Previste pene più severe e procedibilità d’ufficio. Il via libera definitivo dovrebbe arrivare entro qualche mese.
Pene che possono arrivare fino a 16 anni di carcere e procedibilità d’ufficio nei casi più gravi. I pazienti e i loro famigliari sono avvertiti: aggredire un medico o un infermiere molto presto potrebbe tradursi in una condanna pesante. Il Parlamento, dopo una frenata durata alcuni mesi, ha deciso di accelerare sul Ddl sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie, varato in Consiglio dei ministri a settembre 2018 dal primo Governo Conte e approvato in Senato un anno dopo.
Il provvedimento è il secondo dopo la conversione in legge del Decreto mille proroghe, in calendario per l’aula della Camera a febbraio. Domani si comincerà con le prime otto di una quindicina di audizioni che si concluderanno la prossima settimana. Il via libera definitivo potrebbe dunque arrivare nel giro di qualche mese, al massimo entro la primavera. Anche perché, a fronte di un nuovo rallentamento, il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha pronto nel cassetto un decreto legge.
L’urgenza, del resto, non manca. Dopo il boom di aggressioni dell’anno scorso, anche il 2020 si è aperto con una nuova escalation: dall’autoambulanza sequestrata a Napoli a Capodanno fino agli episodi dei giorni scorsi (medico e infermieri aggrediti a Salerno venerdì scorso e tre infermieri picchiati, con tanto di coltello brandito, il giorno dopo all’ospedale San Giovanni Addolorata di Roma). Un’emergenza vera e propria (le aggressioni “ufficiali” conteggiate dall’Inail sono 1.200 l’anno, ma se ne stimano almeno il triplo, visto che molti non denunciano), che sarà raccontata addirittura in un film-denuncia che la Fnomceo presenterà alla Camera il prossimo 5 febbraio.
E proprio la Fnomceo, insieme alla Fnopi – metà delle aggressioni riguardano gli infermieri -, ha organizzato corsi di autodifesa: finora 110mila sanitari, tra medici e infermieri, lo hanno seguito. E se dal 15 gennaio le autoambulanze a Napoli montano le telecamere, nei pronto soccorso torinesi sono comparse guardie armate. «Contro le aggressioni al personale medico e sanitario serve una risposta convinta in tempi brevi – avverte la presidente della Commissione Affari sociali, Marialucia Lorefice (M5S) dove è all’esame il Ddl –. Si tratta di un primo passo, ma fondamentale per arginare il fenomeno. Le condizioni per dare subito il via libera ci sono già. Se si decidesse di modificarlo, naturalmente, andrà rispettata l’autonomia del Parlamento. La cosa fondamentale, comunque, è non allungare troppo i tempi: con o senza modifiche, il provvedimento va portato a casa il prima possibile».
Ma cosa prevede la legge che dovrebbe entrare in vigore entro la primavera? Il provvedimento, oltre a creare un Osservatorio sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie, con compiti di monitoraggio e di ricerca, prevede finora alcune modifiche al Codice penale. In particolare, all’articolo 583-quater, relativo alle lesioni gravi arrecate a pubblico ufficiale, si aggiunge un comma che prevede che si applichino le stesse pene anche alle “lesioni personali gravi o gravissime cagionate a personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria o a incaricati di pubblico servizio, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio presso strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche o private”.
Le pene consistono nella reclusione da quattro a dieci anni per le lesioni gravi, e da otto a sedici anni per le lesioni gravissime. Il Ddl aggiunge anche un’ulteriore circostanza aggravante a quelle già previste dall’articolo 61 del Codice penale, cioè “l’aver commesso il fatto con violenza o minaccia in danno degli esercenti le professioni sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”. Circostanze, queste, che fanno scattare anche la procedibilità d’ufficio. Non è escluso che ora, anche alla luce delle audizioni che cominciano domani, possano arrivare alcune modifiche. A cominciare da quelle di cui si era già parlato, cioè la tutela anche per altri operatori sanitari (come i veterinari) e anche al di fuori delle strutture sanitarie (come in occasione delle visite a domicili).
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Sole 24 Ore
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