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Valutazione della divisibilità e frantumabilità di forme farmaceutiche orali solide

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Valutazione della divisibilità e frantumabilità di forme farmaceutiche orali solide
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Frequentemente vi sarà capitato di discutere sulle modalità che un infermiere dovrebbe adottare qualora il dosaggio prescritto di un medicinale non sia disponibile o in commercio oppure se la via di somministrazione tradizionalmente utilizzata per quel farmaco non sia applicabile.

La pratica di dividere o frantumare le compresse viene abitualmente utilizzata con non pochi rischi per operatori e pazienti.

Riportiamo di seguito un interessante lavoro a cura di Paolo Abrate, Loredana Castellino, Guendalina Brunitto, Federica Leone, Roberta Cavalli, Francesco Cattel con la collaborazione del gruppo di lavoro sul rischio clinico – Sezione Regionale SIFO Piemonte-Valle d’Aosta.

Un non corretto utilizzo di una formulazione solida e la sua somministrazione secondo una modalità errata possono inficiare l’intero processo di cura.

Esistono situazioni quotidianamente vissute dagli infermieri nelle quali somministrare secondo indicazioni un principio attivo diventa un vero è proprio challenge farmaceutico. Basti pensare ai pazienti che presentano disfagia, ai neonati o in generale si pazienti pediatrici piuttosto che a chi è portatore di sondino naso-gastrico/naso- digiunale o PEG.

In questi casi la soluzione maggiormente adottata è quella di utilizzare la formulazione procedendo alla sua divisione o frantumazione, correndo però il rischio di danneggiare il prodotto, andando ad inficiare di conseguenza la farmacocinetica del medicinale.

La necessità di somministrare la terapia in sicurezza ai pazienti che presentano le problematiche precedentemente citate spingono gli operatori a valutare soluzioni estemporanee, senza considerare tutti gli elementi tecnologici necessari.

Compresse e capsule rappresentano la formulazione farmaceutica più diffusa al mondo, soprattutto per la semplicità dei metodi di preparazione, l’elevata stabilità del prodotto finito, la convenienza del confezionamento, dello stoccaggio e della distribuzione.

Presentano inoltre numerosi vantaggi anche per il paziente e per gli operatori sanitari che quotidianamente le maneggiano, quali la facilità di somministrazione e l’accuratezza di dosaggio. Tuttavia presentano svantaggi in situazioni nelle quali siano presenti:

• problemi di deglutizioni correlati all’età o alle patologie;

• nutrizione enterale (con SNG o PEG)

• pazienti pediatrici;
• pazienti anziani, “fragili” o politrattati;
• insufficienza epatica e/o renale;
• necessità di una dose individualizzata


L’alterazione della forma farmaceutica diventa necessaria. Ma cosa potrebbe succedere dividendo o frantumando una compressa o procedendo all’apertura della capsula?


Poiché l’efficacia delle compresse e delle capsule è basata sulla dissoluzione del farmaco nei fluidi del tratto gastrointestinale e sul successivo assorbimento nella circolazione sistemica, il tasso di dissoluzione della compressa o capsula è un parametro cruciale.


Manipolare una forma farmaceutica orale può quindi alterarne le caratteristiche di assorbimento e/o causarne il mancato raggiungimento del sito di azione da parte del principio attivo, oltre che causare l’instabilità del medicinale, produrre effetti irritanti locali, compromettendone la sicurezza e l’efficacia.

Riportiamo di seguito un sunto delle indicazioni fornite dalla SIFO

Pazienti disfagici
Data la difficoltà di deglutizione, il paziente non riesce ad assumere forme farmaceutiche orali solide; diventa quindi necessario, ove possibile, sostituire queste ultime con formulazioni alternative (es. sciroppi, fiale, cerotti transdermici, etc.). In loro mancanza, occorre ricorrere alla frantu- mazione/dispersione di compresse/capsule, da somministrare per os in veicoli semisolidi, addensanti o soluzioni gelificate.

Pazienti sottoposti a nutrizione enterale tramite sondino nasogastrico (SNG) o gastrostomia endoscopica percutanea (PEG).

Per questi pazienti è difficile trovare una formulazione farmaceutica adeguata alla sommi- nistrazione, avendo limitato accesso al tratto gastrointestinale o essendo disfagici. Quindi spesso la sonda diventa anche la via d’accesso per la somministrazione di medicinali.

Fornire i farmaci disperdendoli direttamente nella miscela per nutrizione enterale è una pratica assolutamente da evitare, anche quando sono impiegate forme farmaceutiche liquide (sospensioni, emulsioni, soluzioni, sciroppi).

Le variazioni di pH e forza ionica del veicolo possono portare alla precipitazione dei componenti della dieta e/o dei singoli farmaci e alla successiva ostruzione della sonda, nonché all’alterazione dei parametri di biodisponibilità di alcuni farmaci.

Le Linee guida SINPE per la Nutrizione Artificiale Ospedaliera forniscono le seguenti indicazioni e raccomandazioni in caso di manipolazione delle forme farmaceutiche:

• per evitare il rischio di concentrazioni troppo elevate e livello sub-terapeutici tra una dosa e l’altra, le compresse a lento rilascio non possono essere frantumate. Si possono usare in alterativa capsule con granuli a lento rilascio da sospendere in un liquido. Tenere sempre in considerazione il calibro del sondino

• le capsule gastroresistenti, se frantumate, possono causare problemi di acidità gastrica o di irritazione e portare al blocco della sonda. Esistono forme alternative, come le capsule con granuli resistenti, che possono essere aperte e il cui contenuto va sospeso in un succo acido (es. succo di mela) oppure sciolto in liquidi alcalini tamponati.

• le capsule di gelatina molle spesso contengono soluzioni; il contenuto della capsula può essere aspirato con un ago sottile in una siringa e diluito con solventi miscibili (es. olio alimentare). La so- luzione così ottenuta potrà essere infusa tenendo conto dell’eventuale fotosensibilità e del rischio di adsorbimento del farmaco dalle pareti del sondino.

Pazienti con insufficienza epatica o renale
In questi pazienti il ricorso ad una dose inferiore a quella minima in commercio può essere richiesto dalla necessità di adattare il dosaggio al grado di compromissione epatica/renale del paziente.

Pazienti che necessitano di individualizzazioni della dose per altre ragioni

Sono questi i casi in cui ad esempio si deve verificare la risposta del pa- ziente all’inizio di un trattamento (es. farmaci a basso indice terapeutico come gli antiepilettici) o sospendere il trattamento in modo graduale. (es antidepressivi SSRI o cortisonici).

Chiunque volesse approfondire ulteriormente questa tematica può leggere il lavoro completo direttamente sul sito della SIFO.

Simone Gussoni

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