La direzione della Asl non ha giustificato in alcun modo il comportamento dei parenti del paziente albanese deceduto
Dopo il decesso del paziente, avvenuto ieri nel reparto di Cardiochirurgia, i sanitari hanno ricevuto minacce di morte ed accuse di razzismo.
Il bilancio finale della giornata è di un’operatrice socio-sanitaria e un’ausiliaria di Sanitaservice malmenate, dileggiate e finite in pronto soccorso.
Sono state dimesse, dopo gli accertamenti di rito, con una prognosi di sette giorni.
In merito agli episodi di intolleranza e di tensione che si sono verificati la ASL stigmatizza il comportamento violento, minaccioso e aggressivo di alcuni parenti, pur comprendendone il dolore.
Avrebbe dovuto essere sottoposto ad un intervento cardiochirurgico in giornata.
All’arrivo dei parenti, l’uomo di mezza età, giaceva in un letto di ospedale privo di vita.
Pochi istanti dopo iniziarono le urla del folto gruppo di famigliari: «Non l’avete curato perché è albanese, se fosse stato italiano non sarebbe morto».
Da questo presupposto si passa alle minacce: «Oggi non tornate a casa», «Dovete morire come è morto mio padre», e via su questa scia.
«L’episodio accaduto ieri nel reparto di Cardiochirurgia – scrivono dalla Asl – non è ammissibile. Minacce e aggressività, in qualsiasi forma si manifestino, non sono in alcun modo giustificabili. ASL Lecce, pur comprendendo il dolore dei parenti per la morte di un congiunto, ha il dovere di tutelare l’incolumità del proprio personale durante lo svolgimento dell’impegnativo lavoro quotidiano.
In particolare, riguardo le accuse di “razzismo” lanciate da uno dei parenti del paziente deceduto, di origini albanesi, va apprezzato che siano state subito ritrattate dagli altri congiunti.
Si è trattato di parole pronunciate, come appare evidente, in un momento di profondo sconforto e di forte collera: sentimenti umanamente comprensibili ma – si ribadisce – non giustificabili.
Il personale ASL, sanitario e non, deve poter operare in maniera tranquilla e serena, perché così richiede la delicatezza e l’importanza del compito, senza temere conseguenze che debordino ben oltre il limite della civile convivenza.
Di fronte alla morte di un paziente, l’azienda sanitaria ritiene doveroso fornire rassicurazioni sulla correttezza delle procedure mediche eseguite rispetto al quadro clinico del paziente, ribadendo in ogni caso il rammarico per non aver potuto evitarne il decesso.
Tutto ciò per sgombrare il campo, in maniera inequivocabile, da qualsiasi dubbio: nel rispetto dei parenti e a tutela del personale. Nel rispetto e a tutela, anche, dell’onorabilità dell’Asl, dell’Ospedale “Vito Fazzi” e del reparto di Cardiochirurgia, luoghi in cui istituzionalmente e per scelta professionale si lotta per la cura e la vita dei pazienti. Senza distinzioni di sorta».
Simone Gussoni
Fonte: salutesalento.it
Lascia un commento