Il farmaco, che aveva mostrato possibili benefici nella cura del Covid-19, suscita ora molte perplessità in fatto di sicurezza.
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha annunciato la decisione di sospendere i test sull’uso della idrossiclorochina per il trattamento del Covid-19, manifestando preoccupazione per la sicurezza. Il farmaco, il cui brevetto è scaduto, viene utilizzato per l’artrite reumatoide e aveva mostrato possibili benefici nel combattere il virus, tanto da essere usato diffusamente come terapia compassionevole in assenza di una medicina specifica.
Nei giorni scorsi il presidente americano Donald Trump aveva dichiarato di utilizzare il farmaco come prevenzione contro il coronavirus, attirando furenti critiche della comunità scientifica, che ricorda gli effetti collaterali associati al farmaco. Ora il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, precisa che l’organizzazione ha sospeso “temporaneamente”, in via precauzionale, gli esperimenti clinici sull’uso della idrossiclorochina in corso con i suoi partner in diversi Paesi.
La decisione fa seguito alla pubblicazione venerdì scorso nella rivista Lancet di uno studio secondo il quale il ricorso alla clorochina e ai suoi derivati, come appunto la idrossiclorochina, nel trattamento del Covid-19 è inefficace quando non dannoso. Lo studio è stato giudicato “confuso” dall’infettivologo francese Didier Raoult, tra i pionieri nell’uso della idrossiclorochina, che ha affermato di voler continuare con questo metodo nell’ospedale per le malattie infettive di Marsiglia, dove lavora.
In Italia l’utilizzo dell’idrossiclorochina, sia nella prima fase della malattia da Covid-19 sia nei casi sospetti, e anche come profilassi, ad esempio da parte di medici e infermieri, è diffuso nella medicina di base e in alcuni reparti ospedalieri. Le diverse esperienze vengono condivise in una chat su WhatsApp, dove sono iscritti perlopiù medici di base, ma anche di ospedali, specializzati in diverse branchie della medicina. Sono circa 200, molti di loro lombardi.
“Ho supportato i medici di base in chat, condividendo l’esperienza ospedaliera – spiega Valentino De Filippis, anestesista rianimatore dell’Esercito Italiano, in servizio per supporto dall’ospedale militare di Milano, a Lodi, dal 4 marzo –. Nel reparto di terapia sub-intensiva dell’ospedale di Lodi abbiamo utilizzato idrossiclorochina, azitromicina ed eparina fin dai primi giorni. I dati raccolti andranno analizzati. In tutta Italia il protocollo è stato lo stesso, con uso differito di cortisonici. L’idrossiclorochina non ha dato problemi. Certo vanno monitorati i pazienti con problemi cardiologici, ma dissento che possa aumentare il rischio di morte in malati Covid. Anzi, se non ci fosse stata, avremmo avuto sicuramente più morti”.
Anche Giulio Mercandalli, chirurgo vascolare all’Istituto Sant’Ambrogio di Milano, racconta di aver “supportato a molti medici di base” sulla base “di quanto fatto in ospedale”. E aggiunge: “Per la profilassi trombotica da ipercoagulazione abbiamo usato l’eparina, l’idrossiclorochina a casa e, nei primi stadi della malattia, appare al momento la più funzionale. Dire che aumenti il rischio di morte a prescindere è errato. Dà problemi in caso di patologie cardiologiche pregresse. Servirà uno studio per validare i protocolli. A ogni modo la si prendeva per andare alle Maldive e nessuno faceva il cardiogramma prima”.
Oltre ai medici in chat, altri professionisti hanno raccontato del medesimo protocollo in uso negli ospedali. Tra loro Filippo Crivelli, direttore della Struttura complessa di Anatomopatologia dell’Asst Valle Olona (Varese) e rappresentante lombardo di Siapec (Società Italiana di Anatomia Patologica): “Accertata la presenza di micro trombi in polmoni, rene, fegato e cervello, abbiamo capito la reazione immunitaria scatenata dal virus nell’organismo e abbiamo iniziato a somministrare anche l’idrossiclorochina. Questa ha anche una funzione preventiva e i medici di base hanno fatto molto bene a usarla. Perché venga validata serviranno i trial clinici”.
Infine Paolo Viganò, direttore del dipartimento di Infettivologia dell’ospedale di Legnano (Milano): “L’idrossiclorochina funziona sull’aspetto infiammatorio, che in questa malattia è quello prevalente. Lo abbiamo usato sotto la nostra responsabilità e sembra che funzioni. Di fatto ha salvato migliaia di persone dalla malaria e viene assunta dai malati di artrite reumatoide. Alcuni infermieri e medici del mio ospedale la assumono come profilassi, scelta che non comprendo senza una validazione”.
Redazione Nurse Times
Fonte: la Repubblica
Aggiornamenti in tempo reale sull’epidemia in Italia
Aiutateci ad aiutarvi
Lascia un commento