C’è un dramma nel dramma all’interno della guerra in Ucraina. Il Paese è infatti il maggiore esportatore di bambini surrogati, uno dei pochi al mondo in grado di garantire questo servizio agli stranieri: le madri incinta e i piccoli già nati però non possono scappare.
Quando è scoppiata la guerra, il signor Albert Tochylovsky ha dovuto affrontare una scelta complicatissima. Lui d’altronde è il proprietario di BioTexCom, la più grande tra le 14 aziende (forse anche di più) che gestiscono il settore della maternità surrogata in Ucraina, uno dei pochi paesi al mondo a garantire questo servizio agli stranieri. Basti pensare che secondo un’indagine portata avanti dal New York Times, sono circa 500 le donne incinta in questo momento in Ucraina in qualità di madri surrogate per clienti esteri.
In pratica, le coppie negli Stati Uniti, in Europa, in Sud America e in Cina che non possono avere figli si rivolgono quasi tutte all’Ucraina. Chi è favorevole a questa pratica sostiene che sia un servizio sicuro e a Kiev in particolare è anche un business che permette alle donne che accettano di mettere a disposizione il proprio utero circa 15mila dollari per figlio. Insomma, un qualcosa di molto sviluppato e che, tornando appunto al signor Albert Tochylovsky, ha portato a dover decidere cosa fare con gli almeno 21 neonati presenti nel suo laboratorio: da una parte c’era la possibilità di provare una pericolosissima fuga per uscire dal confine, dall’altra quella di allestire un “asilo” di fortuna nei sotterranei della capitale ucraina. Alla fine è stata scelta quest’ultima opzione: “Forse ho preso la decisione sbagliata“, ha detto preoccupato il proprietario di BioTexCom, assicurando che avrebbe chiuso l’asilo nel seminterrato e avrebbe cercato di evacuare i bambini se fosse peggiorata ulteriormente la situazione.
Adesso però risulta complicato effettuare trasferimenti così delicati e questi (almeno) 21 bambini sono ancora lì, curati da delle tate eroiche come la 51enne Ludmila Yashenko, che con le sue colleghe si occupa di coccolarli, farli addormentare e alimentarli regolarmente grazie a vaschette di latte artificiale: “Naturalmente – ha detto al NY Times – non possiamo abbandonare i bambini. Mio marito e i miei due figli sono tutti soldati dell’esercito ucraino e mi hanno chiesto di lasciare Kiev. Vogliono che me ne vada, ma non posso abbandonare i miei colleghi, non posso abbandonare il mio lavoro, non posso abbandonare questi bambini. Rimarrò qui finché tutto non sarà tornato al suo posto“.
La cucina improvvisata dispone di uno sterilizzatore per biberon e nel seminterrato è stato portato un fasciatoio fornito di pannolini. Chiaramente però le riserve non sono infinite e cresce la preoccupazione per il futuro di questi bambini nati da madri surrogate e con i genitori biologici ancora fuori dal Paese. Anche perché a causa della guerra, la cittadinanza dei neonati non è chiara, così come non lo è nemmeno chi siano i loro tutori legali, visto che secondo la legge ucraina i genitori biologici devono essere presenti per confermare la loro nazionalità.
In altre zone dell’Ucraina, poi, ci sono le madri surrogate in attesa, intrappolate dai combattimenti, mentre le coppie all’estero non hanno idea di come prendere i loro bambini. Un agente che mette in contatto aspiranti genitori con le donne ucraine è riuscito a portare in salvo due bambini, consegnandoli a due clienti dopo essere scappato da Kiev. La situazione per tutti gli altri però resta drammatica.
Redazione Nurse Times
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