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Coronavirus, Policlinico Umberto I di Roma: l’Aadi denuncia la mancanza di presidi medico-chirurgici protettivi e di protocolli per l’approccio ai pazienti.

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La tesi AADI sul pagamento della tassa all’ordine (OPI) a carico dell'azienda era giusta
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L’Associazione avvocatura diritto infermieristico ha indirizzato la seguente diffida al Prefetto e al direttore generale dell’Azienda ospedaliera.

La scrivente Associazione tutela il diritto del lavoro e della salute degli Infermieri sul territorio italiano. In questo nosocomio i coordinatori infermieristici, in preda al panico, si sono permessi di telefonare sui cellulari privati degli infermieri e di pretendere il rientro in servizio nonostante fossero in malattia con tanto di certificato medico della ASL.

In un caso, la coordinatrice, ha simulato una precettazione dicendo all’infermiere che era stato richiamato in servizio perché precettato. Questa infezione pare che venga troppo spesso sfruttata per giustificare abusi che però tuttora, la normativa sanziona e che non possono, quindi, essere tollerate altrimenti.

Sempre al Policlinico in indirizzo, il 5 c.m., a seguito di un caso di positività in neurologia B, sono stati chiamati gli infermieri che avrebbero dovuto iniziare il turno successivo per informarli che avrebbero dovuto sospendere il servizio di assistenza e isolarsi in casa; tutto ciò telefonicamente e senza assumersi alcuna responsabilità, tanto che non è neppure possibile tracciare l’origine di tale disposizione d’ufficio. Stiamo considerando, nella fattispecie, soprattutto gli infermieri ed infermiere genitori con bambini piccoli o neonati ovvero con parenti conviventi anziani e particolarmente defedati o ad elevato rischio infettivo come i broncopatici, i cardiopatici, i diabetici e gli immunodepressi in genere; eppure da parte del governo si pretende esclusivo spirito missionario, dimenticando che questi sono professionisti.

Approfittando della dedizione degli infermieri, alcuni primari pretendono che detto personale broncoaspiri i pazienti senza indossare la mascherina, con ovvi rischi infettivi dovuti alla nebulizzazione delle particelle organiche potenzialmente infette nella zona di aspirazione. 07.03.2020 Prot. US101.20 Segreteria Nazionale C.F. 97761890587 Via Gesualdo Bufalino n. 12, scala C, int. 3 – 00139 Roma tel. 06.8818274 – 3288387220 www.aadi.it – [email protected][email protected] 2 In clinica odontoiatrica sono state consegnate solo 5 mascherine FFP3 che dovrebbero durare per una settimana, nonostante nel servizio insistano 10 operatori che respirano la nebulizzazione dell’attività di fresa e di ablazione. Ridicolo!

Gli infermieri non sono carne da macello! Con la giustificazione del coronavirus si sta assistendo alla violazione sistematica e reiterata di diritti di natura costituzionale che interessano la dignità della persona e dei lavoratori. Nonostante ciò, questi professionisti continuano a prestare assistenza ai cittadini, a dimostrazione della loro professionalità ed abnegazione; ciò però non permette di gettarli, senza alcuna protezione, nel caos più totale.

Comunque, non si comprende per quale motivo le aziende ospedaliere stiano agendo nel silenzio più assurdo e senza lasciare traccia degli isolamenti imposti agli infermieri, né si comprende per quale motivo non aiutino le famiglie composte da genitori infermieri che, rientrati in servizio, non sanno a chi affidare i propri figli minori (considerando la frettolosa ed inopportuna chiusura delle scuole senza provvedere un sostegno sostitutivo).

Non si comprende neppure quale tipo di mascherine debbano indossare, quando debbano indossarle e per quanto tempo; fatto sta che le mascherine sono pochissime e vengono indossate fino a quando si lisano per la troppa umidità assorbita nella fase espiratoria. Per ultimo, appare contraddittorio impedire agli infermieri di indossare la mascherina FFP3 a scopo precauzionale perché allarmerebbe la cittadinanza, quando i mass-media non fanno altro che parlare anche a sproposito dell’infezione e, soprattutto, quando sui documenti informativi sanitari, per la prevenzione dell’infezione, vengono impresse immagini del tutto rasserenanti come quella qui sotto riprodotta.

Vertendosi in rapporto contrattuale, l’art. 2087 C.C. è da porsi in stretta relazione con la malagestio che state dimostrando, abbandonando il personale infermieristico a se stesso, senza linee guida e quindi in totale anarchia confusionale. L’art. 2087 C.C. impone al datore di lavoro di adottare le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

Non appare, a questa Associazione, che delle mascherine possano essere considerate presidi impegnativi ed esosi che non possono essere affrontati dalle amministrazioni pubbliche per tutelare la salute di chi sta offrendo la propria vita e le proprie capacità per il bene collettivo. Per tali motivi si invita chi di dovere a fornire, tempestivamente, tali mezzi di protezione. Invito, pertanto, chi di dovere ad istruire un tavolo tecnico per emanare direttive organizzative specifiche, utili a sostenere, di volta in volta, il personale profuso in prima linea alle cure dei pazienti infettati e bisognosi di assistenza. Naturalmente questa Associazione si rende disponibile a tal fine.

Il dirigente – dott. Carlo Pisaniello

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