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Quel bacio tra l’immunologo Aiuti e Rosaria Iardino nel ’91 diventato storico

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Quel bacio tra l’immunologo Aiuti e Rosaria Iardino nel ’91 diventato storico. L'intervista del Corriere della Sera
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“Avvertì sua moglie del bacio. Mai campagna fu più efficace” ricorda la giovane sieropositiva della foto simbolo della campagna per vincere le paure dell’Aids

Una foto passata alla storia quella tra l’immunologo Aiuti e la giovane Rosaria per vincere la paura dell’Aids e dimostrare che l’Hiv non si poteva contrarre con un bacio.

L’immunologo Fernando Aiuti, 83 anni, considerato il pioniere della ricerca e della lotta all’Aids, morto ieri al Gemelli di Roma dove era ricoverato con un’inquietante ipotesi: il suicidio. Riprendiamo di seguito l’intervista a Rosaria Iardino proposta sul Corriere della Sera da Fabrizio Caccia

“Era il 2 dicembre del 1991, Fiera Campionaria di Cagliari, uno scatto per una campagna di comunicazione sull’Hiv mai fatta in Italia, e soprattutto a costo zero.

All’epoca c’era un clima da caccia alle streghe con pazienti trattati come appestati. Insomma, basta. La decisione la prendemmo insieme, io e lui, il giorno prima. L’unica condizione, ci dicemmo, era quella di avvertire per tempo rispettivamente sua moglie e la mia fidanzata di allora. Così, 24 ore dopo, davanti a tutti, lui mi prese, ci baciammo e il resto lo fece il fotografo freelance amico suo…” racconta Rosaria Iardino.

Fernando Aiuti era il suo medico?

“No, io ero in cura dal professor Visco. Avevo 25 anni, sieropositiva da otto. Ma subito con Aiuti scattò qualcosa, lui fu il primo a capire in Italia che per combattere il virus era necessario lottare uniti: clinico e paziente. Voi non immaginate neppure quante battaglie abbiamo fatto insieme: andavamo dai direttori degli ospedali, dai ministri, dalle aziende farmaceutiche. Sembravamo Gianni e Pinotto: una coppia di fatto. Poi a fine giornata, stanchi ma soddisfatti, ci fermavamo a bere un bicchiere di vino per strada”.

Ha saputo com’è morto?

“Sì, ho letto che s’ipotizza il suicidio, ma non voglio commentare. L’ultima volta che l’ho sentito è stato 5 anni fa, ormai ci mandavamo solo dei messaggini: Buon Natale, Buona Pasqua. Dopo essere andato in pensione e aver ricevuto delle delusioni politiche si era un po’ ritirato. E io rispettavo la sua scelta”.

Delusioni politiche?

“Sì, lui era un grande uomo ma si era sentito usato e triturato dalla politica (Aiuti fu eletto nel 2008 come capolista del Pdl in Campidoglio, poi fu ricandidato sempre con Gianni Alemanno nel 2013, ma non fu eletto). Fino all’ultimo la politica lo ha deluso. Vedi l’ex ministra Lorenzin ma anche quella in carica, la Grillo: sulla lotta all’Aids, direi, non pervenute. Eppure ancora oggi ci sono adolescenti sedicenni che s’infettano. La guerra insomma non è finita: la consapevolezza è la prima arma contro la malattia. Ma i test ai minori, tra i 16 e i 18, senza il consenso dei genitori sono ancora un tabù. In Italia puoi abortire ma non puoi fare il test Hiv”.

Lei ha scritto sui social che il vostro rapporto era anche fatto di grandi litigate.

“Beh, ne ricordo una epica: io ero contro l’industria del farmaco, non ne volevo proprio sapere. Invece lui diceva che le industrie farmaceutiche malgrado tutto sono le uniche a fare ricerca e dunque era necessario dialogare con loro. Non chiudersi. Devo dire a distanza di anni che aveva ragione lui”.

Un rimpianto?

“Il rammarico di entrambi è stato quello che avremmo dovuto continuare a lavorare insieme, invece le nostre strade si sono divise. Lui a Roma, io a Milano. Lui all’Anlaids io alla fondazione Thè Bridge”.

Andrà ai funerali?

“Sì, voglio portargli il red ribbon per l’ultimo viaggio, la coccarda rossa simbolo mondiale della lotta contro l’Aids. È la medaglia che più di tutte si merita di avere”.

 

Fonte: Corriere della Sera

 

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