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Colesterolo “cattivo”: consigli per prevenire le malattie cardiovascolari

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Colesterolo “cattivo”: consigli per prevenire le malattie cardiovascolari
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Rilanciamo un approfondimento sul tema pubblicato sul Magazine della Fondazione Umberto Veronesi.

Sempre più giù: per chi è già malato, ma (seppur con meno urgenza) anche per chi intende preservare la salute del cuore e dei vasi sanguigni. Portare verso il basso i livelli di colesterolo Ldl è la strategia maggiormente efficace da attuare per ridurre l’impatto delle malattie cardiovascolari. Oltre a evitare il fumo di sigaretta, infatti, l’evento che dà il la al processo di aterosclerosi è rappresentato dall’accumulo del colesterolo “cattivo” nei vasi sanguigni. Un meccanismo reversibile grazie ai farmaci, ma soprattutto evitabile con una dieta sana e uno stile di vita attivo. Aspetti cruciali per ridurre il peso sociale di malattie che possono avere un decorso anche fatale. Su tutte, l’infarto del miocardio.

Ldl sempre più in basso – Leggendo le indicazioni riportate nelle nuove linee guida europee per la gestione delle dislipidemie, si ha la conferma che il colesterolo è uno dei grandi nemici del cuore. Più che il valore totale, è la quota di colesterolo Ldl a richiedere una valutazione più approfondita. Depositandosi all’interno delle arterie, questo favorisce la comparsa di lesioni che possono ostruire il flusso del sangue. Secondo i dati riportati sulla rivista The Lancet Public Health, relativi a un’indagine sulle performance sanitarie nazionali, nel 2017 in Italia sarebbero stati 47mila i decessi per cause cardiovascolari attribuibili alla valori di colesterolo Ldl troppo elevati. Un dato che porta i cardiologi a essere sempre più vicini alla posizione dei colleghi statunitensi.

Di colesterolo “cattivo”, meno ve ne è in circolo, meglio è. «Non esiste un limite inferiore noto per essere pericoloso», afferma Pasquale Perrone Filardi, direttore del reparto di Cardiologia del Policlinico Universitario Federico II di Napoli. Un’affermazione che giustifica un impegno diffuso a tutta la popolazione per tenere sotto controllo la frazione più pericolosa del colesterolo, tra le maggiori cause di insorgenza degli infarti e degli ictus.

Prevenzione primaria: dieta ed esercizio fisico – Quando si parla di ridurre i livelli di colesterolo Ldl, ben chiara deve essere la distinzione tra le persone sane (chiamate a fare prevenzione primaria) e chi invece è già stato colpito da un evento cardiovascolare (prevenzione secondaria). Nel primo caso, l’indicazione riportata nel documento europeo è quella di mantenere l’Ldl sotto i 116 e i 100 (mg/dl). I valori cambiano in base al rischio cardiovascolare individuale, che può essere definito (dagli specialisti) tenendo conto dell’età di un paziente, dell’abitudine al fumo di sigaretta, dei valori di pressione sanguigna, della colesterolemia totalee di un’eventuale diagnosi di diabete.

Per stare nei limiti, se si è sani, non servono farmaci. «L’arma più potente per una prevenzione primaria cardiovascolare è rappresentata dall’adozione di uno stile di vita attivo – aggiunge Perrone Filardi –. In linea generale, ci muoviamo meno rispetto a quanto dovrebbero fare. Ma nonostante ciò, in Italia la mortalità cardiovascolare è calata del 53 per cento dal 1990 a oggi». L’esercizio fisico regolare – almeno 150 minuti a settimana: camminate veloci, passeggiate in bicicletta, acquagym, danza, tennis in doppio e giardinaggio – migliora la capacità del cuore di pompare il sangue, aiuta a controllare il peso corporeo e può far calare i livelli del colesterolo e della pressione sanguigna. Idem dicasi per la dieta. Sostituendo il burro e la carne rossa con l’olio extravergine di oliva, il pesce ed eventualmente le carni bianche, si può ridurre il colesterolo “cattivo” (Ldl) e mantenere intatto quello “buono” (Hdl). Per il resto, via libera a cereali integrali, frutta, verdura e legumi.

Valori più bassi per chi è a rischio – Molto più rigidi sono invece i nuovi limiti per i pazienti ad alto e ad altissimo rischio. Come tali, si definiscono gli infartuati e coloro che, sebbene in trattamento a seguito di un evento ischemico (a livello cardiaco, cerebrale o periferico), corrono il rischio di subirne un altro entro due anni dal precedente. Nel primo caso, il colesterolo Ldl non dovrebbe superare 55. Ancora più stringente è il limite posto per i pazienti ad altissimo rischio (40). Prima di raggiungere queste soglie, è considerato comunque utile ottenere in tempi rapidi una riduzione relativa minima pari al 50 per cento del valore di partenza.

«Abbassare il colesterolo Ldl riduce il rischio indipendentemente da quella che è la concentrazione di partenza – specifica Ciro Indolfi, direttore dell’Unità operativa complessa di Cardiologia emodinamica del Policlinico di Catanzaro e presidente della Società Italiana di Cardiologia –. Ciò significa che, nelle persone ad alto rischio, ridurre il colesterolo Ldl è efficace anche se i livelli di partenza sono inferiori alla media».

Farmaci: quali usare? – Di fronte ai pazienti, e non alle persone sane, muovere soltanto le “leve” della dieta e dell’attività fisica invece non basta. Servono i farmaci per abbassare i livelli di colesterolo Ldl. «Il trattamento dell’ipercolesterolemia ha come caposaldo l’uso delle statine – chiarisce Francesco Barillà, responsabile dell’Unità di Terapia intensiva coronarica del Policlinico Umberto I di Roma –. Ma oggi si fa spesso ricorso anche alla loro combinazione con l’ezetimibe. Questo principio, rispetto alle delle statine (inibiscono la sintesi del colesterolo all’interno dell’organismo, ndr), impedisce l’assorbimento del colesterolo a livello intestinale».

Per i pazienti refrattari a queste terapie o per cui è indicato un drastico calo dei livelli di colesterolo Ldl, da pochissimi giorni c’è anche l’indicazione all’uso degli anticorpi monoclonali, prima impiegati soltanto per trattare i casi di ipercolesterolemia familiare. Entro un anno, invece, dovrebbe arrivare sul mercato un farmaco a base di acido bempedoico che ha finora mostrato un’efficacia comparabile a quella delle statine. Con ridotti effetti collaterali, però.

Gli integratori funzionano o no? – A soffrire di ipercolesterolemia, in Italia, sono tra 2.5 e 3 milioni di persone. Molti di questi, prima di iniziare una terapia farmacologica, cercano una soluzione negli integratori. Negli ultimi mesi si è parlato soprattutto del riso rosso fermentato, ma sono diversi i supplementi utilizzati per tenere sotto controllo i livelli di colesterolo Ldl: coenzima Q, acido folico, berberina, vitamina E, polifenoli dell’olio d’oliva. «Questi integratori hanno dimostrato di poter ridurre del 10-15 per cento i livelli di colesterolo Ldl, ma non ci sono studi che correlino l’assunzione alla riduzione delle dimensioni della placca aterosclerotica e degli eventi cardiovascolari», chiosa Perrone Filardi.

Secondo quanto riportato nelle linee guida europee, questi integratori sono adatti a chi ha livelli intermedi di colesterolo (valore totale tra 200 e 240) e che non sempre necessita di un intervento farmacologico. L’efficacia, come sempre, ha però un rovescio della medaglia. Anche gli integratori, infatti, possono dare effetti collaterali. Per questo motivo, vanno assunti soltanto dietro indicazione del proprio medico.

Redazione Nurse Times

Fonte: Fondazione Umberto Veronesi Magazine



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