“Sono solo un infermiera”, una frase che ognuno di noi avrà sentito pronunciare almeno una volta nella vita.
Quanti colleghi avranno utilizzato queste parole per giustificarsi davanti ad un paziente in una situazione che avrebbero potuto gestire tranquillamente ma che, a causa delle abitudini di reparto o della normativa obsoleta e lacunosa, lascia loro impotenti.
Quanti professionisti avranno utilizzato questa famigerata frase per deresponsabilizzarsi pur sapendo di essere in grado di intervenire o percependo di essere quasi in dovere di dare una risposta diversa?
Di seguito una testimonianza tratta dal web rilasciata da una collega australiana:
“Sono solo un’infermiera”. Ho appena terminato un indaffarato turno di notte, indosso ancora la mia “uniforme d’ordinanza”. Sulla via di casa mi sono fermata al negozio di alimentari per comprare il latte incrociando una conoscente.
Non mi aveva mai vista in divisa e, quando mi riconobbe affermò di non essersi mai resa conto che io fossi solo un infermiera. Fantastico! In 18 lunghi anni di carriera avrò sentito questa frase migliaia di volte, ma oggi, mi ha colpito particolarmente. Sono davvero solo un’infermiera?
Ho aiutato neonati a venire al mondo, molti dei quali hanno avuto bisogno della mia professionalità per esalare il primo respiro, eppure sono solo un’infermiera.
Ho tenuto per mano garantendo la dignità di pazienti sul loro letto di morte, finché non hanno esalato il loro ultimo respiro, eppure sono solo un’infermiera.
Ho consolato genitori in lutto dopo la morte del loro bambino, ma sono sempre solo un infermiera. Ho rianimato pazienti riportandoli in vita eppure sono solo un’infermiera.
Rappresenti gli occhi, le orecchie e le mani del medico e ho le capacità di valutare, trattare e gestire le vostre malattie, epure sono solo un’infermiera.
Posso auscultare ogni campo polmonare in un neonato e valutarne i rumori rumori respiratori, epure sono solo un’infermiera.
Posso insegnare ed educare pazienti, caregivers e tirocinanti, ma sono solo un’infermiera. Sono l’avvocato dei miei pazienti in un sistema sanitario che non sempre tutela in primis i loro interessi, epure sono solo un’infermiera.
Sarò via da casa durante la vigilia di Natale, durante il compleanno dei miei figli e perderò le loro recite scolastiche per lavorare e prendermi cura dei vostri cari, epure sono solo un’infermiera.
Sono in grado di prelevare sangue, intubare e suturare una ferita, ma sono solo un’infermiera. Posso rianimare un neonato in arresto cardiaco, un bambino o un adulto, ma sono solo un’infermiera.
Posso insegnarti come calcolare il dosaggio in base al peso di adrenaline o amiodarone che possono riportare in vita tuo figlio, ma sono solo un’infermiera.
Ho l’esperienza e la conoscenza di chi ha salvato molte vita umane.
Pertanto, se sono solo un’infermiera, allora sono ridicolmente orgogliosa di esserlo.
La lettera, diventata ormai virale sul web, potrebbe risultare idonea ad offrire ottimi spunti di riflessione per pazienti, medici, professionisti sanitari ed infermieri stessi anche se parrebbe elencare molti ideali stereotipati dai quali alcuni infermieri vorrebbero fuggire al più presto.
Siamo sicuri di essere “Solo degli Infermieri”?
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