Gentile Direttore,
sono il Dott. Luca Di Bari, laureato il 21/11/2022 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Propongo all’attenzione dei suoi lettori il mio lavoro di tesi.
Il presente elaborato vuole mettere in evidenzia le stratificate definizioni legislative della professione infermieristica, che hanno portato progressivamente a una profonda trasformazione della figura dell’infermiere professionale, nonché del sentire sociale nei confronti di detta figura sanitaria, rispetto a quelle delle origini. Saranno approfonditi i profili dell’acquisizione sempre più incisiva di un’autonomia professionale e, di conseguenza, il crescente ampliamento delle competenze, nonché il riconoscimento di una peculiare deontologia professionale. In questo studio verranno illustrate le responsabilità che derivano dall’esercizio professionale, la contrattazione collettiva del comparto sanitario, l’ancora presente fenomeno della “dequalificazione infermieristica” e le misure di contrasto e di tutela per la figura professionale.
La professione infermieristica in Italia venne riconosciuta con la Legge n.562/1926, normativa che seguendo le indicazioni del R.D n.1832 del 15 agosto 1925, istituiva le c.d. “scuole convitto”, emulando il modello anglosassone che per primo aveva dato avvio alla formazione infermieristica. Con la Legge n. 1310 del 1940 venne emanato il primo mansionario infermieristico riguardante la figura dell’infermiere generico, caratterizzato da una forte connotazione di subordinazione dell’infermiere alla figura del medico.
Successivamente con il passare degli anni, grazie anche all’azione della CNAIOSS (Consociazione Nazionale delle Associazioni Infermiere e altri Operatori Socio Sanitari) ma, soprattutto, di una maggiore e crescente sensibilizzazione verso la “professione” infermieristica, si arrivò all’approvazione della Legge n. 1049 del 29 ottobre 1954 istitutiva dei Collegi I.P.A.S.V.I (Infermiere professionali, assistenti sanitarie e vigilatrici dell’infanzia) principale organo di rappresentanza (ma non solo) Infermieristica.
Negli anni 90, nell’ambito di una stagione di riforma su grande scala nei confronti delle figure professionali e degli ordinamenti didattici universitari, non solo nel contesto sanitario, riforma che comprende il rocesso di aziendalizzazione della sanità italiana, viene emanato il DM n. 739 del 1994 con il quale si delinea la nuova figura professionale infermieristica e le sue competenze. Viene inoltre riconosciuta la piena utonomia dell’infermiere rispetto agli altri operatori della sanità, eliminando così definitivamente l’ausiliarietà che aveva contraddistinto la figura sin dalla sua nascita.
Tuttavia, anche se a livello legislativo c’è una chiara delineazione della professione infermieristica, a livello pratico tale delineazione non è realizzata appieno, ciò per diversi motivi come, ad esempio, la non immediata comprensione della citata professionalizzazione dell’infermiere e la presenza di alcune remore da parte del personale sanitario in generale. Il che ha portato ad una confusione tra i ruoli presenti all’interno dell’equipe ospedaliera (medici, infermieri e personale ausiliario) con conseguente rischio, tra l’altro, di un aumento dei cosiddetti “eventi avversi” nei confronti dei pazienti.
Dopo il 1994 si sono susseguiti cronologicamente; la Legge n. 42/1999 che ha posto fine all’ausiliarietà delle professioni sanitarie in generale; la Legge n. 251/2000 che ha reso possibile la creazione della dirigenza infermieristica; il DM n.182/2001 che definisce tutte le professioni sanitarie.
Altra legge importante nell’evoluzione della normativa infermieristica è la Legge n.3 dell’11 gennaio del 2018 (Legge Lorenzin), “Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute”. Cambiando nome da IPASVI a FNOPI ( Federazione Nazionale degli Ordini Professionali Infermieristici), i collegi provinciali diventano Ordini provinciali, ponendo fine alla dicitura “Infermiere Professionale” rendendolo definitivamente “infermiere”.
Visto, sinteticamente, l’excursus normativo relativo alla nascita ed alla crescita della figura professionale dell’infermiere, il presente elaborato è articolato secondo la seguente divisione:
- Al primo capitolo sono precisate le definizioni legislative e individuate le normative di riferimento per le professioni sanitarie, con una visione generale sul codice deontologico.
- Al secondo capitolo ci si sofferma sul ruolo dell’infermiere e del proprio campo di attività, sulla contrattazione ossia il contratto di lavoro subordinato, come è regolato e come si ricollega al potere disciplinare del datore di lavoro.
- Al terzo capitolo viene affrontato, il fenomeno della “dequalificazione professionale” e dell’esercizio abusivo della professione.
- Al quarto capitolo viene descritto lo studio conoscitivo eseguito presso la ASL BAT (Barletta Andria Trani).
L’analisi dei dati raccolti ha permesso di rispondere ai quesiti prefissati. Il campione esaminato ha “per la maggiore” due formazioni diverse, che quasi si equiparano a livello percentuale (diploma regionale e laurea triennale), circa un’anzianità di servizio media che supera i 20 anni.
Ovviamente non è una distinzione tra titoli di studio, denota semplicemente che gran parte del personale infermieristico operante nell’Asl Bat ha assistito in prima persona al radicale cambiamento legislativo della professione negli anni novanta, e un’altra parte ha cominciato il proprio percorso lavorativo pochi anni dopo l’abolizione del mansionario (Legge n.42/99).
La maggior parte del campione definisce le mansioni improprie come “prestazioni non di competenza”.
Inoltre si evince che gli infermieri affermano di conoscere i riferimenti normativi che delineano le figure dell’infermiere al 60%, anche se una buona percentuale 36,3% ritiene di conoscerne almeno in parte.
In merito ai riferimenti normativi si nota che buona parte del campione, il 48,7% attribuisce al Profilo Professionale l’individuazione delle proprie competenze; il 37% fa riferimento sia al Profilo Professionale ma sia al Codice Deontologico, denotando il disorientamento di una buona parte percentile degli intervistati in merito alla legislazione infermieristica.
Per quanto riguarda i riferimenti normativi dell’Operatore Socio Sanitario, il 49,4% degli intervistati afferma di conoscere le normative riguardanti questa figura; interessante il 43,8% che afferma di conoscerne solo in parte, emerge quindi un argomento da approfondire in merito alla “confusione” che potrebbe affliggere alcuni infermieri in tematica di “mansioni”.
Solo il 27,2% del campione afferma di conoscere i riferimenti normativi riguardanti la professione medica, e il 48,1% afferma di conoscerli in parte; anche questo punto sarebbe utile un argomento di approfondimento, sempre in tematica di “mansioni”, specialmente con la firma del nuovo CCNL sanità che vede ampliate le competenze infermieristiche.
Le risposte al terzo quesito paiono confermare quanto evidenziato nella letteratura: il 61,3% degli intervistati ha infatti dichiarato che il personale infermieristico è sottodimensionato rispetto all’utenza del reparto; per contro comunque il 38,7% che dichiara di avere un personale ben dimensionato. Nessuno ha riportato un personale sovradimensionato.
Anche in merito al personale medico pare emergere quanto rilevato dai dati EUROSTAT: il 62,3% ha confermato che il personale medico nelle varie U.O. è ben dimensionato; il 30,8% afferma che è sottodimensionato (anche se qui sarebbe interessante capire dove è carente il personale ad esempio i pronti soccorsi). Il 6,9% invece afferma che il personale è sovradimensionato. In sostanza, quindi, i dati sono in linea con la letteratura.
In merito al personale ausiliario e di supporto emerge dalle risposte ricavate un quadro preoccupante, in quanto l’80,6% afferma che nei reparti si ha un personale sottodimensionato, contro il 18,1% che riporta un’adeguata presenza di personale; e solo l’1,2% riferisce che è sovradimensionato.
Il quarto quesito è teso a indagare in cosa si sentono depenalizzati gli infermieri nel caso in cui dovesse essere presente del personale sottodimensionato (infermieristico, medico e ausiliario), nel luogo di lavoro.
In merito al personale infermieristico, buona parte, ossia il 45,9% del campione ha dichiarato di avere difficoltà sul piano dell’attuazione del piano assistenziale, che, come sempre rappresentato nella letteratura, aumenta il rischio del fenomeno delle cure mancate; il 26% trova una penalizzazione della presa in carico del paziente.
Riguardo al personale medico si evidenzia che la maggioranza (46,1%) degli intervistati non si senta depenalizzata nel caso in cui nel reparto dovesse essere presente del personale medico sottodimensionato.
Interessanti le altre percentuali del 21,3%, del 18,4% e del 14,2% in merito a diagnosi, cambio dosaggi, e nella compilazione di schede sanitarie; anche in questo caso sarebbe interessante capire in quale U.O e reparti si collocano queste tre queste tre percentuali rilevate.
Circa la presenza del personale ausiliario e di supporto nei vari reparti e U.O emerge un quadro che rispecchia quanto evidenziato nel terzo capitolo dell’elaborato, le percentuali elevate dimostrano che il personale nel 37,3% svolge attività domestico alberghiera, il 21,6% nell’igiene del paziente.
In merito a cosa comporterebbe un persistere delle mansioni improprie si è ricavato che per il 75,9% del campione ciò è fonte di stress emotivo e fisico e demotivazione, che potrebbero portare anche alla sindrome del burnout.
Il quinto punto conclusivo è capire se per gli intervistati ci fosse una correlazione in merito ad una presenza di personale infermieristico sottodimensionato e il fenomeno della dequalificazione; e il 61,8% ha risposto positivamente a quanto domandatogli. Purtroppo, nel corso degli anni si è visto come gli infermieri prestanti servizio nel SSN stiano diminuendo sempre più, a fronte di un aumento della popolazione che richiede maggiore assistenza infermieristica; anche a livello accademico si è assistito a una diminuzione delle immatricolazioni, anche se c’è stato un aumento del 7% dei posti disponibili all’iscrizione universitaria.
Una motivazione di tale fenomeno si rinviene anche nella visione sociale della professione infermieristica, vista ancora oggi come una figura ausiliaria alle dipendenze dirette del medico, un professionista tuttofare che svolge qualsiasi prestazione nell’ambito ospedaliero; una prospettiva vecchia di 50 anni in confronto alla figura attuale.
Un’ipotesi in merito alla diminuzione del personale infermieristico potrebbe essere il movente salariale che per parte della categoria risulta essere non proporzionato al lavoro che svolge ma soprattutto non deguato in merito alle competenze ed ai rischi legali in cui si potrebbe. Si necessita quindi di un radicale cambiamento sia organizzativo sia sociale riguardante la figura infermieristica; passando al cosiddetto “Intensive Care Model”, dove sono presenti pazienti con diversi livelli di gravità o instabilità clinica e con diversi gradi di complessità assistenziale sia medica ma soprattutto infermieristica. Gli infermieri inseriti in questo modello organizzativo possono così valorizzare il proprio agire, e contribuire alla costruzione di team specialistici.
Dal punto di vista sociale, si dovrebbe dare risalto e spiegare inoltre il reale operato infermieristico, alla legislazione e fare chiarezza partendo da maggiori convegni volti agli infermieri stessi, e fare reale informazione anche a livello accademico non lasciando spazio ad erronee o superficiali interpretazioni del Profilo Professionale o della legislazione generale in materia.
Dott. Luca Di Bari
Tesi “Indagine su fenomeni di “dequalificazione professionale” in ambito infermieristico; l’analisi presso la ASL Bat”
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