Continua, inevitabilmente, la polemica sulla denominazione “infermiere” e su quanto sia facile, per i media, utilizzarla erroneamente.
Stavolta la castroneria (l’ennesima, VEDI) è stata pubblicata da La Voce di Manduria, che ha ben pensato di sparare questo bel titolone: Da estetista a ‘quasi infermiera’ (corretto in giornata con ‘’Da estetista a operatrice della sanità’) riferendosi (come si vede chiaramente nell’immagine dell’articolo) a Sabrina Misseri, condannata per l’omicidio della piccola Sara Scazzi e che sta scontando la sua pena presso il carcere di Taranto.
Peccato che la Misseri con gli infermieri non c’entri proprio niente: come si legge nel pezzo, le cui informazioni sono state pubblicate anche su Il Quotidiano di Puglia, “la ventinovenne di Avetrana che per la giustizia italiana è un’assassina, è a tutti gli effetti una professionista della salute avendo acquisito il diploma di Oss, Operatore socio sanitario”.
Una OSS, quindi. Ed è perciò inevitabile che quel ‘quasi infermiera’ ci abbia turbato. Perché, se ha conseguito un corso da OSS, il nome “infermiera” è stato associato alla “ventinovenne di Avetrana che per la giustizia italiana è un’assassina”? Per comodità? Perché il titolo così è più bello? Perché l’OSS non lo conosce nessuno, mentre gli infermieri li conoscono tutti?
Anche se involontariamente (si spera), purtroppo questi ‘errori’ gettano continue secchiate di sterco sul nome di una professione già di per sé difficile da elevare; e confondono ancora di più i cittadini circa la nostra figura.
Perché gli OSS non sono affatto ‘piccoli infermieri’ o ‘quasi infermieri’. C’entrano assai poco con la professione infermieristica. Non hanno una preparazione universitaria. Non hanno un Albo. Non hanno un Ordine. E è sbagliato disinformare la gente chiamandoli infermieri o ‘quasi infermieri’, visto anche che molti di questi operatori si presentano spesso dai pazienti millantando chissà quali competenze o abilitazioni (VEDI).
Dopo aver letto l’articolo, una nostra collega piuttosto agguerrita ha inviato un’email di protesta al giornale per chiedere la rettifica di alcune informazioni e è stata letteralmente aggredita dall’autore del pezzo che ha parlato di “stupide polemiche da campanile”, esortandola a non soffermarsi solo sul titolo.
Il problema è che questo giornalista… E’ anche un infermiere. Già, avete capito bene: trattasi di un collega. Nostra vecchia conoscenza, tra l’altro, visto che lo abbiamo intervistato diverso tempo fa (VEDI) dopo un presunto tentativo di ‘bavaglio’ di cui fu protagonista.
E un altro problema sta nel fatto che le inesattezze non erano contenute solo nel titolo… Eh sì, perché nel pezzo sono presenti anche altre discutibilissime teorie: “Recentemente le mansioni riconosciute all’operatore socio sanitario (che prende il posto della vecchia figura dell’infermiere generico), sono quelle di supporto medico-infermieristico con ampi spazi di autonomia nell’assistenza diretta al paziente, dal rilievo dei parametri vitali e l’igiene, sino alla somministrazione di terapia intramuscolare e sottocutanea.”
Ampi spazi di autonomia? Terapia intramuscolare e sottocutanea? Ma stiamo scherzando? Queste informazioni, errate e pericolose per i cittadini, sono probabilmente figlie di alcune fantasiose interpretazioni del Ddl Lorenzin che si affacciano qua e là per il web; ma che, leggi in vigore alla mano, sono assai lontane dalla realtà.
Perché col succitato provvedimento non è cambiato praticamente nulla per ciò che concerne competenze e responsabilità degli operatori socio sanitari; ci sono delle novità, certo, ma che sono solo a livello contrattuale: gli OSS sono stati finalmente inquadrati nell’area socio sanitaria, un passaggio che era nell’aria da tempo e che li vede oggi come facenti parte di una professione “socio sanitaria” (ovvero ausiliaria) e non di una “professione sanitaria”.
In quale parte del suddetto contratto l’autore del pezzo ha perciò dedotto che questo nuovo inquadramento autorizzi gli OSS a somministrare terapia (intramuscolare e sottocutanea!) e ad avere addirittura “ampi spazi di autonomia”? Mistero.
Concludendo… Sarà che, come mi raccontava una collega non molto tempo fa, “siamo lo stipendio che percepiamo” (VEDI). Saranno gli antichi stereotipi del passato, che ci legano saldamente a una figura molto più sguattera che professionale (VEDI).
Sarà l’ignoranza dei politici (VEDI) e dei dirigenti, felicemente incarcerati (spesso non per preparazione o per meriti) nelle loro succulente poltrone, che proprio non ne vogliono sapere di riconoscere un’evoluzione iniziata molti anni fa e sancita per legge.
Fatto sta che la nostra figura professionale, quella infermieristica, in molte (troppe) realtà sembra assai lontana dal rappresentare una professione vera e dall’essere concepita come tale. Figuriamoci una “professione intellettuale” (VEDI)…
Certo, se poi anche noi infermieri ci svegliamo la mattina e ci mettiamo a disinformare chiunque ci capiti a tiro, impantanando nel guano il nome che dovremmo provare a elevare e confondendo la gente sul ruolo delle diverse figure sanitarie… Come si fa a non vedere questa benedetta strada sempre più in salita?
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