Su gentile concessione di Anna Lisa Mincone vi proponiamo questo suo pensiero che richiama i valori che esprime la nostra professione
Quando un paziente muore
Essere infermiere significa abbracciare una nobile professione da difendere e valorizzare
Ti insegnano ad essere empatici e allo stesso tempo distaccati.
Ma è impossibile reprimere emozioni che si scatenano in un turno, soprattutto in una R.S.A.
E quando un paziente muore, inevitabilmente provi tristezza e dolore, una sensazione di perdita che ti accompagna anche fuori dalla corsia.
Affrontare un’urgenza in pieno turno notte significa avere la lucidità di prendere le decisioni importanti cercando di fare del tuo meglio, senza trascurare gli altri pazienti con i loro bisogni.
Devi continuare a svolgere il tuo lavoro, come se non avessi affrontato l’urgenza e affidato il tuo paziente ai colleghi del 118.
Devi sforzarti di stare bene, anche se non lo sei affatto.
Come se non avessi diritto di manifestare alcuna emozione.
A fine turno inevitabilmente senti tutto il peso addosso, sentimenti contrastanti di stanchezza, impotenza, angoscia.
Torni a casa sfinita, ripassando con la mente tutto quello che hai fatto e se quello che hai fatto è stato abbastanza.
Ti svegli con il pensiero di quel paziente che hai lasciato in condizioni critiche, per scoprire che è morto in ospedale.
E ti chiedi come è possibile, ci hai scherzato, parlato, sorriso fino al giorno prima, e in un attimo tutto cambia.
Ti senti impotente, afflitta, devastata, sentimenti troppo forti da sopportare.
La nostra professione comprende anche questo: vittorie e sconfitte, sorrisi e lacrime.
Sono cose che devi mettere in conto, senza pentirsi mai di aver scelto di essere infermiere.
Ti insegnano ad essere controllati e distaccati, ma come puoi tornare a casa e non pensare ai tuoi pazienti?
Significa amare la propria professione,
prima di tutto,
nonostante tutto.
Anna Lisa Mincone
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