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Riforma del Sistema sanitario: qualcosa non torna

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Case di Comunità aperte h24 e collegate a studi dei medici di famiglia. Numero unico per ricevere assistenza e forte presenza di infermieri. Ecco il “DM 71” con la nuova sanità territoriale
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Proviamo a fare chiarezza sui concetti chiave del potenziamento dell’assistenza sul territorio.

Si fa un gran parlare della ormai indispensabile riforma del Sistema sanitario. Ne ha fatto un brevissimo ceno anche la neo-presidente del Consiglio durante il discorso di risposta al Senato prima della votazione della fiducia al suo Governo. Una riforma basata sul potenziamento dell’assistenza sul territorio, ma sull’argomento c’è molta confusione e molta approssimazione. Cerchiamo quindi di fare un pò di chiarezza, anche sui concetti che sono alla base di parole che si leggono continuamente e che, è bene ricordarlo, hanno un significato specifico e peculiare.

In questo senso il lavoro è stato, diciamo così, impostato dal precedente Governo e dall’ex ministro della Salute con due D.M., il 71/2022 e il 77/2022, la cui lettura svela però tante criticità concettuali e un uso “allegro” delle parole, oltre una palese contradizione sulla questione delle C.O.T. (centrale operativa territoriale). Per prima cosa non è chiaro di cosa dovranno occuparsi sostanzialmente, essendo la declinazione molto generica e vaga. Non è chiaro quante ore al giorno saranno operative (trattandosi di “CENTRALE OPERATIVA”, almeno sulla carta, dovrebbero essere operative h 24): ma è effettivamente previsto? Purtroppo non è specificato.

Sulla composizione degli organici ancora una volta ci troviamo difronte a una contraddizione tra i due decreti. Infatti il D.M. 71 prevede per 100mila abitanti (distretto standard) un coordinatore, sei infermieri e due elementi del personale di supporto, mentre il D.M. 77 parla di un coordinatore, quattro o cinque infermieri e due elementi del personale di supporto. Cosa succede,poi, se il distretto non è standard e ha, ad esempio, 150mila abitanti, come accade spesso nelle grandi città? Non è dato saperlo. Siamo di fronte a voli pindarici sui numeri?

Torneremo più avanti sulle C.O.T., quando le inserimemo nel contesto più specifico della riforma. I due D.M. tracciano un quadro d’insieme di ciò che dovrebbe essere la rete di assistenza territoriale, prevedendo i distretti, la casa della comunità (spariscono le case della salute), gli ospedali di prossimità (che poi come si fa a chiamare ospedale situazioni di 10-20 posti letto?), le C.O.T. e l’A.D.I. Eccezion fatta per quest’ultima, che bene o male esiste da diverso tempo e funziona più o meno peggio un pò in ogni regione (alcune non sanno nemmeno cosa sia), cosa facciano in realtà queste nuove strutture è tutt’altro che chiaro. Di conseguenza tutt’altro che chiari sono gli standard che dovranno garantire e se questi non siano condizionati dalla gestione regionale del sistema salute.

Unica cosa certa è che nelle case della comunità saranno inseriti gli infermieri di comunità (anche qui sono spariti gli infermieri di famiglia), ma ancora una volta resta da chiarire cosa poi in concreto debbano fare. Così come c’è un ulteriore accenno agli ambulatori infermieristici, ma anche qui non è affatto chiaro di cosa si occuperanno e cosa saranno nella realtà, lasciando ampio spazio alle più fantasiose interpretazioni delle varie Regioni.

NO, COSI’ NON VA AFFATTO BENE. CERCHIAMO QUINDI DI PORTARE CHIAREZZA E DI DARE UNA CORRETTA INTERPRETAZIONE DI UN PROGETTO AMBIZIOSO, MA CHE NECESSITA DI PUNTI FERMI

Partiamo da alcuni punti fermi su cui costruire un valido quadro di riforma.

  1. L’attuale sistema salute è basato su un vecchio paternalistico concetto quello del curare le malattie e quindi sui luoghi a questo da sempre deputati gli OSPEDALI e sulle figure storicamente deputate i MEDICI.
  2. Il fallimento di questa struttura e la sua ingestibilità economica è stato nel tempo ampiamente dimostrato, ma ancor di più durante la pandemia.
  3. Serve un nuovo sistema maggiormente equilibrato e che sia capace di ribaltare il concetto passando dal curare malattie al prendersi cura di persone, famiglie e comunità. Serve quindi un sistema proattivo che non sia fermo all’interno della struttura (ospedale) ad attendere che una malattia lo raggiunga, ma che raggiunga il bisogno di salute e di assistenza.
  4. Fare questo significa finalmente dedicarsi a portare salute nei territori e permettendo nel contempo di alleggerire la pressione sugli ospedali ed i pronto soccorso che ad oggi rimangono l’unica concreta possibilità di risposta anche a piccoli problemi di salute.
  5. Gli ospedali dovranno in futuro essere dedicati esclusivamente alle emergenze ed a tutte le patologie maggiori che non possono per ovvi motivi essere trattate nel territorio.
  6. Attualmente il “territorio” non è solamente carente è semplicemente inesistente. Pertanto va completamente inventato ed ingenierizzato.
  7. Il disegno che sembra essere quello più funzionale appare quello di hub e spoke estremamente fluidi all’interno dei distretti in modo da renderli completamente autonomi nella gestione dell’assistenza. in quel territorio. Quindi gli HUB SARANNO IL DISTRETTO, LA CASA DELLA COMUNITA’E L’OSPEDALE DI COMUNITA’ GLI SPOKE LE CASE DELLA SALUTE,GLI AMBULATORI INFERMIERISTICI E LA SPECIALISTICA PIU’ COMUNE.
  8. Gli ospedali nel territorio saranno invece dedicati al trattamento di tutto quanto patologie maggiori (che richiedono interventi di altissima complessità) le quali saranno inviate direttamente dal territorio ed ad esso torneranno in un circolo virtuoso e delle emergenze maggiori.
  9. Le case della salute e gli ospedali di continuità dovranno prevedere dei posti di primo soccorso capaci nello specifico secondo il concetto di hub e spoke di trattare le piccole situazioni di urgenza (immaginiamo i tagli accidentali, i malesseri aspecifici, tutto quanto pur in stabilità necessita di un osservazione e di esami diagnostici semplici e non urgenti) e dovrà essere sede di stazionamento delle ambulanze sel sistema 118.
  10. I cittadini devono poter sentire questo nuovo sistema una cosa loro e devono quindi partecipare alla sua gestione attivamente. DEVONO ESSERE LA CASA DI TUTTI E DOVE TUTTI POSSANO TROVARE RISPOSTE ED ASCOLTO PER I LORO PROBLEMI si dovranno quindi coinvolgere i cittadini, le associazioni di territorio e di volontariato. I luoghi di questo sodalizio saranno appunto LE CASE DELLA COMUNITA’ E LE CASE DELLA SALUTE (altrimenti non avrebbe neanche senso chiamarle case).

Spargiamo quindi alcuni elementi di conoscenza concettuale su questo nuovo territorio, partendo dal basso, e quindi dalle strutture più diffuse su di esso.

  • Le case della salute – Dovranno essere l’interfaccia su ogni quartiere su ogni paese e quindi su ogni più piccola comunità presente nel distretto. Il loro compito sarà quello di fornire un punto di riferimento in quel ristretto territorio, di fornire servizi base di specialistica, di diagnostica di base (ad es centro prelievi), di assistenza sociale,il luogo della presa in carico dei cittadini e delle loro necessità socio sanitarie garantendo anche assistenza a domicilio ed all’interno delle famiglie con gli infermieri di famiglia e l’A.D.I. Dovrà inoltre prevedere un piccolo posto di primo soccorso cui rivolgersi in caso di traumi minori e di patologie banali, sarà sede della guardia medica ed il presidio del posto di primo soccorso base sarà garantito da infermieri che lavoreranno secondo i principi del see and treat e da MMG. Dovrà essere in grado di connettersi strettamente con qul ristretto territorio ed essere il presidio dello stesso capace di interagire con il suoi hub che saranno le case della comunità e gli ospedali di continuità o gli ospedali sede di D.E.A di primo e secondo livello ed infine dovrà essere sede di stazionamento di almeno un ambulanza del sistema 118. Sarà inoltre il centro di raccolta di tutti i dati socio sanitari ed ambientali che permettano di fotografare la salute di quello specifico territorio e di programmare adeguate campagne di informazione e di prevenzione (infermiere di comunità) e di progettare percorsi diagnistico terapeutici e di prevenzione di tutte le malattie cronico degenerative promuovendo l’adesione terapeutica e stili di vita (infermiere di famiglia, ambulatori infermieristici e A.D.I.
  • Le case della comunità – Saranno l’interfaccia delle case della salute e saranno a livello distrettuale- Qui ci sarà a disposizione tutta la specialistica e la dignostica più settoriale e percorsi dignostico terapeutici per i pazienti cronico degenerativi più avanzati. Sarà punto di raccolta ed elaborazione dei dati provenienti dalle case delal salute e centro di elaborazione di strategie idonee alla prevenzione ed alla cura. Dovrà garantite la presenza di assistenza e clinica nelle diverse comunità insistenti sul territorio (scuole infermiere scolastico, fabbriche infermiere di sito produttivo etc). Sarà sede della C.O.T., cui accennavamo prima, che sarà l’interfaccia più immediata e fruibile anche da casa per ogni esigenza di carattere sanitario e sociale dei cittadini di quel distretto territoriale, ma anche di ospedali e di ospedali di continuità. I quali dimettendo i propri pazienti dovranno affidarli ai servizi territoriali. Si occuperà quindi della raccolta e della valutazione di tutte queste richieste e del loro smistamento ai servizi più utili. Sarà anche però punto di raccolta e smistamento delle richieste da parte dei vari servizi sparsi sul territorio cui serve indirizzare pazienti a livelli superiori (ricovero in ospedale per terapie maggiori o livelli di assitenza superiori vedasi percorsi diagnostico terapeutici complessi in capo alle case della comunità come detto o l’A.D.I.)
  • Ospedali di continuità – Sono delle piccole unità di degenza a conduzione prevalentemente infermieristica la presenza e l’assistenza medica saranno garantite di MMG e dagli specialisti della casa di comunità in consulenza ove necessario. La stima che si è fatta di 10/20 posti letto appare sottostimata e quindi andrebbe ampliata perchè non dovranno trattare solamente pazienti che provengono dagli ospedali ormai stabili,ma che hanno bisogno di proseguire le cure prima di essere affidati ai vari servizi territoriali. Dovranno infatti trattare anche pazienti che provngono dal territorio stabili,ma che per particolari problematiche hanno bisogno di proseguire le cure in un ambiente protetto o che provengono dai punti di primo soccorso delle case della salute e che se pur stabili hanno bisogno di un osservazione continuativa del loro quadro clinico. Tutti gli ospedali di continità debbono al pari delle case della salute essere sede di stazionamento delle ambulanze del sistema 118 e tremite la C.O.T. avere un filo diretto con gli ospedali in modo da costruire un sistema circolare di accesso e di uscita privileggiato.
  • Distretto sanitario – Dovrà essere la cabina di regia e nello stesso tempo il centro di una equipe multiprofessionale e multi disciplinare che si dipana nelle diverse estensioni territoriali presenti. Se da un lato le case della salute dovranno fungere alla raccolta dati e di una loro parziale elaborazione e le case della comunità raccogliere ed elaborare i dati provenienti dalle prime elaborarli e proporre le soluzioni anche in sede preventiva ai bisogni di salute. Il distretto sanitario dovrà essere deputato alla elaborazione ed approvazione dei progetti di assistenza, dei percorsi diagnostico terapeutici di primo e secondo livello e dei profili diricerca sul territorio di competenza. Dovrà inoltre essere il punto di incontro tra la politica sanitaria e la la politica che gestisce quei comuni o municipi insistenti sul suo territorio creando quella necessaria sinergia tra salute e rappresentanze politiche del territorio fortemente volute e richiamate dalla legge 833/78. Dovrà infine essere interfaccia con gli ospedali sede di DEA di primo e secondo livello creando le sinergie affinchè la macchina fin qui descritta funzioni a dovere ed il suo motore che è la proattività e la presa in carico sia fluida e si espleti in un dialogo costante e binario tra tutte le parti e le strutture in causa.

Angelo De Angelis

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