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Decreto Rilancio, Marcello Bozzi (Androposan): “Buona base di partenza, ma qualche dubbio sulla priorità degli interventi”

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Decreto Rilancio, Marcello Bozzi (Androposan): "Buona base di partenza, ma qualche dubbio sulla priorità degli interventi"
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Le riflessioni del segretario dell’Associazione nazionale dirigenti professioni sanitarie in una lettera inviata a Qutidiano Sanità.

Il Decreto Rilancio stimola molte riflessioni. Gli sviluppi ipotizzati per il potenziamento dei servizi territoriali e domiciliari appaiono importanti, con qualche dubbio e perplessità circa la priorità degli interventi:

• di grande interesse la possibilità di recuperare spazi adeguati per l’ospitalità di persone in isolamento e sorveglianza sanitaria, nei casi di inadeguatezza del proprio domicilio;
• sicuramente importante l’investimento in attrezzature per il monitoraggio della saturimetria delle persone delle persone arruolate, anche da remoto;
• di grande valore il potenziamento dell’assistenza infermieristica sul territorio (8 infermieri ogni 50.000 abitanti) per lo svolgimento delle attività al momento previste per le USCA, per 12 ore al giorno (così sembra di intendere… pertanto con la contestuale sospensione delle strutture attivate con il DL 14/2020?). La necessità è di 9.600 infermieri. Difficile da comprendere la contrattualistica (co.co.co.) e il periodo limitato (15 maggio / 31 dicembre 2020), come se i problemi di presa in carico legati alla cronicità, fragilità e disabilità terminassero a fine anno 2020!

Pochi o tanti è difficile da dire! Dipende dalla caratterizzazione e specificità degli interventi richiesti e anche dal contesto. A titolo esemplificativo per un servizio da garantire in una città metropolitana di 1.000.000 di abitanti vengono previsti 160 infermieri (65 mattino e 65 pomeriggio). In una Regione di 1.500.000 abitanti 240 infermieri (90 al mattino e 90 al pomeriggio).
 
Sicuramente una buona base di partenza, da adeguare sulla base dell’analisi dei contesti operativi e dei reali volumi di attività, comunque da raccordare ed integrare con le altre strutture territoriali e domiciliari (potenziare con il nuovo senza rivedere l’organizzazione del “vecchio” generalmente non funziona!). Parallelamente, senza entrare nei dettagli legati allo status “convenzionamenti/dipendenti”, e pur comprendendo le diverse realtà distributive sul territorio, va ripensato il sistema delle Cure Primarie (nei fatti e non solo a parole), a partire dall’integrazione totale dei MCA.

Prima di prevedere il potenziamento dei posti letto in T.I. e S.I. probabilmente è necessario ripensare la rete ospedaliera, a partire dalla comparazione tra reale e atteso, con riferimento al DM 70/2015, tenendo anche conto che l’evoluzione scientifica, tecnologica e metodologica ha cambiato radicalmente i percorsi ed i processi diagnostici, clinico-assistenziali e riabilitativi, non paragonabili con i sistemi “passati”, ancora resilienti.

In un precedente contributo su QS evidenziavo un eccesso di 600 strutture rispetto agli standard definiti dal DM 70/2015 (rapportati al valore massimo), senza considerare il privato accreditaato che dovrebbe invece essere parte integrante dello stesso standard (dati: elaborazioni da annuario statistico 2019 – ministero della Salute). Inoltre, sempre con riferimento agli standard citati, risultavano eccedenti 14 strutture di terapia intensiva, 35 di malattie infettive e 22 di pneumologia.

Indubbiamente l’esplosione dell’epidemia ha evidenziato una forte necessità di posti letto di area critica (per quella precisa fase). La previsione di aumentare 3.500 posti letto di terapia intensiva e di 4.225 posti letto di semintensiva… con la possibilità di trasformazione del 50% degli stessi (3.018) in terapia intensiva (pertanto con tecnologie presenti e disponibili, quindi da utilizzare in una modalità “a rotazione” con le altre un uso ordinario, ad evitare obsolescenze e malfunzionamenti da mancato utilizzo), lascia perplessi e pone diversi problemi:

• si affronta solo un pezzo del problema, senza considerare l’intero SSN;
• può andare bene il ripensamento dei posti letto (intensivi e semintensivi), ma in una logica di progetto, anche di tipo disciplinare, tenuto conto delle complessità chirurgiche di oggi e delle evoluzioni che hanno interessato la clinica interventistica e le aumentate complessità internistiche;
• prevedere solo implementazioni, andando dietro alla singola emergenza, potrebbe risultare di difficile attuazione (a partire dagli aspetti strutturali e dalle necessità di risorse assistenziali) e poco sostenibile.
• non si tiene conto delle risorse necessarie (da subito) per consentire il funzionamento delle strutture, quantificate in circa 17.000 infermieri e 3.000 medici specialisti.

Visti i risultati raggiunti e la grande flessibilità e professionalità dimostrata da tutti, anziché pensare ad aumenti strutturali di posti letto intensivi e semintensivi, potrebbe risultare interessante la previsione di spazi liberi, in ogni ospedale HUB, con attrezzature disponibili, da attivare in caso di bisogno, per i setting assistenziali necessari, con personale addestrato a lavorare insieme (formazione ECM) sull’emergenza.

Per un sistema davvero universalistico, equo e solidale, bisogna prima ripensare il sistema, anche rivedendo il DM 70/2015, correggendo le criticità riscontrate e, a seguire, prevedere gli eventuali adeguamenti (sia come implementazioni, sia come razionalizzazioni), tenuto conto dei nuovi bisogni della popolazione e delle nuove esigenze di funzionamento delle strutture.

Ha un senso la previsione di 4 strutture movimentabili di 150 posti letto ciascuna, da rendere operative in occasione di eventuali picchi emergenziali (o di catastrofi?), ma va chiarita la tipologia dei servizi erogabili e le caratterizzazioni e le specificità clinico-assistenziali, i ruoli e le responsabilità dei professionisti coinvolti, a tutela e garanzia degli stessi e, prima ancora, degli utenti.

E’ necessario ripensare il sistema residenziale, a partire dalla revisione dei criteri autorizzativi (strutturali, tecnologici, organizzativi e di personale), uniformi per il pubblico e per il privato, e ad una chiara definizione di ruoli e responsabilità, compresi i requisiti curricolari per l’accesso.

Redazione Nurse Times

Fonte: Quotidiano Sanità

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