Dal progetto TG-real emerge che aumentano il rischio di sviluppare eventi aterosclerotici e mortalità per tutte le cause già a partire da 150 mg/dl.
Lievi innalzamenti dei trigliceridi, già a partire dai 150 milligrammi per decilitro (mg/dl), aumentano il rischio di sviluppare eventi aterosclerotici e mortalità per tutte le cause, anche in una popolazione a lieve-moderato rischio cardiovascolare.
E’ quanto emerge TG-real, studio epidemiologico mondiale sui trigliceridi recentemente pubblicato sul Journal of American Heart Association (JAHA) e realizzato con il contributo non condizionato di Alfasigma. I risultati suggeriscono che è fondamentale tenere sotto controllo questi livelli e che adottare uno stile di vite sano, seguendo un’appropriata alimentazione e svolgendo un’adeguata attività fisica, riduce questo rischio. Quando le misure adottate non sono sufficienti e diventa necessario assumere farmaci, sono oggi disponibili i fibrati e gli acidi grassi omega-3.
Lo studio ha preso in considerazione un gruppo di circa 158mila soggetti. I pazienti, che al momento della prima osservazione non presentavano patologie di rilievo, sono stati seguiti per oltre tre anni allo scopo di monitorare l’eventuale comparsa di complicanze, come ad esempio un ricovero per infarto acuto del miocardio. La ricerca, condotta con metodo innovativo, si è basata sulla messa in comune di informazioni che derivano dalle schede dei ricoveri ospedalieri, dalle informazioni sulla dispensazione dei farmaci, dai dati in possesso dei medici di famiglie e dei laboratori di analisi.
“Abbiamo impiegato tre anni a concludere questo studio – dichiara Marcello Arca, professore associato del Dipartimento di Medicina traslazionale e di precisione all’Università La Sapienza di Roma e capofila dello studio multicentrico –. Questo studio ha dimostrato che su una vasta popolazione italiana a basso-moderato rischio cardiovascolare, i livelli di TG tra 150 e 500 mg/dL sono associati a un aumento significativo di eventi cardiovascolari e mortalità, e che questi valori si riscontrano nel 10% della popolazione indagata. Lo studio è importante per due motivi. Il primo è che ha dimostrato come l’ipertrigliceridemia possa aumentare la probabilità di un soggetto di andare incontro alle malattie ischemiche causate dalla aterosclerosi. Il secondo è che questa osservazione è stata compiuta in un grande gruppo di soggetti, ben 158 mila, che non presentavano patologie particolari e quindi potevano essere definiti a basso rischio”.
Lo studio TG-real ha evidenziato per la prima volta la correlazione tra alti livelli di TG ed eventi aterosclerotici e mortalità per tutte le cause. Una correlazione che non era mai sinora stata indagata a sufficienza in pazienti a basso rischio cardiovascolare. Dallo studio è infatti emerso che valori di trigliceridemia superiore a 150 mg/dl fino a 500 mg/dl aumentano di circa due volte la probabilità di andare incontro alle malattie ischemiche legate alla aterosclerosi, come l’infarto acuto del miocardio e l’angina di petto, e di circa tre volte la probabilità di morire per tutte le cause.
Ma quali sono le principali cause e i fattori di rischio dei trigliceridi alti? “Al di là di alcune malattie genetiche che causano un aumento anche molto marcato dei trigliceridi – dice Arca –, la causa più frequente della ipertrigliceridemia è rappresentata dalla combinazione di fattori di predisposizione genetica con il sovrappeso, soprattutto quello che fa aumentare il giro vita, e un cattivo funzionamento dell’insulina. Una condizione che modernamente viene definita sindrome metabolica. Sappiamo che la sindrome metabolica ha tra le sue cause remote una dieta troppo ricca in calorie rispetto alle necessità e una ridotta attività fisica”.
Per evitare l’innalzamento dei trigliceridi occorre evitare l’aumento di peso e l’assunzione di una quantità di calorie maggiore di quelle necessarie. Un rischio ancora più probabile durante le feste natalizie, soprattutto se si è già sovrappeso o si soffre di malattie metaboliche, come il diabete. “Di fronte a un eccesso di peso si deve decidere – continua Arca –: o si interviene sul fronte delle entrate, riducendo la quantità di cibo, oppure si aumenta il dispendio energetico, incrementando il proprio livello di attività fisica. Il tutto sempre in modo graduale e controllato. Se tutto questo non è sufficiente ed è necessario usare farmaci, al momento quelli disponibili sono i fibrati e gli acidi grassi omega-3”.
E sul futuro: “I risultati dello studio suggeriscono per il futuro di includere sempre nella valutazione clinica dei nostri pazienti la misura della trigliceridemia, cosa che troppo spesso oggi viene trascurata e dimenticata a vantaggio della sola attenzione nei confronti della colesterolemia. La conoscenza dei valori della trigliceridemia può darci una guida e un indirizzo utile per migliorare gli interventi terapeutici e quindi la salute dei cittadini”.
Redazione Nurse Times
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