Dopo denunce, polemiche, avvertimenti, richiami e provvedimenti disciplinari… gli ospedali, le Asl e le associazioni di categoria ora sono passate alle denunce penali per chi utilizza i social network nei luoghi di cura e scatta foto.
L’utilizzo di internet e dei social network è ormai così radicato nella nostra società che quasi non ci facciamo più caso. È pura e semplice routine. È una sorta di compulsiva normalità: postiamo qui, commentiamo là, condividiamo dei contenuti di frequente e distribuiamo indiscriminatamente tanti ‘mi piace’, spesso senza neanche leggere visionare a fondo cos’è che ‘ci piace’.
In rete, infatti, chissà perché, ci si sente a prescindere protetti, intoccabili, quasi anonimi; e, forti di queste pseudo certezze, pensiamo di poter fare il bello e il cattivo tempo, senza alcuna conseguenza. Senza essere mai realmente individuati e poi perseguiti.
Ci scagliamo a favore e contro tutto e tutti, in continuazione, anche con estrema e imbarazzante superficialità. E lo facciamo ovunque: sul tram, in metropolitana, durante un concerto, a scuola, in auto mentre siamo alla guida (purtroppo), quando siamo sul posto di lavoro e… anche quando ci troviamo nei luoghi di cura.
Tra i pazienti, oggi, ci si sente spesso in diritto di fotografare, registrare, filmare e poi condividere tutto i web così da ottenere, forse, un’assistenza migliore; o, più probabilmente, per sperare in un qualche spiraglio di malasanità grazie a cui ottenere un rimborso economico.
Tra i professionisti e gli operatori sanitari, d’altra parte, a volte c’è come un irrefrenabile bisogno di immortalare alcuni attimi vissuti insieme ai colleghi o, peggio, insieme ai pazienti. Troppo spesso senza prestare particolare attenzione a concetti come ‘privacy’ o ‘decoro’ per il proprio ruolo.
Ebbene… la direzione generale della Città della Salute di Torino ha detto basta. E lo ha fatto dichiarando guerra sia al popolo della rete che ha il vizio i diffamare unità di degenza e professionisti sanitari, sia agli operatori e ai dipendenti pubblici che usano impropriamente i social e ledono in qualche modo la propria professione o l’immagine dell’ente rappresentato. In una circolare diramata settembre 2016, si legge che la direzione “raccomanda l’astenersi da qualsiasi pubblicazione sui social di immagini e/o contenuti riconducibili all’ambiente di lavoro”, con riferimento specifico a “situazioni conviviali” e “atteggiamenti non consoni”, anche se questi si verificano “in momenti di pausa”.
Dal primo provvedimento disciplinare “esemplare” verificatosi otto anni fa (vennero sospese dal servizio tre infermiere delle Molinette che avevano pubblicato la foto di un uomo ubriaco ricoverato in pronto soccorso),nel tempo si sono infatti susseguiti diversi richiami, fino alle ultime tre denunce presentate negli ultimi mesi: due del Collegio Ipasvi di Torino nei confronti di alcuni suoi iscritti e una da parte dell’Asl To3 contro un paziente.
E “ce ne saranno altre. Ci siamo già attivati con il nostro avvocato per denunciare tutti gli infermieri che hanno messo ‘Mi piace’ e commentato il post del paziente deluso, ledendo la categoria. È arrivata l’ora di dire basta”. Così ha dichiarato Barbara Chiapusso, vicepresidente del Collegio degli infermieri piemontese. Che ha poi concluso: “È di pochi giorni fa un convegno indirizzato agli infermieri sull’uso appropriato dei social. L’obiettivo era sfatare il mito che il web è un luogo senza regole dove ogni utente può dire e fare ciò che vuole. Se è vero che abbiamo già provveduto a segnalare condotte di rilevanza penale alla procura della Repubblica a carico di infermieri che hanno esposto commenti diffamatori contro la categoria professionale, certo è che ora interverremo con la stessa forza anche contro gli utenti che ledono la nostra immagine con parole pesanti e inaccettabili”.
Fonte notizia: La Stampa
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