“A casa sarei peggiorata fino a morire, lo so che non vedrò più mio marito e mia madre e loro non vedranno più me, ma almeno avranno come ultimo ricordo il mio abbraccio”. Pubblichiamo la testimonianza di un infermiere del 118 di Lecce, che ha accompagnato in ospedale una paziente oncologica, contagiatasi in ospedale e ora postiva al Covid-19.
Ieri pomeriggio conosco una signora di 40 anni che mi racconta quello che gli è successo negli ultimi 30 giorni. “Sai non mi sentivo molto bene, allora ho eseguito degli esami ematici. Il mio medico dopo aver visionato il referto, mi consiglia il ricovero presso un reparto oncologico salentino, dove rimango ricoverata per circa 20 giorni e mi dicono che la mia diagnosi non è bella. Mi dimettono a domicilio in attesa di cominciare il trattamento radio-terapico. Dopo due giorni mi avvisano che nel reparto a stretto contatto con me ci sono stati dei casi di pazienti positivi al Covid, e mi consigliano di avvisare il mio medico curante per effettuare un tampone. Lo faccio dopo qualche giorno e scopro di essere positiva al Covid e insieme a me anche mia madre e mio marito”.
“Vi ho chiamato già stamattina e mi avete aiutato facendomi arrivare tramite il curante una bombola di Ossigeno. Ma dopo un po’ di beneficio iniziale la saturazione scende sempre di più fino ad arrivare all’ 85% , la febbre non scende, e quindi ho dovuto richiamarvi”.
Ci chiede di essere portata in ospedale. Abbraccia forte il marito e la madre e partiamo.
Arrivati in ospedale ci dice con voce sempre più affaticata: “Grazie e scusatemi, ma sono sicura che avete capito benissimo perché sono voluta venire con voi. A casa sarei peggiorata fino a morire, lo so che non vedrò più mio marito e mia madre e loro non vedranno più me, ma almeno avranno come ultimo ricordo il mio abbraccio.”
Elenio Cavalera , 118 Lecce
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