Per carità, finché ci saranno in giro infermieri laureati fieri di non sapersi esprimere in un italiano corretto (VEDI foto in basso), assai difficilmente media e cittadini ci vedranno come una “professione intellettuale” vera, ma… Possibile che nonostante la cartacea e ripidissima crescita professionale che l’infermieristica ha avuto negli ultimi 24 anni ci si trovi ancora oggi in questa imbarazzante situazione, fatta di stereotipi e di scarso riconoscimento?
Possibile che si debba ogni giorno fare puntualizzazioni circa le nostre responsabilità, le nostre competenze, il nostro decoro professionale e la nostra preparazione?
Arrivo al dunque… Una studente mi ha appena segnalato una nuova perla che denota, per l’ennesima volta, la reale concezione che gli italiani hanno degli infermieri italiani. Trattasi di un articolo di Repubblica (mica pizza e fichi!) dal titolo “L’anima fascista di un’Italia che non sa essere solidale” in cui l’autrice, Antonella Cilento, parlando di fascismo, di migranti e di un lavandino otturato presso l’ospedale Cardarelli di Napoli, ha ben pensato di raccontare: “Nei giorni scorsi un’anziana amica, ricoverata al Cardarelli in un reparto oncologico, si è trovata in una stanza omologata per due ma, come tutte le stanze del reparto, allestita per tre, con una barella accanto ai letti. Per una settimana il lavandino della stanza è rimasto otturato impedendo a tre anziane malate di lavarsi. Quando l’infermiere del piano ha rintracciato la sua coscienza e liberato l’ingorgo, ormai la situazione era al limite.”
Già, perché l’infermiere, da buon factotum ospedaliero, secondo Repubblica è colui che deve sturare lavandini (“rintracciando la propria coscienza”) e che si occupa anche della manutenzione di qualsivoglia dispositivo. Per carità, dopo le recenti e memorabili uscite di Sgarbi (“Di Maio al massimo può fare l’infermiere”), di Forchielli (“Se non hai voglia di studiare, fai l’infermiere”) e di altri giornali più meno importanti (VEDI), non ci sentiamo affatto stupiti, ma… Non sarà il caso di dire basta una volta per tutte con azioni plateali?
Il nostro non vuole essere un attacco alla giornalista Cilento, che forse ha visto davvero quel sifone essere “rianimato” da un professionista dell’assistenza (anche questo si chiama demansionamento), anziché da un idraulico o da un addetto alla manutenzione, ma… Una riflessione sul fatto che, comunque, al di là delle leggi e delle tante carte prodotte negli ultimi 24 anni, le dinamiche che si vedono, tutti i giorni, dappertutto, negli ospedali italiani, condannano di fatto la credibilità della professione infermieristica senza possibilità di appello.
Gli infermieri, infatti, ancora oggi, sono visti come quelli che fanno un po’ di tutto, tra cui rispondere ai campanelli, cambiare pannolini, dedicarsi col cuore in mano agli effetti letterecci, pulire pavimenti, eseguire gli ordini dei signori medici e anche, perché no, domare lavandini imbizzarriti. Per quale motivo? Perché i cittadini gli vedono fare esattamente tutto questo. Avoglia a spiegargli della professione intellettuale, dei professionisti, della responsabilità dell’assistenza generale infermieristica, del fatto che l’infermiere è laureato, è un dottore, ecc. Voi, immedesimandovi nel paziente medio e vedendo passare voi stessi con un pacco di lenzuola in mano… Ci credereste? O lo reputereste credibile? Accettereste da lui una qualsivoglia opera di educazione sanitaria?
Sperando che al Cardarelli non si ostruiscano anche i gabinetti… Buona crescita professionale a tutti!
Lascia un commento