Merito di una ricerca dell’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche di Trieste (Cnr-Iom).
Grazie alle simulazioni numeriche sono state identificate un gruppo di molecole a bersaglio multiplo, in grado di legare con buona affinità sia l’enzima aromatasi sia il recettore estrogenico alfa (ERα), responsabili del cancro alla mammella, e di bloccare l’attività di entrambi. A identificarle una ricerca dell’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche di Trieste (Cnr-Iom), in collaborazione con l’Istituto nazionale dei tumori di Milano e l’Università di Bologna, pubblicata sull’European Journal of Medicinal Chemistry. I risultati sono frutto anche del sostegno di Fondazione Airc per la ricerca sul cancro a un progetto, recentemente concluso, volto a identificare una molecola adatte al trattamento di questo tumore.
“Si tratta di molecola molto interessante perché da un lato colpiscono preferenzialmente le cellule malate e dall’altro lato sono capaci di centrare due bersagli importanti per un particolare tipo di tumore al seno, quello positivo al recettore degli estrogeni (ER+) – spiega Alessandra Magistrato, del Cnr-Iom –. Se da queste molecole si otterrà un un solo prodotto, potrebbe essere possibile con un solo prodotto svolgere l’azione oggi indotta da due farmaci diversi, risolvendo allo stesso tempo i problemi posti dalla resistenza ed infine alcuni effetti collaterali”.
Nella ricerca sono già state identificate alcune molecole di cui è stata studiata la capacità di raggiungere i bersagli prescelti attraverso simulazioni al computer. In seguito le molecole sono state sintetizzate in laboratorio dai collaboratori dell’Università di Bologna e sono stati svolti in cellule in coltura nei laboratori dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. I risultati degli esperimenti hanno confermato quelli predetti dalle simulazioni informatiche. “È di particolare rilevanza – aggiunge Nadia Zaffaroni – la selettività delle molecole a doppia attività inibitoria rilevata qui all’Istituto, perché esse contrastano la proliferazione delle cellule tumorali ma non di quelle sane. In questo modo si potrebbero eliminare gli effetti tossici”.
La ricerca ha anche indagato il ruolo degli estrogeni. “Una volta prodotti, si legano al recettore ERα, attivandolo e stimolando la proliferazione cellulare – prosegue Magistrato –. Questi ormoni svolgono funzioni di fondamentale importanza nello sviluppo dei caratteri sessuali femminili, nel ciclo mestruale, nel rimodellamento delle ossa e, legandosi a ERα, danno alle cellule l’ordine di crescita. Per questo, se prodotti in concentrazione troppo elevata, possono determinare una crescita cellulare anomala e indurre o peggiorare un tumore al seno”.
Informazioni, queste, di fondamentale importanza per arricchire l’armamentario terapeutico contro il tumore al seno. Oggi, infatti, sono disponibili terapie efficaci che però non sono ancora in grado di risolvere tutti i casi e possono indurre effetti collaterali. Inoltre, dopo anni di somministrazione, in una percentuale di donne il tumore resistenze che rendono le terapie inefficaci.
“Alla base di questo fenomeno di resistenza ci sono alcune mutazioni somatiche, cioè piccole variazioni nel gene che codifica per ERα, che in seguito all’azione selettiva dei farmaci spesso somministrati per anni vengono selezionate e diventano predominanti”, conclude Magistrato, che ricorda come proprio scopo del progetto di ricerca è stato colpire l’enzima che catalizza la produzione degli estrogeni e allo stesso tempo bloccarne il recettore. I risultati ottenuti conseguiranno ora essere messi alla prova sperimentazioni di laboratorio, che se successo apriranno la strada a un possibile studio clinico.
Redazione Nurse Times
Fonte: AboutPharma
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