Dalle intercettazioni emergono i particolari dello scandalo che ha coinvolto anche il governatore Fontana. Nomine negli ospedali decise a tavolino.
«Allora, ti spiego, bisogna capire noi strategicamente che cosa portare in provincia di Varese. Allora… noi abbiamo l’obiettivo principale che dovremmo cercare di portare a casa un direttore generale nostro!». Agli atti dell’inchiesta sulla corruzione in Lombardia, ci sono due relazioni, dei carabinieri di Monza e della guardia di finanza, che fotografano più di ogni altra cosa lo stato dell’arte delle tangenti. E confermano che oltre alla sede ufficiale delle decisioni, ovvero il Pirellone, nell’era della maggioranza Lega – Forza Italia, almeno in campo sanitario esisteva una sede ben più agguerrita: “l’ambulatorio”. Ovvero il bar di Gallarate dove il plenipotenziario di Forza Italia “Jurassic Park”, al secolo Nino Caianiello (foto), già condannato per concussione e ciò nonostante ancora sulla breccia, decideva non solo le sorti della politica, ma anche le nomine, ovviamente degli ospedali.
È così che si formano le reti di potere, quello vero. Contando sulle persone come carte di un mazzo da gioco. È il nuovo fronte dell’inchiesta: al solito, sul versante sanità. Ma in un ambito di nomine locali, di direttori generali di ospedali minori. «Quindi allora – dice l’interlocutore di Caianiello, Angelo Palumbo, presidente della commissione territorio e infrastrutture degli azzurri – Gallera, Comazzi, Altitonante sono tutti di Milano… Noi dovremmo prendere una presidenza…». Dice “Jurassic”: «Bisogna parlare domani con Giulio e dire: “ti serve uno di Varese in commissione sanità?”. Però premesso che tu di sanità non sai un c…!». E giù risate. «E poi con ‘sto c… di ospedale è meglio stare alla larga». «Ma noi dobbiamo farlo l’ospedale, guagliò!».
Strategie, indicazioni, commissioni da occupare. Lo sporco lavoro del sottobosco della politica, che solo alla fine frutterà interessi, con consulenze e posti di prestigio. Reati, però, se ne vedono pochini. Caianiello risulta poi incontrarsi spesso con Loris Zafira, vecchio esponente del Psi lombardo, coinvolto oltre vent’anni fa nello scandalo di Mani Pulite e, sorprendentemente, tornato anche lui alla ribalta. Più incisiva sul fronte dei rapporti tra Forza Italia e Lega, nonché sulla corruzione tra le municipalizzate del Comune di Milano, è la relazione dei carabinieri che indica come Pietro Tatarella, consigliere comunale e numero due di Fi in Lombardia, fosse l’uomo forte della situazione, in grado di parlare con imprenditori come D’Alfonso, a loro volta in contatto con i Melluso, sospettati di essere interfaccia della ‘ndrangheta.
D’Alfonso, in particolare, secondo i carabinieri, è sempre alla ricerca di figure chiave possibilmente operanti nelle società partecipate di servizi pubblici, da reclutare per i suoi scopi illeciti. E così lo si sente dire a suo padre, il 19 luglio scorso: «In Atm siamo messi benissimo…». Così come in Amsa, le due aziende municipalizzate controllate dal Comune. Scrivono i carabinieri: “Dall’intreccio delle telefonate emerge chiaramente l’asservimento di Tatarella, il quale, avvicinato da Salerno Sergio e D’Alfonso Daniele, riceve un biglietto sul quale vi sono degli appunti utili al suo intervento a favore di Amsa spa…”. Caianiello e Tatarella, proseguono i carabinieri, “rappresentano il collettore d’interessi illeciti dell’organizzazione operante tra le provincie lombarde e che ha indubbiamente stabilito la sede principale a Milano, per le evidenti esigenze di vicinanza al palazzo della Regione”.
Redazione Nurse Times
Fonte: La Stampa
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