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Sindrome della morte in culla: il ruolo preventivo dell’infermiere

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Sindrome della morte in culla: il ruolo preventivo dell’infermiere
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La SIDS (Sudden Infant Death Syndrome), ossia la sindrome della morte in culla, definisce la morte inaspettata di un bambino sotto l’anno di età che si presenta durante il sonno e che rimane inspiegata dopo un’attenta indagine, comprendente autopsia completa, esami tossicologici, radiologici, microbiologici, metabolici, la revisione delle circostanze di morte e un’accurata anamnesi del bambino e della famiglia

Nel 2004, a San Diego, durante un panel internazionale sono state distinte tre categorie di SIDS:

  • SIDS certa 1A: morte infantile (>21 giorni e <9 mesi di età, che soddisfa la definizione generale della sindrome);
  • SIDS incerta 1B: come la precedente, ma l’autopsia non è completa, manca di un’adeguata indagine della scena e degli esami tossicologici, radiologici e metabolici;
  • SIDS dubbia 2: la morte non è pienamente documentata e non soddisfa uno o più criteri delle precedenti.

Sono state proposte molteplici ipotesi eziopatogenetiche, ma allo stato attuale delle conoscenze nessuna di queste ha riscontrato un consenso unanime. Tuttavia sono stati individuati fattori di rischio e fattori causali correlati alla SIDS. I fattori di rischio si dividono a loro volta in fattori materni/prenatali e fattori del neonato, mentre i fattori causali si classificano in quattro gruppi: ipotesi metabolica, ipotesi infettiva, ipotesi respiratoria e ipotesi cardiaca.

Tra le principali cause di morte in età giovane vi è da citare la sindrome del QT lungo, dovuta a mutazioni sui geni che codificano per i canali ioni responsabili del controllo della ripolarizzazione ventricolare. Oltre il 35% è dovuta a mutazione. Se ciò accade al di sotto del primo anno di vita, la diagnosi è spesso etichettata come sindrome SIDS. In questi casi lo screening elettrocardiografico nel neonato potrebbe essere uno strumento utile per fare diagnosi precoce e ridurre l’incidenza della mortalità dal 50% all’1%.

Sulla base dei fattori di rischio sono stati individuati dei comportamenti protettivi verso la SIDS, che riguardano:

  • la posizione del sonno;
  • il fumo di sigarette e l’utilizzo di alcol/droghe;
  • le caratteristiche dell’ambiente in cui dorme il neonato (culla, lenzuola/sacco nanna, temperatura e room-sharing);
  • l’allattamento al seno;
  • l’utilizzo del succhiotto.

Sindrome della morte in culla: il ruolo preventivo dell’infermiere 1

Per la diffusione delle informazioni inerenti alla prevenzione sulla SIDS sono state attuate in tutto il mondo diverse campagne preventive con lo scopo di promuovere comportamenti ottimali nei confronti dei neonati. In America, ad esempio, è stata condotta la campagna ”Safe to sleep”, già conosciuta come la campagna ”Back to sleep”, che ha aiutato a educare milioni di care giver e tutti coloro che si occupano dell’assistenza ai neonati per ridurre il rischio della SIDS e altre cause di sonno correlate alla mortalità infantile. In Italia sono presenti due campagne: una proposta dall’Associazione SEMI per la SIDS e denominata ”Per loro è meglio”; l’altra dal progetto ”Genitori più”, che si basa sul lavoro della campagna ”6+1”, ormai concluso.

In questo contesto il ruolo dell’infermiere concerne diverse funzioni. In quanto professionista, l’infermiere ha infatti la responsabilità di numerose tematiche, quali la prevenzione, l’educazione, il counselling, l’educazione sanitaria nella gestione del bambino, un ruolo collaborativo nella gestione dei percorsi diagnostici, nelle situazioni di soccorso e nei confronti della famiglia colpita da SIDS. La relazione insita nel rapporto infermiere-assistito è ricca di incontri, confidenze, scambi, confronti, richieste e osservazioni.

L’assistenza infermieristica è una realtà in grado di dare risposte innovative e competenti alla crescente domanda di percorsi assistenziali diversificati e di coniugare capacità di presa in carico con una risposta strutturata ai bisogni del singolo e della collettività. La prevenzione può essere diretta o indiretta. La prima è rivolta alla famiglia e al bambino, è divisa tra azioni rivolte al target scelto e viene effettuata in punti e momenti strategici (consultori familiari, corsi pre-parto, percorso nascita). La seconda è rivolta agli operatori, per garantire un messaggio uniforme attraverso la creazione di un’offerta formativa chiara e non contraddittoria nei contenuti.

La comunicazione efficace è alla base del rapporto assistenziale e un intervento educativo efficace ha l’obiettivo di mobilitare le risorse e le capacità dei genitori, facilitando le decisioni riguardanti la loro salute e quella dei loro bambini. In particolare l’infermiere non deve mai sostituirsi ai genitori, ma affiancarli nel loro ruolo.

Un ultimo aspetto da analizzare è il lutto conseguente a SIDS, che è certamente l’esperienza più dolorosa per un genitore. In questi casi la diffusione di informazioni precise sul fenomeno della sindrome è cruciale per evitare che il lutto degeneri in patologico. In questo percorso il professionista sanitario fornisce supporto al dolore, educa e offre risorse e riferimenti inerenti la SIDS. Inoltre deve dimostrarsi empatico e comprensivo e deve offrire cure nel rispetto dei loro desideri, valori personali, tradizioni culturali e credenze religiose.

In altre parole, è più importante ascoltare che saper usare le parole giuste. Si raccomanda infine al professionista che accompagna nel lutto di visitare la famiglia al più presto, mostrare cura, empatia e comprensione; e di personalizzare il bambino, usando il nome, rassicurando i genitori sul fatto che il dolore è un processo che richiede tempo ed è profondamente soggettivo. L’intervento che più aiuta in questi casi è l’incontro con altri genitori che hanno vissuto un’esperienza simile, perché il confronto è utile per l’elaborazione del lutto.

Riassumendo, la SIDS è un evento che si verifica frequentemente sia a livello nazionale che mondiale. L’istituzione di campagne preventive con una figura infermieristica attiva e presente si propone di ridurre l’incidenza dell’evento e, insieme allo sviluppo tecnologico, concorre a diffondere le informazioni inerenti le tecniche preventive da attuare, non sostituendo mai i genitori e affiancandoli in questo percorso così delicato ed elaborato.

 

Anna Arnone

 

Fonti:
www.neurologiapediatrica.it
www.sipps.it
www.sidsitalia.it

 

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