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Elisabetta, studentessa di infermieristica “discriminata dall’Università per la mia disabilità”

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Elisabetta, studentessa di infermieristica "discriminata dall'Università per la mia disabilità"
foto IPP/Mario Romano Milano 16/4/2018 Inaugurazione Fuori Salone nella foto il cortile della statale Italy Photo Press-World Copyright
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La storia di Elisabetta Conte, studentessa del Corso di Laurea in infermieristica affetta da sclerosi multipla

Gentile Direttore di Nurse Times,

sono Elisabetta Conte, ragazza Cremasca di 21 anni.

Mi trovo a scrivere la presente per portare alla luce la mia storia e denunciare un’esperienza di discriminazione per la mia disabilità.

Spinta da una grande passione per le professioni sanitarie e dal sogno di diventare infermeria, dopo il conseguimento del diploma decidevo di iscrivermi alla facoltà di Infermieristica dell’Università Statale di Milano, sede di Crema. Dopo aver frequentato il primo anno di corso con ottimi risultati (e sostenuta da una borsa di studio), mi sono però trovata ad affrontare un ostacolo ben più grave degli esami universitari.

A ridosso dell’inizio del secondo anno di corso (2019/2020), ho cominciato infatti a manifestare gravi problemi di salute che mi hanno costretta a tre ricoveri ospedalieri, duranti i quali ho ricevuto la terribile diagnosi: Sclerosi Multipla.

Da settembre a dicembre 2019 sono stata impossibilitata a frequentare le lezioni del mio corso a causa dei ripetuti ricoveri ma soprattutto per lo stato di grave prostrazione fisica e mentale in cui mi sono trovata.

Ho provveduto immediatamente a segnalare e documentare la mia situazione al comparto Universitario ma, nonostante la mia ripresa nei primi mesi del 2020 e pur avendo maturato una frequenza pari al 100 % nel secondo semestre, al momento di sostenere gli esami di fine anno mi è stato negato l’accesso agli stessi per il numero di assenze superiore rispetto a quelle consentite.

Tale decisione, a mio avviso profondamente ingiusta, è stata resa ancor più grave dall’atteggiamento dell’Università: ho ripetutamente chiesto di avere degli incontri per illustrare la mia situazione e per capire come affrontarla ma nessun docente o responsabile del corso ha voluto ricevermi e nessuno mi ha offerto qualsivoglia tipo di supporto: l’unica soluzione propostami è stata quella di ripetere l’intero secondo anno di corso.

Solo grazie all’intervento di un legale sono riuscita ad ottenere l’ammissione agli esami del secondo anno, che ho affrontato a giugno 2020 con ottimi risultati. Dopo aver già svolto un mese di tirocinio a febbraio (con SM gia diagnosticata)  non ho potuto concluderlo nei mesi estivi, poiché ritenuta inidonea alla visita medica in quanto soggetto fragile che non poteva esporsi al rischio COVID. 

Non avendo potuto frequentare tale tirocinio, nel mese di settembre 2020 ho dovuto necessariamente reiscrivermi al secondo anno di corso – con conseguente perdita della borsa di studio che mi finanziava.

Temendo tuttavia di non poter completare il corso di studi per l’impossibilità di svolgere il tirocinio obbligatorio, visto l’andamento della pandemia, ho ritenuto di chiedere già all’inizio dell’anno scolastico se, nell’eventualità in cui a causa della mia situazione non fossi ancora stata ritenuta idonea, vi fosse una soluzione alternativa: ho chiesto nuovamente di potermi confrontare con un docente o con la responsabile del corso o con qualcuno che mi aiutasse a valutare la mia situazione. Purtroppo ancora una volta non ho riscontrato alcuna disponibilità. Ho quindi incaricato ancora una volta il mio legale di contattare l’università per chiedere se fosse possibile una qualsiasi altra alternativa.

Purtroppo l’unica possibilità che mi è stata concessa è stata di rimandare il termine del tirocinio al dicembre 2021, anziché settembre.

Tutto rimaneva però legato alla pandemia, senza misure alternative che tutelassero i soggetti fragili. A quel punto non potevo certo rischiare di frequentare l’università per un altro anno e di dover poi abbandonare tutto per impossibilità di svolgere il tirocinio: non ho avuto altra scelta quindi che abbandonare il corso di studi.

So bene che non potrò più pensare al futuro così serenamente come prima e che dovrò mettere al primo posto la mia diagnosi ma credevo fermamente di avere il diritto di portare a termine gli studi intrapresi con tanta passione e di poter ricevere un supporto alla mia fragilità. Considerando, soprattutto, che la diagnosi non esclude lo svolgimento della professione di infermiera, come invece mi hanno lasciato credere da parte dell’Università.

Non credo di dover spiegare la mia delusione per l’atteggiamento tenuto nei miei confronti. Basti pensare che, allorquando ho comunicato a tutti i soggetti interessati (rettore, direttrice del corso, responsabili del corso, ecc.) che visto che non avevo ricevuto nessun supporto mi vedevo costretta a rinunciare al corso di studio, l’unica risposta che ho ricevuto è stata dal Garante per la disabilità, che non ha potuto che rammaricarsi per la mia situazione.

Nessun cenno di risposta né dal Rettore né da altri.

Questa lettera non ha l’intento di denigrare l’istituzione universitaria, ma vuole unicamente richiamare l’attenzione su situazioni analoghe alla mia, in cui l’emergenza sanitaria ha aggravato ancor di più la già difficile situazione dei soggetti disabili, andando ad incidere su diritti costituzionalmente garantiti- nel mio caso il diritto allo studio- delle persone con fragilità.

Elisabetta Conte

La Redazione di NurseTimes rimane a disposizione dell’Università Statale di Milano per eventuale replica ([email protected]).

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