Indagati 15 medici. Le accuse sono di falso, peculato e abuso d’ufficio ai danni del Servizio sanitario.
Pancia piatta a spese del servizio sanitario. Ma anche rimodellamento del seno e delle palpebre, per sfoggiare una silhouette o uno sguardo perfetto. Bastava la giusta conoscenza, un ritocco alla diagnosi, e poi il reparto di Chirurgia plastica dei grandi ustionati dell’ospedale Sant’Eugenio di Roma si trasformava all’occorrenza in un centro avanzato di medicina estetica. Gratis e in barba ai pazienti in lista di attesa.
Lo ha rivelato un’inchiesta che ha portato nel registro degli indagati 15 camici bianchi del reparto, chi con l’accusa di peculato, chi di falso o abuso d’ufficio, chi per tutti e tre i reati. Come Paolo Palombo, direttore dell’Unità operativa complessa di Chirurgia plastica e ricostruttiva dell’ospedale, nonché esperto chirurgo, pronto a entrare in sala operatoria anche in casi in cui non c’erano tracce di ustioni o patologie oncologiche accertate, le uniche che potessero giustificare interventi ricostruttivi nel suo reparto. Un indagato con un ruolo chiave, secondo la ricostruzione del pm Carlo Villani, che ha appena notificato agli interessati il completamento delle indagini a loro carico.
Tra le false diagnosi, gli inquirenti ne avrebbero scoperta una emblematica: una mastoplastica per avere un seno più voluminoso, coperta dalla diagnosi di cancro. “L’anamnesi era quella di tumore maligno della mammella”, ricostruisce l’imputazione. Un intervento effettuato per ragioni di natura estetica, e non terapeutiche, che non sarebbe potuto “ricadere automaticamente sotto la copertura del Servizio sanitario nazionale, e quindi a prestazione gratis o col pagamento del solo ticket”.
Sono una decina i chirurghi che si sarebbero prestati a entrare in sala operatoria o a inserire dati ritoccati per permettere le operazioni di abbellimento. Come una mammoplastica riduttiva bilaterale su una giovane donna, giustificata con la diagnosi di ingresso di ginecomastia (accrescimento dell’apparato mammario, in genere su uomini) e di uscita di ipertrofia del seno. Ma anche casi di blefarocalasi bilaterali con intervento su palpebre superiori e inferiori, o correzioni di anisomastia (mammelle diverse l’una dall’altra).
Per la Procura, i medici avrebbero compiuto così anche un abuso d’ufficio, procurando un “vantaggio patrimoniale” ai pazienti prescelti. Ma anche il reato di peculato per avere utilizzato, come viene con precisione contestato, “pinze, porta-aghi, bisturi, anestetici, garze, tamponi, disinfettanti, nonché l’energia elettrica usata per il funzionamento delle apparecchiature della sala operatoria”. In base a un decreto regionale del 2010 che aveva per oggetto la “Rete assistenziale della chirurgia plastica”, il Sant’Eugenio era indicato come un centro di secondo livello, nel settore e quindi autorizzato a erogare prestazioni di natura estetica solo in casi precisamente classificati. Vale a dire ricostruzioni per gravi ustioni o per pazienti affetti da patologie maligne.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Messaggero
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