Due studi clinici condotti sull’ipotermia terapeutica in seguito ad arresto cardiaco in età pediatrica (Thapca-Ih e Thapca-Oh), hanno evidenziato come già un anno dopo dell’evento siano comuni dei deficit neuropsicologici nei bambini coinvolti; e questo anche nei soggetti che avevano dimostrato outcome positivi.
Il team guidato da Beth Slomine, ricercatrice del Kennedy Krieger Institute e della Johns Hopkins University di Baltimora, ha analizzato i dati relativi alle condizioni neuropsicologiche di 160 infanti vittime di arresto cardiaco, dopo 12 mesi dall’episodio.
I vari esiti riscontrati, sono stati classificati come favorevoli o sfavorevoli in base a una misura standardizzata basata sul rapporto del caregiver: la Vabs-II, ovvero la Vineland Adaptive Behavior Scale, Second Edition.
114 ragazzini sopravvissuti su 160 (il 71,2%) hanno ottenuto un esito favorevole, ovvero con punteggio Vabs-II entro due deviazioni standard al di sotto della media dello standard corretto per età (cioè 70 o superiore).
Il punteggio medio delle Msel (Mullen Scales of Early Learning) nei piccoli con meno di sei anni è stato decisamente inferiore rispetto al gruppo di riferimento.
Tra quelli di sei o più anni, i punteggi della Wasi (Wechsler Abbreviated Scale of Intelligence) e quelli di diversi altri test neuropsicologici sono stati significativamente più bassi rispetto a quelli del gruppo di riferimento.
La percentuale di menomazione nei soggetti colpiti oscillava tra il 7 e il 61% e le sfere più colpite erano la funzione esecutiva e la memoria visiva.
Circa la metà del gruppo outcome favorevole secondo la Vabs-II (il 45,9%, cioè 51 su 111) aveva un funzionamento cognitivo medio, rispetto al 4,3% del gruppo outcome sfavorevole. I bambini con punteggi Vabs-II più sfavorevoli (cioè 70-85) tendevano ad avere punteggi neuropsicologici più bassi rispetto a quelli con punteggi Vabs-II meno sfavorevoli (ovvero pari o superiori a 85).
Come dichiarato da Slomine: “I dati raccolti per gli studi Thapca offrono un’opportunità unica: sono il più ampio campione di esiti neurocomportamentali e neuropsicologici di sopravvissuti pediatrici arruolati in modo prospettico. I risultati forniscono ai medici una migliore comprensione del range di risultati nei sopravvissuti all’arresto cardiaco pediatrico”.
È pur vero però che gli studi presentano dei limiti evidenti: solo una minoranza di bimbi è sopravvissuta un anno dopo l’arresto cardiaco (il 33,4% nel Thapca-Oh e il 47,4% nel Thapca-Ih), il che fa pensare che per avere dati assai più chiari sarebbe necessario intraprendere ricerche più ampie. Per di più, erano stati esclusi dalla partecipazione a questi studi i piccoli con grave lesione cerebrale ipossico-ischemica, il che fa dedurre che la menomazione in questa fascia d’età sia sottostimata dai risultati ottenuti.
Lascia un commento