Riprendiamo un interessante articolo pubblicato sul portale www.responsabilecivile.it.
Migliaia di italiani sono affetti da disfunzioni delle valvole cardiache e non hanno accesso a terapie innovative. Ciò a causa della frammentazione regionale del Servizio sanitario nazionale e delle diverse politiche sanitarie, che non favoriscono adeguata applicazione delle linee guida.
È l’allarme emerso nel corso dell’evento ThinkHeart 2019, organizzato dal GISE, la Società italiana di cardiologia interventistica (già Gruppo italiano di studi emodinamici). Un’iniziativa volta proprio a promuovere, in un confronto su politica e gestione sanitaria, standard di cura appropriati.
Nonostante i progressi scientifici e tecnologici nel campo dell’interventistica cardiovascolare, alla TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation), procedura mininvasiva eseguita senza aprire il torace e fermare il cuore, non accede neppure il 20% della popolazione candidabile.
Per questa e altre procedure interventistiche cardiovascolari, quali la riparazione percutanea della valvola mitrale nei pazienti con rigurgito mitralico e la chiusura percutanea dell’auricola sinistra per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con fibrillazione atriale, non trattabili farmacologicamente, restano numerosi ostacoli clinici, organizzativi e finanziari che rischiano di penalizzare fortemente i pazienti.
“Abbiamo sviluppato nuovi standard diagnostici e terapeutici che hanno migliorato la sopravvivenza alle patologie cardiache come scompenso cardiaco, fibrillazione atriale e malattia coronarica – afferma il presidente del GISE, Giuseppe Tarantini –, ma il loro impatto clinico, sociale ed economico è ancora importante. Pensiamo alla TAVI, presente e futuro nel trattamento della stenosi aortica: di 50mila pazienti candidabili alla sostituzione della valvola per via transcatetere, solo 7mila sono quelli trattati. Se consideriamo poi i più recenti dati di epidemiologia condivisi dalla comunità scientifica, includendo anche la popolazione a basso rischio, si registrano 16mila nuovi casi diagnosticati ogni anno”.
GISE, che rappresenta 271 centri di emodinamica italiani, fra medici e personale tecnico/infermieristico, dal 1979 raccoglie i dati di attività dei laboratori di emodinamica affiliati. 36.887 i dati rilevati, suddivisi in 163 voci, tra diagnostica, interventistica cardiovascolare e strutturale. Un patrimonio informativo essenziale e unico per interpretare le dinamiche cliniche e organizzative e per comprendere il trattamento appropriato alle patologie cardiovascolari.
“Dei quasi 7 milioni di italiani over 75 – riferisce Battistina Castiglioni, membro dell’esecutivo del GISE e responsabile della raccolta dati di attività – il 3,4% (oltre 230mila persone), è affetto da stenosi aortica severa. Dagli ultimi dati raccolti è emerso che gli impianti TAVI che nel 2017 erano stati 5.528, nel 2018 sono arrivati a 6.888, con un incremento del 24%. Il rapporto TAVI per milione di abitanti che nel 2017 era di 91,2, è cresciuto, toccando nel 2018 quota 114, ma rimane nettamente inferiore rispetto alla Germania (220) e alla Francia (154)”.
“L’approccio transcatetere ha una diffusione molto eterogenea tra le regioni italiane – continua Giuseppe Tarantini –, con una maggiore penetrazione soprattutto in quelle del Nord. Forte la disomogeneità tra regione e regione, con valori che vanno da 171 TAVI per milione di abitanti in Lombardia fino a 56 per milione di abitanti in Calabria. Una metodica dunque ancora poco conosciuta e soprattutto riconosciuta, anche dagli stessi decisori sanitari nazionali, regionali e locali. Anche nella riparazione trancatetere della valvola mitrale, la variabilià regionale è rilevante e va da regioni in cui non viene offerta la terapia, a regioni in cui vengono trattati 32 pazienti su un milione di abitanti, dato che comunque non copre il fabbisogno”.
“Abbiamo bisogno di un processo di governance per la valutazione e l’introduzione delle nuove tecnologie, in modo da garantire tempestività e trasparenza – sottolinea il presidente del GISE –. Chiediamo alle istituzioni coinvolte azioni correttive, per garantire agli italiani l’accesso equo e appropriato a quelle terapie che rappresentano lo standard di cura”.
“Dobbiamo tutti riportare il paziente al centro – conclude Tarantini –, dando evidenza alla sostenibilità in termini di appropriatezza clinica e organizzativa. Chiediamo un aggiornamento dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali sulla gestione del paziente, tariffe DRG idonee ed uguali sul territorio nazionale, maggiore programmazione dell’attività e stanziamento di budget basati sul fabbisogno epidemiologico. Solo così ci muoveremo nell’interesse comune e superiore della salute delle persone”.
Redazione Nurse Times
Fonte: www.responsabilecivile.it
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