Riceviamo e pubblichiamo un contributo a cura del dottor Mario Fiumene, già coordinatore Area territoriale e Cure domiciliari di Asl 3 e 5 Sardegna, attualmente vicepresidente ISDE Sardegna (medici per l’ambiente), sezione di Oristano.
L’inquinamento atmosferico è uno dei principali fattori di rischio per mortalità e morbosità in tutto il mondo. È stato stimato che esso sia la causa di oltre i due terzi delle malattie di origine ambientale a livello mondiale. Oltre a questo, la concentrazione atmosferica di particolato e di inquinanti gassosi ha relazioni patogenetiche ben definite con numerose malattie croniche non comunicabili in progressivo incremento epidemiologico in qualunque fascia di età, come l’obesità e le malattie metaboliche, le malattie neuro-degenerative, le malattie endocrinologiche e cardiovascolari.
Secondo una statistica fornita da ISGlobal a seguito di un importante studio pubblicato nel 2021 e condotto in 856 città europee, le città Italiane con i valori più alti di PM10 (quelle che superano l’obiettivo annuale dell’OMS, 15 µg/mc, di oltre il doppio), sono 29 ben 71 per PM2.5, 57 per biossido di azoto (NO2). Emerge, quindi, che esiste l’esigenza che anche le cure di prossimità si impegnino seriamente in questo ambito.
Comprendere quali sono gli elementi da considerare, da un punto di vista epidemiologico e fisiopatologico, per attuare misure di prevenzione primaria, è un compito molto complesso. Oltre ai ben documentati eccessi di mortalità prematura e di morbosità per patologie acute e croniche, i fattori di rischio ambientale, sono causa di una marcata alterazione dello stato di salute in maniera indipendente dall’effetto, pur rilevante, degli stili di vita e delle condizioni socio-economiche. La mancata o tardiva considerazione di tali fattori di rischio genera inevitabilmente rilevanti conseguenze sanitarie a carico di qualunque fascia di età ed elevati costi.
Gli ampi effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico sulle malattie acute (comprese alcune malattie infettive), sulle patologie cronico-degenerative e sul cancro rendono indispensabile l’inclusione del binomio salute-ambiente nei programmi di sorveglianza sanitaria. In questo contesto occorre sottolineare che le cure primarie rappresentano la più frequente occasione di contatto del cittadino con il Servizio sanitario (anche oltre l’80%).,
Nella governance dei sistemi sanitari territoriali, rinnovati per ricongiungere attività di prevenzione e cure primarie, la casa della comunità può rappresentare un’opzione per ridurre la frammentazione sociale, la distanza dai luoghi di vita e riconsegnare ai cittadini le chiavi per la loro salute come progetto di comunità. Riscordiamo che il Pnrr, all’investimento 1.1, sottolinea che “il progetto di realizzare la sasa della comunità consente di potenziare e riorganizzare i servizi offerti sul territorio migliorandone la qualità”. Occorre quindi cogliere l’opportunità della implementazione delle case di comunità per investire sui medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, infermiere di famiglia/comunità e altre figure professionali, come protagonisti nella prevenzione anche e soprattutto ambientale e sanitaria.
Nell’ambito del servizio sanitario sul territorio, adottare questo progetto potrebbe portare a un cambio di passo che ponga l’individuo, nella sua complessità fisica, psicologica, sociale e ambientale, al centro di un’organizzazione che consenta alle organizzazioni territoriali del sociosanitario di svolgere un ruolo assistenziale completo e più efficace, che valorizzi sia il ruolo dei comportamenti virtuosi a livello individuale e collettivo, che la rilevanza dei rapporti tra ambiente e salute.
Gli studi hanno chiarito con quali meccanismi tutti gli inquinanti atmosferici, ma soprattutto il particolato, promuove e aggrava l’arteriosclerosi, ma c’è anche una relazione con le malattie cardiovascolari, con il cancro, con altre patologie come le patologie metaboliche, l’obesità, le malattie neurodegenerative, le alterazioni della gravidanza, malattie gastrointestinali. Il pannello di malattie acute e croniche per inquinamento atmosferico è diventato molto ampio. Chiaramente i polmoni sono un organo bersaglio, ma sono l’organo bersaglio preferito delle fonti più grossolane di particolato, soprattutto del Pm 10.
Esiste un inquinamento domestico da biossido di azoto (NO 2) che viene quasi ignorato dalla popolazione in generale, ma anche da coloro che dovrebbero essere “educatori di salute”. Le persone anziane passano una parte importante del proprio tempo a casa, così i bambini. Poche persone sono consapevoli dei rischi dannosi che comportano le cucine a gas: preparare la cena può esporre a tanti agenti inquinanti quanti quelli del fumo passivo. Gli apparecchi a gas dovrebbero riportare etichette di avvertenza sulla salute come i pacchetti delle sigarette. Si dovrebbero considerare questi rischi per la salute.
Oltre 100 milioni di cittadini Ue cucinano con il gas, con più della metà delle case in Ungheria, Italia, Paesi Bassi, Romania e Slovacchia (fonte EPHA – Alleanza Europea per la Salute Pubblica). Ricerche precedenti hanno collegato l’uso domestico di gas a deficit di attenzione e disturbi di iperattività nei più piccoli. Inoltre, secondo uno studio condotto di recente, cucinare con il gas durante la gravidanza può risultare in iperattività nei neonati. Infine l’inquinamento da cottura a gas ha dimostrato di avere effetti negativi anche sul sistema respiratorio e nervoso degli adulti.
Considerati i danni per la salute e l’ambiente derivanti dall’uso di combustibili fossili nelle nostre case, i decisori politici hanno la responsabilità di stabilire dei piani che ci allontanino dall’uso del gas e che ci accompagnino verso sistemi di “cottura pulita” elettrica (fotovoltaico nelle abitazioni private, es. le comunità energetiche). Il personale sanitario in particolare, ma anche gli operatori del sociale, devono essere formati sulle tematiche di salute ambientale e fonti di inquinamento. Ne va del benessere delle persone che assistono e curano. Altrimenti tutta la prevenzione resta solo teoria.
Gli ampi effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico sulle malattie acute (comprese alcune malattie infettive), sulle patologie cronico-degenerative e sul cancro rendono indispensabile l’inclusione del binomio salute-ambiente nei programmi di sorveglianza sanitaria. Le premesse sino ad ora descritte hanno motivato una proposta di RIMSA (Rete italiana di medici sentinella per l’ambiente), ai quali si dovranno aggiungere gli infermieri sentinella (vedasi realtà di Trieste e Friuli), che si basa su tre elementi principali:
- il ricco patrimonio scientifico e informativo in possesso dei medici di medicina generale e le grandi potenzialità epidemiologiche dei dati in loro possesso mediante le cartelle cliniche elettroniche (Electronic Medical Records – EMRs);
- l’importanza del loro ruolo informativo, educativo ed anche etico (conoscere le cause della malattia e come prevenirla) nei confronti sia dei pazienti-cittadini che delle istituzioni;
- la possibilità di integrare medici e Infermieri sentinella con le reti cliniche.
Questa integrazione operativa deve realizzarsi anche e soprattutto con la formulazione di misure utili alla prevenzione primaria.
Redazione Nurse Times
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