Mi sono casualmente imbattuto nell’elaborato di un collega infermiere che si presenta solamente attraverso lo pseudonimo Galtjust
Dichiara di essere un cantautore minore, un chitarrista mediocre, uno scrittore a tempo perso che segue maniacalmente, nonostante la nausea, quella robaccia lì “ributtante come la lebbra e il tifo” che in Italia ci ostiniamo a chiamare politica.
Questa è la sua vita reale. In quella di copertura è un infermiere in terapia intensiva cardiovascolare.
Di seguito riportiamo la sua opera:
Inesistenza infermieristica
Sono passati ventitré anni dalla legge che ha istituito l’attuale profilo dell’infermiere. Sono passati diciotto anni dalla legge che ha abrogato il mansionario infermieristico.
Sono passati diciassette anni dalla legge che ha istituito il corso di laurea in infermieristica.
Da allora aspettiamo che si attivino i corsi di laurea specialistica che avrebbero dovuto permettere di specializzarci in area critica, area materno infantile, area geriatrica eccetera. Niente.
Sono passati undici anni dalla legge che ha istituito l’ordine degli infermieri, e in questi giorni si sta mettendo in scena il terzo tentativo di far passare in parlamento UN’ALTRA legge che lo istituisce, dato che per la legge di undici anni fa sono venuti a mancare i decreti attuativi, e quindi non se ne è fatto niente.
Sono passati venticinque anni dall’ultimo adeguamento delle indennità di lavoro durante giorni festivi (oggi lavorare a Natale vale 17.51 Euro. Lordi. Per l’intera giornata), di turno, di lavoro in terapia intensiva (vale 4.13 Euro al giorno. Lordi) eccetera.
Sono passati dieci anni dall’ultimo rinnovo del contratto.
Sono passati sedici anni dall’accordo conferenza stato-regioni che ha istituito la figura dell’OSS (che avrebbe dovuto sostituire nei reparti la figura dell’infermiere generico, occupandosi di quelle attività a bassa complessità, standardizzabili, che devono essere eseguite dal personale di supporto dietro disposizione e sotto la responsabilità del responsabile dell’assistenza generale – cioè l’infermiere).
Sono passati tre anni da quel comma 566 che istituiva le competenze avanzate infermieristiche, ma anche quelle sono rimaste sulla carta, e in ogni caso sarebbero state isorisorse (cioè: voi frequentate master a pagamento, acquisiste abilità e competenze, vi assumete tutta la responsabilità civile e penale di quel che fate esercitando queste vostre competenze avanzate, MA NON PRENDETE UN CENTESIMO IN PIU’, fate gli specialisti gratis), quindi dico una parolaccia a caso, ma non la scrivo.
Nella realtà quello infermieristico è un universo cristallizzato nel momento del cambiamento. Una fase evolutiva interminabile, durante la quale abbiamo visto aumentare le responsabilità (via il mansionario, siamo professionisti e agiamo in autonomia, quindi rispondiamo direttamente del nostro operato) e diminuire il numero di infermieri nei reparti, aumentare il carico di lavoro non improprio, cioè di vera assistenza infermieristica, aumentare gli adempimenti burocratici, aumentare la quantità di lavoro non infermieristico (attività alberghiere e di assistenza di base) impropriamente caricato sulle spalle degli infermieri. Da una parte c’è un magistrato che non può che rifarsi alla legge, e dall’altra c’è la realtà degli ospedali, dei reparti e delle case di cura, nei quali la legge non viene MAI osservata.
Da una parte, in forza di quel che sulla carta è stato disposto, il professionista infermiere viene condannato insieme al medico che ha sbagliato la prescrizione, perché l’infermiere DEVE riconoscere una prescrizione sbagliata e DEVE impedire il danno alla persona; dall’altra, l’infermiere che lavora in una casa di cura, se non vuole perdere il lavoro, DEVE assumersi la responsabilità della somministrazione di terapie fatte assumere dal personale di supporto quando nella struttura NON è presente un infermiere (l’infermiere è il parafulmine, praticamente).
Da una parte il professionista condannato per omicidio colposo, dall’altra l’operaio dell’assistenza che nel momento in cui il paziente si è buttato giù dal letto era impegnato a cambiare un pannolone.
Dice: “signor giudice, io ero impegnato a cambiare il pannolone alla signora Maria, otto stanze più in là”.
E il magistrato sospira, allarga le braccia e dice: “cambiar pannoloni non è lavoro da infermiere. Garantire l’incolumità del malato, invece, sì: colpevole“, e amen.
Da una parte il salario di un metalmeccanico che non lavora sui turni, dall’altra la vita che gira attorno ai turni in ospedale, la responsabilità professionale, il rischio biologico e infettivo, le aggressioni, lo stress, gli esseri umani che muoiono nonostante il tuo lavoro e il tuo impegno, l’assicurazione professionale, l’aggiornamento continuo a pagamento, l’iscrizione al collegio/ordine (non me ne frega una cippa, è una questione di lana caprina che non avrà alcun impatto sulla nostra realtà lavorativa), l’impossibilità di poter fare carriera, l’impossibilità di scioperare perché si deve garantire il servizio ai concittadini.
Oltre 400.000 infermieri fanno funzionare la sanità, in questo paese, ma sembra che questo non importi a nessuno. Siamo invisibili. Inesistenti.
Le parole del blogger risulteranno tristemente vere per molti professionisti. Qualcosa deve inevitabilmente cambiare, se vogliamo che questa professione sopravviva.
Simone Gussoni
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