Proponiamo un interessante contributo della nostra collaboratrice Milena Mazzone.
La paralisi cerebrale infantile è la malattia neuromotoria più frequente in età pediatrica e ha ripercussioni sul sistema muscolo scheletrico, associate spesso anche a problemi intellettivi. Questa patologia è causata da una lesione che si verifica nell’encefalo (cervello, cervelletto e tronco encefalico) del bambino, per una diminuzione totale o parziale del flusso di ossigeno durante il travaglio o in prossimità del parto. Può altresì derivare da infezione materna non trattata correttamente e trasmessa al bambino durante o dopo il parto o da ipoglicemia o birilubinemia (ittero) non trattate successivamente alla nascita.
La paralisi cerebrale infantile colpisce un bambino ogni 500 nati. Oggi in Italia sono 50mila i bambini affetti da questa patologia. L’incidenza è più elevata nei neonati prematuri (in particolare sotto le 32 settimane di età gestazionale) e nei neonati di peso inferiore ai 1.500 grammi, poiché presentano una maggiore probabilità di andare incontro a fenomeni di alterazione prolungata del flusso cerebrale a causa dell’immaturità dei loro sistemi di regolazione fisiologica. I bambini colpiti presentano, fin dai primi mesi di vita, un ritardo neuropsicomotorio, che si concretizza con la difficoltà a raggiungere nei tempi adeguati lo sviluppo neuromotorio normale. Generalmente è colpito tutto il corpo, ma con intensità differente nei diversi distretti del sistema muscoloscheletrico.
I sintomi possono essere molto diversi, di solito vengono notati prima che il bambino compia due anni e, talvolta, iniziano prima dei tre mesi. Comprendono muscoli non contratti, anomalie di movimento (le braccia si muovono verso i lati, le ginocchia si incrociano o si toccano, le gambe si mettono a “forbice” nei movimenti), giunture strette, debolezza muscolare o perdita di movimento in un gruppo di muscoli. La spasticità è uno dei sintomi che maggiormente interferisce con la funzionalità del paziente, causando atteggiamenti viziati, comparsa di deformità ortopediche, dolore, difficoltà nell’assistenza quotidiana per l’igiene e le cure riabilitative.
Nella cura delle forme gravi di spasticità è sempre più diffuso l’utilizzo della terapia intratecale – vale a dire direttamente nel liquor cerebrospinale – con baclofene tramite pompa infusionale (ITB). ll baclofene intratecale si diffonde dal liquor negli strati superficiali del midollo spinale e si lega ai recettori del GABA (acido gamma-aminobutirrico, neurotrasmettitore responsabile della regolazione del tono muscolare), inibendo il rilascio dei neurotrasmettitori eccitatori e riducendo in tal modo la spasticità. La terapia con baclofene intratecale utilizza una pompa programmabile e un catetere impiantati chirurgicamente per rilasciare il farmaco. Attraverso il catetere, il baclofene arriva direttamente nello spazio intratecale, dove il midollo è sospeso nel liquido cerebrospinale.
La tecnica chirurgica prevede:
– Un’incisione cutanea lombare, l’introduzione del catetere sotto controllo radioscopico, tramite un ago guida, nello spazio sub aracnoideo (vale a dire nel liquor che circonda il midollo spinale), attraverso il quale viene fatto progredire fino a livello dorsale alto; quindi si sutura il catetere e lo si ancora per evitare che possa muoversi.
– La creazione di un tunnel per far correre il catetere anteriormente fino all’addome, dove si collega alla pompa.
– L’inserimento della pompa, un dispositivo programmabile, in una tasca creata subito sotto la cute o sotto una fascia nella parte inferiore dell’addome.
La pompa è dotata di un motore interno provvisto di batteria e di un serbatoio dal quale il farmaco viene erogato nel liquido cerebrospinale tramite il catetere siliconico. La velocità di erogazione quotidiana è stabilita tramite un programmatore esterno. La pompa va ricaricata ambulatorialmente, attraverso un’iniezione transcutanea, indolore per il paziente. La durata della ricarica è strettamente legata alla quantità di farmaco erogato e, dopo circa sette anni, la pompa va sostituita in seguito all’obsolescenza programmata che ne prevede lo spegnimento dopo 84 mesi esatti.
Il vantaggio del trattamento con pompa è quello di somministrare il farmaco in maniera continuativa con un dosaggio decisamente inferiore rispetto al baclofene assunto per via orale, riducendo al minimo gli effetti collaterali che possono derivare dalla terapia orale in compresse. Il baclofene intratecale può essere utilizzato per migliorare l’ampiezza dei movimenti del paziente, facilitare gli spostamenti, ridurre il consumo energetico e attenuare il dolore causato dalla spasticità, migliorando la qualità di vita del paziente.
Milena Mazzone
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