui resti di quei paesi che erano pieni di vita fino a qualche giorno fa, ma che ora non esistono più.
Che penetra nelle anime di chi è ancora vivo, di chi spera ancora in qualche miracolo e in quelle dei soccorritori; angeli impegnati fino allo stremo nel tentativo di farsi largo, anche a mani nude, tra le macerie. E che purtroppo uccide, lentamente, anche la speranza.
Sono molte le storie che si stanno facendo largo, in queste ore dolenti, sui media. Alcune sono belle e commoventi. Altre brutte e strazianti. Storie che, nel bene e nel male, ci immergono totalmente nella triste realtà e nella gravità di ciò che è successo.
Storie che ci sbattono in faccia, senza pietà, l’impotenza di noi esseri umani di fronte alle catastrofi naturali di tale portata.
Storie che vanno comunque raccontate. Per dovere di cronaca e, soprattutto, perché… ci fanno veramente rendere conto di cosa sia il terremoto.
Tragedie. Che ti uccidono dentro. Come quella capitata al collega Carlo Grossi, infermiere dell’Ares 118, in servizio all’ospedale Grifoni di Amatrice dal 1981 ed impegnato nei soccorsi. Dopo le forti scosse si è recato subito presso la casa dove vivevano i suoi figli, ad Amatrice, al civico 56 di via Madonna della Porta. Ma non appena giunto sul posto, si è reso conto che ormai nulla era più in piedi. Tutto era distrutto. Un cumulo di rovine.
Queste le sue parole, rilasciate all’Ansa: “Laga – il suo cane – abbaiava e scavava, poi ha iniziato a piangere”…”Ho tirato fuori dalle macerie prima la mia ex moglie, ferita ma viva, poi, un po’ alla volta, scavando con le mani e con l’aiuto del mio cane ho travato mia figlia Anna, 21 anni, e mio figlio Franco, 23 anni, ma per loro non c’era più nulla da fare”…”Il primo corpo che ho trovato dopo aver soccorso mia moglie, è stato quello di mia figlia Anna, ho visto la sua treccia. Poi abbiamo continuato e ho scorto una gamba, quella di Franco. Era nella posizione come dormiva abitualmente, pancia in giù, con le braccia aperte, aggrappato al materasso. Anna e Franco non si sono accorti di nulla, il terremoto me li ha portati via nel sonno e non ho potuto fare nulla per loro”.
Impotenza. Frustrazione. A Carlo è capitato, purtroppo, ciò che a nessun genitore e a nessun soccorritore dovrebbe mai capitare: giungere in aiuto dei propri figli e… trovarli senza vita.
Ne ha viste proprio tante, durante la sua lunga carriera di infermiere del 118, Carlo. Sempre in prima linea. Sempre al servizio degli altri. Ciò che gli è successo lo ha messo in ginocchio, sì… ma nonostante il grande dolore, l’infermiere si è prontamente rialzato. A denti stretti. Già, perché Carlo è un soccorritore. Ed in questo momento ci sono tanti altri figli, padri e madri che hanno bisogno di lui. Così, con la morte e la distruzione nel cuore, ha continuato e continua ad aiutare tutti, in quel paese letteralmente raso al suolo. Senza sosta. Per le lacrime, c’è sempre tempo.
“Mi sono fatto quattro terremoti, ma non ho mai pensavo che prima o poi una tragedia così grande potesse toccarmi in modo così forte”.
Condoglianze, caro Carlo. Infermiere soccorritore.
E… Grazie.
Fonti: ANSA, Il Mattino
Immagine: Facebook
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