Uno studio di Ire Roma dimostra la potente azione antitumorale della decitabina in malati con marcata dipendenza dall’oncogene K-Ras.
Il carcinoma del pancreas è una delle neoplasie a prognosi più severa e tra le più aggressive, con un tasso di sopravvivenza a cinque anni dell’8%. Uno studio dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (Ire) di Roma, pubblicato oggi su Cancer Research, ha identificato a livello preclinico una nuova terapia mirata per un sottogruppo di pazienti affetti da tumore del pancreas con marcata dipendenza dall’oncogene K-Ras.
Il lavoro, condotto dal
gruppo di ricerca guidato da Luca
Cardone, team leader dell’Unità di Immunologia e immunoterapia Ire, ha
mostrato che la decitabina, un
farmaco già in uso clinico per altre neoplasie, ha una potente azione antitumorale mirata per i tumori
del pancreas con specifiche caratteristiche. I pazienti selezionati con
screening molecolare ne potrebbero beneficiare grazie a un approccio di “riposizionamento”
di farmaci, cioè nuove indicazioni terapeutiche per farmaci conosciuti,
altrimenti detto drug repurposing.
“Le banche
dati a disposizione – evidenzia Gennaro Ciliberto, direttore
scientifico Ire – hanno la capacità computazionale per elaborare una grande mole di
informazioni, e gli algoritmi utilizzati per l’estrapolazione di specifici dati
stanno rivoluzionando la ricerca oncologica sperimentale. Oggi, grazie anche alle
collaborazioni nazionali e internazionali, si lavora su molti più dati e si
velocizzano i risultati della ricerca, che consentono anche la rapida
validazione di nuove indicazioni per farmaci già in uso ma con diversa
indicazione terapeutica”.
“Il tumore del pancreas – si legge in una
nota dell’Istituto – ha un tasso di mortalità in aumento rispetto ad altri
tumori che hanno un trend stabile o in miglioramento. Non è possibile fare diagnosi
precoce. Tra le terapie, l’opzione chirurgica non sempre è praticabile, mentre
i chemioterapici disponibili offrono risposte terapeutiche limitate. Molti i
fattori di rischio associati a questa neoplasia, come ad esempio il fumo, ma
tra le cause genetiche l’oncogene K-Ras ha un ruolo chiave nella formazione e
progressione del tumore pancreatico”.
“Il nostro
studio – spiega Luca Cardone, ricercatore Ire e autore della pubblicazione – ha permesso di identificare e validare a
livello preclinico una nuova terapia mirata per un sottogruppo di pazienti con
tumore del pancreas dipendente dall’oncogene K-Ras. Circa il 95% dei tumori
pancreatici sono mutati geneticamente per il gene K-Ras, ma è possibile
distinguere due sottogruppi di pazienti: quelli che hanno una reale dipendenza
molecolare da K-Ras e quelli che, pur avendo la mutazione genica, non ne sono
più dipendenti. Tale dipendenza si può misurare grazie a marcatori molecolari
basati sull’espressione di centinaia di geni che abbiamo usato per interrogare,
mediante algoritmi computazionali, banche dati relative agli effetti molecolari
di farmaci già in uso clinico. Tale approccio ha consentito di identificare il
farmaco decitabina, utilizzato per il trattamento di altre neoplasie, come un
potenziale inibitore di questa caratteristica dipendenza molecolare e, quindi,
delle funzioni dell’oncogene K-Ras”.
“Attraverso un approccio multidisciplinare –
prosegue il comunicato -, con l’utilizzo di modelli sperimentali e calcoli
biocomputazionali, i ricercatori hanno quindi dimostrato che i tumori
pancreatici con alta dipendenza molecolare per K-Ras hanno un’alta sensibilità
al trattamento con la decitabina, mentre tumori indipendenti da K-RAS sono
quasi cento volte meno sensibili o completamente resistenti. Il farmaco si è
dimostrato anche capace di arrestare la progressione metastatica della malattia
in modelli sperimentali di tumori pancreatici K-Ras dipendenti. Infine hanno
anche compreso il meccanismo molecolare alla base della vulnerabilità selettiva
dei tumori con tale dipendenza”.
Da una stima effettuata
su database di tumori pancreatici disponibili, si calcola che una percentuale
che va dal 30% fino al 50% dei casi di tumori pancreatici ha una dipendenza
molecolare da K-Ras che può, pertanto, potenzialmente rispondere al trattamento
farmacologico con la decitabina. Grazie a questo studio preclinico si potranno
ora avviare studi clinici con la decitabina, come singolo trattamento o in
combinazione, individuando e selezionando i pazienti con alta probabilità di
risposta per confermare l’efficacia del trattamento.
“Questo studio – sottolinea Francesco
Ripa di Meana, direttore generale Ifo – rappresenta
il forte orientamento dell’Ifo alla ricerca traslazionale e all’attenzione alla
diagnosi di mutazioni geniche. L’utilizzo di farmaci già noti per terapie
sempre più mirate rappresenta una innovazione nella sanità pubblica che riduce costi
e tempi. Investire nella drug repurposing in oncologia è un’opportunità
potenziata oggi dall’utilizzo di big data e intelligenza artificiale”.
Il lavoro si è svolto in collaborazione con gruppi di ricerca della University of Texas – Md Anderson Cancer Center (Houston), del Telethon Institute of Genetic and Medicine (Tigem) di Napoli e del Dipartimento di Medicina e scienze dell’invecchiamento dell’Università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti.
Redazione Nurse Times
Fonte: Dire
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