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Coronavirus, tempesta citochinica può influenzare severità dei casi

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Coronavirus, tempesta citochinica può influenzare severità dei casi
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Può farlo attraverso la conta delle cellule T. Lo rivela uno studio cinese.

La tempesta citochinica indotta dall’infezione da SARS-CoV-2 potrebbe influenzare la severità dei casi di Covid-19 attraverso la riduzione della conta delle cellule T, stando ai risultati di uno studio cinese pubblicato su Frontiers in Immunology. Lo studio, indirettamente, avvalora le terapie attualmente sperimentate per spegnere la tempesta citochinica (inibitori recettoriali di IL-6) e individua nei pazienti con conta ridotta di linfociti T la popolazione target per questa tipologia di pazienti.

Razionale e disegno dello studio – Lo studio ha preso le mosse dall’osservazione che i pazienti cinesi affetti da Covid-19 mostrano un numero significativamente ridotto di cellule T e che le conte rilevate correlano negativamente con la severità di malattia. Considerando il ruolo centrale delle cellule T nella risposta contro le infezioni virali, soprattutto nei primi stadi di infezione, quando gli anticorpi non sono ancora “pronti”, i ricercatori si sono proposti di studiare i fattore responsabili della riduzione delle cellule T nei pazienti con Covid-19, e di mettere a confronto l’espressione dei marker di alterazione funzionale di queste cellule rilevata nei casi confermati di malattia rispetto ai controlli.

A tale scopo sono stati analizzati i dati relativi a 522 pazienti residenti a Wuhan, epicentro della pandemia, aventi un’età compresa da 5 giorni a 97 anni e ospedalizzati nella città cinese. Inoltre, è stato reclutato un gruppo di controllo, costituito da 40 volontari sani tra quelli che si erano recati in ospedale nel periodo iniziale della pandemia per effettuare esami clinici di routine. Nello specifico, sono state passate in rassegna le cartelle cliniche di questi pazienti, insieme ai risultati di laboratorio, alle radiografie e alle TAC polmonari di tutti i pazienti con Covid-19, come pure le schede di controllo relative ai volontari sani. Inoltre, sono stati effettuati prelievi di sangue periferico da 14 pazienti con Covid-19 e tre volontari sani, finalizzati all’isolamento di cellule mononucleari del sangue periferico (PBMC) per l’esecuzione di test aggiuntivi.

Risultati principali – Dai dati relativi a 499 pazienti (su 522) è emerso che il 76% di questi mostrava conte di cellule T totali  (CD4+ e CD8+) significativamente più basse. In particolare, erano i pazienti in terapia intensiva a presentare conte di cellule T significativamente ridotte rispetto a quelli non ospedalizzati in questo reparto, come pure i pazienti aventi un’età superiore a 60 anni. E’ stato anche osservato che conte di cellule T totali, CD8+ o CD4+ inferiori, rispettivamente, a 800, 300 o 400 cellule/l, correlavano negativamente con la sopravvivenza dei pazienti.

Le conte di cellule T sono risultate associate negativamente con il livelli sierici di IL-6 e IL-10 e con le concentrazioni di TNF-alfa, mentre nel periodo di risoluzione della malattia i pazienti hanno mostrato una riduzione delle concentrazioni di IL-6, IL-10 e delle concentrazioni di TNF-alfa, nonché un ripristino delle conte di cellule T. Da ultimo, le cellule T dei pazienti con Covid-19 hanno mostrato anche livelli elevati di espressione del marker di alterazione funzionale PD-1. A tal proposito i ricercatori hanno sottolineato che le cellule T sopravvissute erano alterate dal punto di vista funzionale nei pazienti con Covid-19 e non potevano funzionare a pieno regime.

Riassumendo – Lo studio ha dimostrato che le cellule T sono generalmente deplete e funzionalmente alterate nei pazienti con Covid-19, soprattutto nei casi severi. Inoltre suggerisce che SARS-CoV-2 non attacca direttamente le cellule T, mentre stimola il rilascio di citochine, che guida successivamente la deplezione e l’alterazione funzionale delle cellule T (responsabili della maggiore vulnerabilità all’infezione secondaria. Sono ora necessari nuovi studi che si focalizzino su una più stretta fenotipizzazione delle cellule T, al fine di scoprire la loro vulnerabilità e il loro effetto sulla malattia, insieme all’identificazione di farmaci in grado di determinare il recupero del numero di cellule T e la stimolazione della loro funzione.

Redazione Nurse Times

Fonte: PharmaStar

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