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In Toscana i migranti diventano contadini, meccanici, attori e… INFERMIERI?

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Secondo un noto quotidiano che si occupa di informazione, documentazione e formazione sui temi sociali, i migranti impegnati “in attività di pubblica assistenza” sarebbero infermieri

È arrivato un altro bel titolone di giornale, colleghi. Di quelli che confondono i cittadini e che fanno passare la voglia di studiare agli studenti che sperano di diventare infermieri. Ve lo scrivo stancamente, con la soffocata frustrazione di chi si sente quasi del tutto impotente e rassegnato di fronte all’utilizzo, oramai quotidiano, della denominazione “infermiere” in modo decisamente improprio.

Non si contano più, infatti, le volte che i media hanno descritto come “infermieri” altre figure ben lontane dall’esserlo; e non c’è settimana senza che esca fuori qualche altro motivo per sbattere il nome degli infermieri su qualche titolone di giornale o nei TG.

Il caso dell’assistente sanitaria (NON è una infermiera!) indagata per non aver somministrato i vaccini (VEDI) è solo uno degli ultimi di una lunga serie: ricordiamo ad esempio il presunto affiliato alla ‘Ndrangheta descritto come infermiere (VEDI), che però non risulta iscritto ad alcun Collegio Ipasvi; o il caso dell’operatrice socio sanitaria che recise per errore il dito di una bimba (VEDI), mentre sui giornali veniva riportato a caratteri cubitali: “Infermiera taglia per sbaglio un dito a una neonata”.

Stavolta la notizia dal titolo accattivante è stata data da Redattore Sociale: “I profughi? Contadini, meccanici, attori, infermieri. Così la Toscana valorizza i migranti” (VEDI).

Nel pezzo viene descritta, in realtà, una iniziativa assai lodevole della Regione Toscana: il futuro lancio di un software con il curriculum e le competenze dei migranti, per favorire la loro integrazione e la ricerca di lavoro. Se ne è discusso sabato scorso presso Palazzo Strozzi Sacrati, ad un incontro a cui hanno partecipato quasi 300 operatori del settore tra associazioni, assessori e funzionari delle prefetture.

“Un’intera giornata per fare il punto su tutte le buone pratiche di accoglienza e integrazione esistenti in Toscana e realizzare un database ufficiale, per poi ricavarne un decalogo con le soluzioni migliori che sarà consegnato al Governo affinché la Toscana possa diventare un modello in tutta Italia.”

Perfetto. Meraviglioso. E incredibilmente utile, forse, visto l’inarrestabile intensificarsi del flusso migratorio che riempie le nostre coste e le strade delle nostre regioni; anche se va detto che da queste parti, di lavoro, al di là delle sorridenti promesse e dei numeri vuoti dei nostri cari governanti, non ce n’è poi ancora molto.

Comunque… che diavolo c’entrano con tutto questo gli infermieri? La Regione Toscana ha per caso intenzione di regalare un corso di laurea ai profughi che arrivano fin quaggiù dalla guerra, dalla fame e dalla disperazione? Certo che no… tanto per cambiare, c’è stato un utilizzo improprio, ridicolo e indignante della denominazione “infermiere”, ancora una volta buttata in mezzo a mestieri, artigianato e altre attività lontane anni luce da una professione come è (e dovrebbe essere) quella infermieristica.

La testata giustifica così il suo roboante titolo:

“Tantissime le esperienze virtuose emerse sul territorio regionale. Si parte da Firenze, dove i migranti imparano la lingua visitando i monumenti, poi a Siena dove apprendono l’italiano coltivando l’orto, a Montemurlo sono invece i laboratori teatrale a creare formazione. Nel Valdarno c’è il corso professionalizzante ‘Operatori di bosco’ che impegna i richiedenti asilo nella cura degli alberi, mentre a Calenzano i profughi sono impegnati nella potatura degli ulivi. A Pistoia ci sono i laboratori di maglieria, mentre a Scandicci i migranti sono impegnati in attività di pubblica assistenza. E ancora, i laboratori di giornalismo nel Mugello, l’artigianato nel Parco delle stelle a San Marcello Pistoiese, la riparazione delle biciclette a Livorno.”

Le persone impegnate in “attività di pubblica assistenza” sarebbero quindi infermieri? Chiaramente no, eppure… ciò è bastato per gettare il nome della nostra categoria di professionisti, di nuovo, su un titolone disinformante.

Sembra ieri… eppure è passato più di un anno da quando la Dott.ssa Mangiacavalli (presidente FNC Ipasvi)scrisse una polemica lettera all’indirizzo del Ministro della Salute Lorenzin e del Presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini (VEDI); l’obiettivo era quello di richiedere un intervento deciso per impedire che notizie non corrette sulla professione infermieristica e attribuzioni inesatte agli infermieri potessero minare alla base la professione e soprattutto la credibilità e l’identità che questa ha nei confronti dei cittadini.

Lettera che, purtroppo, non ha sortito alcun effetto.

Alessio Biondino

Fonte notizia: Redattore Sociale

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