Il lavoro di medici e specializzandi sardi evidenzia come, dall’esordio della pandemia, molte osservazioni cliniche e report scientifici suggeriscono eventi avversi di natura trombotica e tromboembolica in soggetti affetti da Covid-19.
Uno studio che può fornire una sorta di roadmap pratica ai clinici impegnati nella gestione dei malati di coronavirus, così da indicare loro le possibili interazioni farmacologiche conosciute e guidare nella scelta della migliore strategia anticoagulante. È il lavoro messo in campo dei medici e specializzandi della Clinica Cardiologica di Sassari, che nei giorni scorsi è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale European Heart Journal – Cardiovascular Pharmacotherapy. La pubblicazione riguarda la gestione ottimale della terapia anticoagulante nei pazienti affetti da Covid-19.
Lo studio mette in evidenza che, dal momento dell’esordio della pandemia, si sono moltiplicate le osservazioni cliniche e i report scientifici che suggeriscono che in molti soggetti affetti da Covid-19 si verifichino eventi avversi di natura trombotica e tromboembolica. Nei casi più gravi si è verificata una coagulazione intravascolare disseminata.
“Riteniamo che il nostro pur piccolo contributo alle conoscenze sulla malattia da Covid-19 – afferma Guido Parodi, direttore della struttura – possa essere un supporto per i colleghi che si trovano a dover prendere decisioni cliniche importanti su pazienti critici e complessi come quelli affetti da Covid-19. Uno studio in cui figurano come coautori anche in medici specializzandi, a testimonianza del profilo scientifico della Scuola di specializzazione in Malattie dell’apparato cardiovascolare dell’Università di Sassari”.
Gli specialisti sottolineano che ancora sono sconosciuti e oggetto di studio i numerosi meccanismi che stanno alla base delle complicanze della malattia. Un ruolo importante sembra giocarlo la reazione infiammatoria sistemica indotta dal virus, che potrebbe provocare un danno a carico delle cellule che rivestono la parete dei vasi sanguigni, favorendo i fenomeni trombotici. A ciò si aggiunge, molto spesso, la stasi del circolo, che interessa soprattutto soggetti in condizioni cliniche critiche con scarsa o nessuna capacità di mobilizzazione.
Tra i pazienti più vulnerabili ci sono soggetti già affetti da patologie cardiovascolari, con cardiopatia ischemica, fibrillazione atriale e scompenso cardiaco, i quali già in condizioni normali possono aver bisogno di trattamenti con farmaci anticoagulanti. Il problema è emerso con prepotenza negli ultimi due mesi, a seguito della necessità di dover trattare i pazienti per l’infezione virale.
“Molti dei farmaci comunemente impiegati contro il Covid-19 e inseriti nei protocolli di trattamento internazionali – spiega Parodi – presentano pericolose interazioni con i farmaci anticoagulanti di comune impiego nella pratica clinica, rendendo necessarie sospensioni di trattamenti cronici. Risultati incoraggianti arrivano dall’impiego delle eparine, in particolare di quelle a basso peso molecolare”.
Dati clinici preliminari e ipotesi mutuate dalle attuali conoscenze della farmacologia di queste molecole sembrano suggerire una buona efficacia in termini di anticoagulazione, con un buon profilo di sicurezza derivante dalle scarse interazioni con gli altri farmaci impiegati contro il Covid-19. Inoltre l’eparina potrebbe avere un’utile azione antinfiammatoria.
“Questo lavoro – conclude Parodi – ha per noi un’importanza anche simbolica perché dimostra la risposta e la reazione della Cardiologia sassarese, che lavora per far fronte ai bisogni assistenziali del territorio senza mai trascurare la ricerca scientifica. Attività che rappresenta una mission della nostra Azienda, oltre che un faro in momenti come quelli che stiamo vivendo”.
Redazione Nurse Times
Fonte: InSalute News
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