Una ricerca cinese dimostra l’efficacia (sui topi) di una sostanza che agisce come fotoassorbitore, aumentando l’accuratezza della chemioterapia e riducendone i danni collaterali.
Una luce per “spegnere” il cancro. È la nuova frontiera a cui sta lavorando un gruppo di ricercatori della City University di Hong Kong. I ricercatori cinesi hanno messo a punto un farmaco che si attiva con una luce rossa a bassa intensità e che, almeno sui topi, si è dimostrato in grado di ridurre fino a due terzi sia le dimensioni che il peso di alcuni tipi di tumore. Con pochissimi effetti collaterali.
Frutto di uno studio durato tre anni e descritto sulla rivista Chem, il composto messo a punto dai ricercatori cinesi si chiama Phorbiplatin. «Essenzialmente si tratta di un profarmaco anticancro dotato di piccole molecole», spiega Zhu Guangyu, professore associato presso il dipartimento di Chimica dell’università cinese e autore principale dello studio. Un profarmaco è una sostanza biologicamente inattiva al momento della somministrazione, che agisce, una volta penetrata nell’organismo, a seguito di conseguenti processi metabolici.
In questo caso la sostanza agisce come fotoassorbitore, altamente sensibile alla luce rossa, che attiva il farmaco anticancro oxaliplatino, uno tra i più diffusi in questo campo. Quando è attivato dalla luce rossa a bassa intensità il fotoassorbitore rilascia gli agenti anticancro in modo controllato, cosa che la chemioterapia di solito non permette di fare. Così, in pratica, il composto permette di aumentare l’accuratezza della chemioterapia e ridurre al minimo i danni collaterali alle cellule sane durante il trattamento.
Dai test svolti in laboratorio è emerso che l’azione di Phorbiplatin consente una maggiore riduzione sia delle dimensioni (superiori del 67%) che del peso (circa il 62% in più) dei tumori sviluppati in alcuni topi trattati con questa sostanza, rispetto alle cavie in terapia proprio con oxaliplatino. I ricercatori hanno inoltre scoperto che, dopo la terapia a base di Phorbiplatin, i principali organi dei topi utilizzati nei test erano ancora in condizioni relativamente sane, mentre le cavie trattate in precedenza con oxaliplatino avevano sviluppato una serie di effetti collaterali.
«Lo sviluppo di questa nuova sostanza ha richiesto circa tre anni di studi», ha sottolineato Zhu, spiegando che «il brevetto del composto è in corso di registrazione negli Stati Uniti». I ricercatori cinesi non sono gli unici a lavorare sullo sviluppo di nuovi composti che si attivano con la luce. Nel mondo ci sono altri gruppi di ricerca attivi su questo settore, chiamato optofarmacologia.
E non solo sul fronte dell’oncologia. In Italia, ad esempio, nel laboratorio di Neurofarmacologia dell’Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia) è stato sviluppato e sperimentato con successo, sempre su modelli animali, un farmaco analgesico che potrebbe rivelarsi molto utile contro il dolore cronico. Ma gli esperti italiani precisano che, pur essendo promettente, ci vorrà ancora tempo prima che questi farmaci possano essere utilizzati dagli esseri umani. Anche se appare chiaro che l’oncologia sarà certamente il settore che ne trarrà maggior beneficio.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Messaggero
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