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Cinquecento anni fa moriva Leonardo da Vinci, oracolo della medicina del futuro

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Il 2 maggio 1519, esattamente cinquecento anni fa, si spegneva il genio di Leonardo. A lui dobbiamo numerose scoperte nell’ambito scientifico medico. Se i suoi famosi disegni anatomici fossero stati da subito oggetto di studio da parte degli studenti di medicina, saremmo arrivati sicuramente a numerosi traguardi molto prima.

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Questo perché si tratta di disegni scientificamente impeccabili e, per sottolinearlo, i fogli ingialliti vengono messi a confronto con le più nuove evidenze diagnostiche: scanner, radiografie, risonanze magnetiche, modelli 3D

Leonardo da Vinci decise di sezionare il corpo di un anziano “che sosteneva di avere 100” anni nel 1507. Riuscì così a descrivere per la prima volta nella storia, i sintomi della cirrosi; seguirono molte scoperte, come il primo disegno della spina dorsale, la realizzazione di un modello della circolazione sanguigna, il disegno pioneristico di un feto nel grembo materno.

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In una  mostra che si è svolta alcuni anni fa a Torino il disegno di Leonardo è stato posto accanto a un modello 3D di un feto di quindici settimane generato con gli ultrasuoni. Il confronto non sminuisce il disegno datato 1510.

Attualmente la grandezza dell’anatomista Leonardo è ampiamente riconosciuta, ma per almeno tre secoli non è stato così.

“Nessuno capiva perché erano disegni troppo avanzate per il loro tempo“, ha spiegato Abrahams aggiungendo: “Ha colpito quasi tutto. Ci sarebbero voluti da 300 a 400 anni perché il resto del mondo giungesse alle stesse conclusioni.

Gli errori sono minimi e dovrebbero essere considerati un prodotto di un tempo in cui non c’era una sola guida anatomica”. Dunque Leonardo è partito da zero e per il professor Abrahams se i disegni fossero stati pubblicati nel XVI secolo la scienza sarebbe oggi ” tra i 50 e i 70 anni avanti.”

L’anatomia sarebbe diventata di moda, come lo sono ora gli studi genetici. Tutti i bambini intelligenti dell’epoca avrebbero iniziato a indagare il corpo umano. Chissà cosa sarebbe successo…”.

Simone Gussoni

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