L’epitelio intestinale riveste un ruolo significativo nel buon funzionamento del nostro organismo. Una sua alterata permeabilità è correlata alla possibilità do sviluppare una epatopatia, e nella fattispecie una steatopatia non alcolica
Un team di ricerca della Emory University (Atlanta, Georgia), coordinato dal professor Khalidur Rahman ha pubblicato uno studio ottobre sulla rivista Gatroenterology (rivista della American Gastroenterology Association).
Ci si è avvalsi , in un primo momento, di topi con un’interruzione del gene F11r, che codifica per una molecola giunzionale di adesione (JAM-A), e che per questo hanno difetti di permeabilità epiteliale intestinale. In un secondo momento i topi mancanti di gene F11r e i topi di controllo sono stati alimentati con una dieta ad alto contenuto di grassi saturi, fruttosio e colesterolo, per otto settimane.
I topi privi del gene F11r, hanno sviluppato le caratteristiche istologiche e patologiche di grave steatoepatite, con steatosi, infiammazione lobulare e fibrosi, mentre i topi di controllo alimentati con la stessa dieta hanno manifestato un grado modesto di steatosi. È interessante notare che non vi erano differenze nel peso corporeo o di rapporto tra peso del fegato.
D’altro canto in questi topi, danni al fegato sono stati associati ad un significativo aumento di infiammazione della mucosa intestinale, interruzione delle giunzioni strette, rispetto ai topi di controllo o privi di F11r nutriti con una dieta normale.
Lo studio, alla luce di queste evidenze, è stato esteso all’uomo. Con l’analisi dei campioni bioptici di mucosa intestinale in 30 pazienti con steatosi epatica non alcolica e 19 soggetti sani sottoposti a colonscopia di sorveglianza. Gli autori hanno riscontrato livelli significativamente più bassi di proteina JAM-A (Junctional Adhesion Molecole di tipo A) e del rispettivo gene di trascrizione, nella mucosa intestinale di pazienti, con steatoepatite non alcolica.
A conclusione dello studio, gli autori sostengono che la diminuita espressione di JAM-A sia correlata con una maggiore infiammazione della mucosa, contribuendo alla patogenesi della steatopetite negli esseri umani. L’epitelio intestinale fornisce una barriera per impedire alla microflora e a prodotti microbici, di entrare nella circolazione sistemica. Giunzioni strette, giunzioni aderenti, e desmosomi collegano le cellule epiteliali per formare questa barriera epiteliale selettivamente permeabile.
Alla luce di tali risultati, il recupero dell’integrità della barriera intestinale e la manipolazione della flora intestinale, potrebbero essere sviluppate come strategie terapeutiche, nei pazienti con steatoepatite.
D’altronde la Junctional Adhesion Molecole di tipo A svolge infatti un importante ruolo di ‘giunzione’, contribuendo a mantenere unite le cellule che compongono la barriera intestinale e una sua alterazione. Ed infatti la mancanza di un’adeguata giunzione fra le cellule epiteliali permette il passaggio di sostanze tossiche e batteriche nella mucosa intestinale, incrementando così il processo infiammatorio, non solo intestinale, ma anche epatico.
CALABRESE Michele
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