Riceviamo e pubblichiamo un comunicato a firma degli infermieri anti-Covid non appartenenti al Grande Ospedale Morelli.
Opi Reggio Calabria ha diffuso un articolo sulle principali testate giornalistiche (VEDI), in cui si fregia di aver elargito un bonus di € 100,00 sotto forma di buoni spesa, a tutti gli infermieri iscritti “impegnati sul fronte anti Covid-19” (citiamo testuali parole). Una dichiarazione tendenziosa e poco obiettiva, in quanto a usufruire di tale benefit sono SOLO gli infermieri appartenenti all’ala Covid del Grande Ospedale Melacrino Morelli (G.O.M.) di Reggio Calabria.
Si tratta, dunque, di una sorta di “bonus aziendale” per un totale di € 10.000, non corrisposto dalla direzione del G.O.M., bensì dal nostro Ordine. C’è da precisare che vi sono altri professionisti che prestano servizio in altre unità anti-Covid della regione Calabria o in Sicilia (mettendo in atto enormi sacrifici, considerati i disagi inerenti le corse limitate delle navi, ecc.) o nelle zone del Nord Italia ad altissimo rischio epidemiologico. Ma ecco la risposta del consiglio direttivo: “Non conosciamo altri centri Covid fuori dal G.O.M.”.
Uno schiaffo morale per questa categoria di iscritti, che si sentono professionisti di serie B, indignati peraltro dalle risposte fornite pubblicamente dai rappresentanti dell’Opi, i quali, invece di esprimere riconoscenza per l’impegno profuso, non dimostrano rispetto alcuno, come si evince dalla conversazione su indicata. Una laureata in infermieristica viene definita in modo sornione “cara”, e non con il titolo che le compete.
I colleghi che stanno tenendo alto il nome della Calabria, operando in prima linea oltre confine, vengono invitati, in modo sprezzante, a cambiare Ordine. Peccato che ciò non sia previsto per gli incarichi a tempo determinato. Inoltre, per ottenere predetto trasferimento, è necessaria la residenza fuori della provincia di Reggio Calabria.
Sono degni di menzione anche gli infermieri che operano a bordo delle ambulanze Siem 118, fortemente a rischio, i quali effettuano trasporti di pazienti positivi senza appropriati sistemi di biocontenimento. Altri operano nelle tende pre-triage, nelle unità mobili per l’esecuzione domiciliare di tamponi, in pronto soccorso, nelle U.O. di altri ospedali, nelle Rsa con pazienti Covid, sempre a rischio, e soventemente con DPI esigui o inadeguati.
Decine le lamentele e le rimostranze espresse sulla pagina social ufficiale. In un contesto come questo, in cui ci sentiamo poco tutelati dai nostri contesti lavorativi, con turni di lavoro massacranti per carenza di personale, carenza di DPI, in cui non vi sono tamponi disponibili per noi, ci sentiamo offesi da questa “disparità”.
Sarebbe auspicabile, in futuro, un po’ di trasparenza nella diffusione delle informazioni e una maggiore presa di coscienza da parte dell’Ordine. Comprendiamo i vincoli di bilancio, ma i benefit andrebbero corrisposti a tutti gli interessati, non ai dipendenti di un’unica azienda sanitaria, anche in forme diverse, quali una riduzione della quota annuale o la distribuzione di dispositivi di protezione individuale o l’esecuzione dei test sierologici (ad oggi a pagamento).
Redazione Nurse Times
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