Rilanciamo la storia della signora Piromallo, bolognese di 82 anni, che ha sconfitto il Covid-19 in due distinte occasioni.
Nonna Paola, 82 anni, ha sconfitto il coronavirus per ben due volte. Lo ha preso sia in aprile che in ottobre e in entrambi i casi è riuscita a uscirne negativa. La voce è squillante, l’umore è alto, lo spirito è forte. Anche se il marito Nicola, al quale è legata da 65 anni, sta ancora combattendo col coronavirus in un altro ospedale.
In totale, la signora Paola Piromallo, bolognese di nascita ma di nobili origini napoletane, è stata ricoverata due mesi e mezzo, e lo è tuttora per la convalescenza: 25 giorni tra aprile e maggio al Sant’Orsola e a Villa Laura, per il primo contagio, e adesso altri 45 già fatti, dal 18 ottobre, tra Sant’Orsola, Castiglione de’ Pepoli e clinica Gruppioni. Non bastasse, la nonna bionica ha dovuto guarire anche da due fratture alle braccia in primavera e adesso al bacino. Un calvario che lei minimizza, un po’ spavalda: “Dopo tanto peregrinare sto bene e, devo dirle la verità, non mi sono nemmeno accorta di aver avuto la polmonite bilaterale”.
Prima ondata, primo contagio: “Ero stata al Pronto Soccorso del Maggiore una notte e poi ricoverata al Rizzoli per la frattura di braccio e spalla in seguito a una caduta. Probabilmente il virus l’ho preso lì, perché una volta tornata a casa, dopo alcuni giorni, ho avvertito un po’ di fiato corto. Ma niente di che: quando al Sant’Orsola mi hanno detto che ero positiva pensavo si fossero sbagliati, che avessero confuso i tamponi. Praticamente il primo Covid è stato asintomatico”.
Seconda ondata, secondo contagio: “Pensavo di essere immune, dicevano che almeno per sei mesi avrei potuto stare tranquilla e invece dopo neanche cinque il virus mi ha beccata un’altra volta. E non avevo avuto comportamenti azzardati: sempre con la mascherina. Ho passato un’estate tranquilla poi il giorno di San Petronio, 4 ottobre, a un pranzo famigliare c’è stato il nuovo contagio: dopo quattro giorni hanno ricoverato il mio consuocero, dopo dieci mio marito e infine io. Tre su sette a tavola. Dopo è toccato anche alla badante”.
La seconda volta il Covid ha colpito più duro: “Febbre a 40, il medico di famiglia mi dice di prendere la tachipirina e aspettare, ma io mi sentivo di tirare gli ultimi e mia figlia ha insistito per mandarmi il 118. Al Sant’Orsola, al padiglione 25, c’era anche mio marito. Quando ci siamo sposati avevo 17 anni e non ero mica in stato interessante, sa? Era proprio amore. Poi, cosa vuole, dopo 65 anni l’amore non sappiamo neanche più cos’è, ma ci vogliamo bene e stiamo ancora insieme. Fino ai quarant’anni ero impiegata alla Mutua poi mi sono appassionata alla filatelia. Mio marito ha lavorato giorno e notte per permetterci di condurre una vita senza problemi. Abbiamo anche la casa a Cattolica…”.
Al Sant’Orsola, pur ricoverati in stanze diverse, gli infermieri si davano da fare per riuscire a farli incontrare: “Per me non ho mai avuto paura, per mio marito sì e ne ho ancora. E’ stato anche in fin di vita, ora pare che lo abbiano ripreso per i capelli, speriamo bene. Ci sentiamo al telefono, quando se la sente. E ogni giorno alle 13 chiamo i medici di Villa Erbosa, dov’è ora, per farmi raccontare”.
Nell’ospedale di Castiglione de’ Pepoli ha accusato uno svenimento e cadendo si è fratturata il bacino: “Devo ringraziarli tutti davvero di cuore per l’assistenza, dal primario Paninuccio a tutti i medici, gli infermieri, gli inservienti e i cuochi. Corrono dalla mattina alla sera eppure trovano sempre il tempo per scambiare due parole, fare una battuta, tirar su di morale i pazienti. Mi hanno tanto aiutata. Anche a restare di buonumore nonostante tutto. Le giornate sono lunghe in un letto. Mi meraviglio io stessa del mio spirito. Telefono ad amiche e parenti, leggo, sto molto tempo al telefono con il figlio di mia nipote, il mio pronipotino Lorenzo di dodici anni: è la ragione della mia vita. Mi fa tante domande sul passato, è curioso, poi controlla su internet se è vero quel che dico… Secondo me diventerà un giornalista. Grazie a lui sono tornata a pensare, a meditare. Ho tirato fuori dei ricordi da cassetti della memoria che non aprivo più, ho scoperto di avere un computer in testa: quel che cerco, trovo”.
L’obiettivo, adesso, è Natale: “Mi sento bene, riposata, ma mi dicono che la degenza sarà pesante. Affronteremo anche quella, cosa vuole che le dica… Speriamo di passare il Natale in famiglia a casa, tutti insieme”.
Redazione Nurse Times
Fonte: la Repubblica
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