Confintesa sanità Torino ha espresso piena solidarietà ai professionisti sanitari coinvolti in una vicenda surreale. Gli operatori, aggrediti verbalmente e fisicamente, sono stati infine denunciati dallo stesso aggressore.
«Minaccioso e antipatico. Così mi sono sentito definire dai medici del Mauriziano che si sono rifiutati di operarmi. Ecco perché ho deciso denunciare l’ospedale».
Mauro De Carlo, 48 anni, torinese, si sarebbe rivolto all’ospedale per la sintomatologia derivante da quella che si sarebbe poi rilevata una «necrosi della testa femorale bilaterale».
In seguito al reiterato comportamento aggressivo e minaccioso e dei “gravi contrasti fisici” avuti con i sanitari, gli ortopedici del Mauriziano hanno deciso di «risolvere il rapporto fiduciario con il paziente».
Un caso rarissimo. Facendo ricorso all’articolo 28 del codice deontologico, si sono rifiutati di «eseguire l’intervento chirurgico», proponendogli di farsi assistere da altri colleghi. «E così ho fatto – racconta – Mi si rivolto al Koelliker. Lì non ho avuto problemi».
Ma emergono complicanze chirurgiche suscettibili di risvolti giudiziari. L’ospedale, prima che il paziente si rivolgesse ai carabinieri di Mirafiori per formalizzare la sua denuncia, si era già mosso presentando un esposto in procura contro il paziente, per «violenze e minacce» nei confronti del personale. Anche un medico e un infermiere si sarebbero personalmente rivolti ai Carabinieri, denunciandolo per l’aggressione subita.
La questione è stata ricostruita in dettaglio nell’articolo di Francesco Lippo, pubblicato sul sito torinofan.it, che riportiamo di seguito.
La vicenda inizia lo scorso dicembre, quando Mauro De Carlo viene portato in pronto soccorso dal 118 in preda di dolori lancinanti alle gambe. «Ho sempre fatto lavori pensati e mi sono trascurato. Di punto in bianco mi sono ritrovato a camminare con difficoltà» dice.
Al Mauriziano gli viene diagnosticato un grave problema ortopedico: l’usura della testa dei femori. È un «codice verde». Non rischia la vita: ma la sua qualità è compromessa senza un intervento chirurgico e il ricorso a protesi. Viene dimesso.
La lite in corsia
Il 4 gennaio torna in ospedale. «Avevo tanto male. Di nuovo mi danno un codice verde. Non ero un caso urgente, d’accordo, ma sono rimasto per ore su una barella ad aspettare di essere visitato». Nell’attesa gli animi si scaldano. Volano parole, e non solo. «Sono stato trattato malissimo da un medico. In fondo chiedevo solo un antidolorifico. Anche mia madre che era con me è stata trattata in modo maleducato». Dimesso con un referto non certo trascurabile, viene messo in lista d’attesa e inserito nel per-
corso preoperatorio.
Pochi giorni dopo, il 15 febbraio, scoppiano altri contrasti. «Dovendo acquisire della documentazione per le pratiche Inail – spiega – sono tornato in ospedale. Ancora ore di attesa e nessuno con cui parlare. Stufo di quella situazione, sono entrato in una sala chiedendo di parlare con un medico. Un infermiere mi ha chiuso la porta in faccia dicendomi che davo fastidio».
Altre discussioni e tensioni
Il suo caso viene segnalato in direzione. È la goccia che fa traboccare il vaso. Pochi giorni prima dell’operazione, programmata per il primo marzo, De Carlo viene convocato in ospedale per un confronto. «In quella riunione – spiega Maria Carmen Azzolina, direttrice sanitaria – abbiamo spiegato al paziente che non c’erano più le condizioni di fiducia per proseguire il rapporto di assistenza. Non potevamo accettare le sue continue aggressioni, la mani addosso al personale sono inaccettabili. In più denigrava il nostro lavoro, pur pretendendo di essere operato. Così gli abbiamo proposto di effettuare l’intervento in un’altra struttura. Lui se n’è andato senza ascoltare i nostri consigli». Da qui la decisione dell’ospedale di inviare un esposto in procura. Il 18 marzo gli viene inviata anche la lettera formale: «Senza fiducia reciproca, nessuna operazione».
Lui si arrabbia, si rivolge all’avvocato Claudia Damato, e denuncia il caso ai carabinieri: «Il comportamento dell’ospedale è illegittimo».
Per il segretario provinciale di Confintesa sanità Torino Lippo Francesco l’ospedale ha agito salvaguardando e difendendo il proprio personale è inaccettabile ciò che ha fatto il malato ai dipendenti secondo il codice penale art 340 è sanzionabile per interruzione di un servizio pubblico poi secondo l’articolo 582 e 583 del codice penale si rischia dai 3 ai 7 anni di reclusione più ammenda.
Fonte: Torinofan.it
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