L’assicurazione glielo ha negato “perché il diritto risulta prescritto”. Il commento della vittima: “Mi hanno lasciata sola a combattere. Avverto un senso di profonda ingiustizia”.
Fu aggredita e stuprata il 18 settembre del 2017, durante il suo turno di servizio all’ambulatorio della Guardia medica di Trecastagni (Catania). Ma le beffe sembrano non finire mai per la dottoressa Serafina Strano: non solo il giudice, nell’aprile del 2018, comminò al suo aggressore, Alfio Cardillo, una condanna a “soli” otto anni (contro i quindici chiesti dal pubblico ministero), ma ora l’assicurazione ha respinto la richiesta di risarcimento perché “il diritto all’indennizzo risulta prescritto”. Il commento della vittima trasuda indignazione: “A due anni da quell’episodio avverto un forte senso di rabbia e un profondo sentimento di ingiustizia”.
In pratica, la compagnia assicuratrice ha equiparato la violenza sessuale subita dal medico a un banale sinistro stradale. “Paradossalmente il mio aggressore è in carcere, tutelato dallo Stato, e io sono rimasta sola a combattere – dice lei, puntando il dito anche contro l’Asp Catania, da cui dipende –. Si tratta di una polizza per infortuni, stipulata dall’Azienda sanitaria per ogni medico della guardia medica. La pratica di risarcimento era stata aperta d’ufficio dall’Aspsubito dopo la violenza che ho subito, ma da allora nessuno si è preoccupato di darmi notizie. L’ufficio legale dell’Azienda non ha fatto nulla, e ora mi dicono che la documentazione avrei dovuto inviarla io. Ho chiesto più volte chiarimenti, ma dallo stesso ufficio legale hanno continuato a dirmi che era tutto a posto. Adesso basta! Voglio conto e ragione di questa storia e di quanto è successo. Sono pronta pure a fare causa all’Asp Catania“.
Strano, che ha scritto inutilmente anche a esponenti delle istituzioni e del Governo, è un fiume in piena: “Finora ho aspettato, ma dopo quanto è successo con l’assicurazione non lo farò più. Sono stata invitata a riunioni e conferenze stampa, persino a far parte di un comitato. Ho ricevuto tante parole di solidarietà e vicinanza, ma nei fatti non ho ottenuto nulla. Non dovevo arrivare a fare tutte queste cose da sola. Sono tornata in servizio in un posto dove mi hanno ricollocata e dove sostanzialmente faccio la tappabuchi malpagata. L’Asp mi ha sempre fatto la guerra, la storia dell’indennizzo è solo l’ultima presa in giro”.
Ricordiamo infine che la dottoressa, all’epoca della sentenza, non mancò di lanciare strali all’indirizzo dell’Ordine provinciale dei medici. “La condanna l’ha decisa un giudice. Sarà anche giusta, non sono un’esperta, ma a me resta l’amarezza dell’assoluta indifferenza dell’Ordine dei medici di Catania, che mi ha lasciata sola, senza costituirsi parte civile nel processo. Trovo scandaloso che, nonostante la mia segnalazione, non sia stato al mio fianco, ignorando il mio caso”.
Redazione Nurse Times
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