Si tratta degli anticorpi monoclonali che inibiscono il Cgrp (peptide correlato al gene della calcitonina).
L’emicrania colpisce il 12% circa della popolazione mondiale. Per il 70% dei pazienti gli attacchi sono invalidanti, e il 58% di loro vive nella paura costante che il dolore ritorni. Eppure solo il 37% considera questo disturbouna vera e propria patologia. Anche per questo il 41% di chi ne soffre si rivolge al medico più di un anno dopo il primo episodio, e il tempo medio per arrivare alla diagnosi raggiunge anche i sette anni. Sono alcuni dei dati comunicati recentemente dal Censis, base per un incontro a tema che si è svolto a Milano.
«L’emicrania è una delle malattie più diffuse al mondo, e una delle più disabilitanti – conferma Piero Barbanti, direttore dell’Unità per la cura e la ricerca su cefalee e dolore dell’Irccs San Raffaele Pisana di Roma –. Al mondo sono più di un miliardo le persone che ci convivono ed è la seconda causa di disabilità a livello globale. Questo fa comprendere quanto sia importante parlarne e quanto siano necessarie migliori opzioni di trattamento e gestione. Oggi valutiamo l’eccezionale opportunità offerta dai nuovi anticorpi monoclonali in arrivo».
In effetti l’emicrania può essere combattuta e prevenuta in modo più efficace. Se circa il 50% degli emicranici ha finora tenuto sotto controllo il disturbo con l’assunzione di medicinali da banco, ora sul mercato è disponibile una nuova classe di farmaci che, secondo gli studi, sono efficaci nel ridurre la frequenza degli attacchi: si tratta degli anticorpi monoclonali che inibiscono il Cgrp (peptide correlato al gene della calcitonina). Uno di questi è fremanezumab, approvato nel luglio scorso dall’Ema (Agenzia europea dei medicinali) e per il quale è stato avviato l’iter di approvazione dell’Aifa.
Somministrato per via sottocutanea, fremanezumab è disponibile per i pazienti tra 18 e 70 anni, in linea con i risultati della sperimentazione. È indicato come terapia preventiva per i pazienti che soffrono di attacchi per più di cinque giorni al mese, e ha la caratteristica di essere l’unico anti-Cgrp a offrire un regime di somministrazione mensile e uno trimestrale. Inoltre è efficace sia come monoterapia sia in combinazione con altri trattamenti preventivi. «È la più importante risposta alla malattia degli ultimi 60 anni – spiega Barbanti –. L’emicrania esige una soluzione preventiva, che oggi possediamo. È una svolta epocale e si è imboccata anche la strada giusta per la ricerca».
Teva Pharmaceutical, azienda produttrice del farmaco, ha presentato anche i risultati dello studio di fase 3b “Focus”, che ha coinvolto circa 800 pazienti, sia con emicrania cronica (più di 15 giorni di cefalea al mese) che episodica (meno di 15), tutti trattati per 12 settimane, dopo l’impiego senza successo di altre classi terapeutiche di farmaci. Dai risultati è emersa una riduzione significativa dei giorni di emicrania al mese. Un ulteriore studio a lungo termine ha rivelato in media una riduzione di oltre sei giorni di emicrania al mese. In particolare, il 60% dei pazienti con emicrania, sia cronica che è episodica, nell’ultimo mese di trattamento presentava una riduzione del 50% dei giorni con emicrania.
«Sono dati importanti – dice Bruno Colombo, direttore del Centro cefalee del Dipartimento di Neurologia all’Irccs ospedale San Raffaele – Università Vita-Salute di Milano –, considerato che per l’emicrania l’età più a rischio è quella produttiva, dai 15 ai 55 anni, ed è evidente la riduzione della qualità di vita in termini di socialità, lavoro, ruolo familiare. C’è poi l’aspetto legato al rischio di soffrire di depressione, stati d’ansia, disturbi del sonno e obesità».
La patologia interessa maggiormente le donne: 16%, contro il 5% dei maschi, quindi tre volte di più. Non a caso Teva Italia ha promosso la campagna “Il diritto di passare in testa”, realizzata in collaborazione con l’agenzia di comunicazione Value Relations e con l’obiettivo di sensibilizzare sul tema dell’emicrania attraverso la diffusione su canali digitali dei video di tre donne che raccontano le storie, o meglio le non-storie di chi, a causa dell’emicrania, non ha potuto raggiungere importanti obiettivi nella vita. Per esempio diventare la prima donna chef stellata, la prima presidente della Repubblica o la prima giocatrice di calcio a sollevare la Coppa del Mondo. L’obiettivo è sottolineare come l’emicrania, a differenza di quanto comunemente i pazienti credono, è una patologia che può fortemente condizionare la vita lavorativa, familiare e il tempo libero.
Redazione Nurse Times
Fonte: Farmacista33
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