Dopo due anni di ricerca e sperimentazione, si conclude il progetto InterACTIVE-HD 2.0, nato con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei pazienti in dialisi e rendere uniforme il trattamento sul territorio, attraverso la creazione di una robusta piattaforma tecnologica.
Si stima che in Italia circa il 10% della popolazione soffra di una malattia renale cronica. Con sempre maggiore frequenza la patologia raggiunge un livello di gravità tale da richiedere il ricorso a terapie salvavita: i dati parlano di 50.000 pazienti sottoposti a trattamento dialitico nel nostro Paese, con un incremento del 2% all’anno.
Tra questi pazienti la mortalità dovuta a patologie cardiovascolari è 20 volte superiore a quella della popolazione generale, a causa di fattori di rischio legati alla grave insufficienza renale. In prospettiva futura è quindi fondamentale il ruolo della ricerca scientifica, chiamata allo sviluppo di nuove soluzioni, in grado di migliorare l’efficacia dei trattamenti dialitici.
Su queste basi e dalla sinergia tra medicina e ingegneria biomedica nasce nel 2021 InterACTIVE-HD 2.0, finanziato dal programma Interreg Italia Svizzera e vede tra i partner Politecnico di Milano – Polo di Lecco (capofila italiano) e Fondazione Politecnico di Milano, ASST Lariana, ASST Sette Laghi, ASST Alto Lario, Ente Ospedaliero Cantonale (capofila svizzero) e Kantonsspital Graubunden.
Il progetto ha l’obiettivo di migliorare la qualità della vita del paziente dializzato, individuando percorsi di cura personalizzati che, condivisi su una piattaforma tecnologica, possano favorire la mobilità di chi è costretto a sottoporsi a tali terapie salvavita.
Se è vero, infatti, che l’emodialisi è una terapia che ha rivoluzionato la gestione clinica del paziente nefropatico, rimane però una enorme variabilità di tolleranza al trattamento, che implica la necessità di personalizzare la terapia sul singolo individuo. La possibilità di usufruire di un trattamento omogeneo, condiviso su una piattaforma online, in centri di cura differenti rispetto a quella di riferimento, offrirà al paziente maggiore autonomia e la possibilità di spostarsi sul territorio per svago o lavoro.
Al progetto hanno aderito 150 pazienti in cura presso gli ospedali coinvolti. La prima fase della sperimentazione ha visto l’aggregazione dei dati delle cartelle cliniche dei pazienti a quelli forniti dalle macchine per dialisi, le informazioni raccolte da quest’ultime possono infatti fornire una chiave di lettura della peculiare risposta al trattamento di ogni singola persona in cura.
Grazie al supporto di un team multidisciplinare di ingegneri (Laboratorio Artificial Organs @LaBS guidato dalla prof.ssa Costantino e Team Innovazione in Sanità @DIG guidato dalla prof.ssa Masella) e attraverso l’elaborazione di algoritmi e modelli matematici avanzati, sono stati restituiti dati aggregati che costituiscono un prezioso strumento di supporto per l’individuazione di trattamenti mirati e personalizzati.
Si tratta infatti di informazioni che consentono al medico di ottimizzare l’approccio terapeutico al paziente, migliorando soprattutto i disturbi e malesseri che spesso insorgono durante e dopo il trattamento dialitico.
“Con InterACTIVE-HD 2.0, tutto il partenariato ha contribuito allo sviluppo di una serie di strumenti, in termini di sistemi informativi, protocolli, modelli, algoritmi, che hanno consentito la creazione della piattaforma tecnologica per la gestione del dato clinico relativo al paziente in emodialisi presso i centri di confine – dichiara Maria Laura Costantino, docente del Politecnico di Milano -. Tale piattaforma ora in uso nei centri partecipanti al progetto potrà essere offerta anche ad altri centri che ritengono necessario preservare la qualità della vita dei pazienti in dialisi”.
In particolare, la ricerca ha restituito dati interessanti sui rischi legati all’ipotensione intradialitica, uno tra gli effetti collaterali più complessi da gestire nel paziente sottoposto a terapia dialitica. Gli algoritmi elaborati durante il progetto permettono oggi di predire il rischio ipotensivo già ad inizio seduta con una accuratezza del 98% offrendo ai medici strumenti di intervento più tempestivi ed efficaci.
Nello specifico gli studi, effettuati anche tramite l’utilizzo di dispositivi quali smart watch e magliette sensorizzate, hanno permesso di correlare il rischio ipotensivo con la variazione di parametri come la variabilità cardiaca, gli elettroliti e la qualità del sonno durante la notte precedente consentendo quindi approcci più adeguati nelle tempistiche e nella somministrazione della terapia.
“Da sempre i nefrologi mettono in atto strategie per ridurre/evitare gli episodi ipotensivi intradialitici – dichiara la Dott.ssa Carla Colturi, direttore di Nefrologia e dialisi – ASST Valtellina e Alto Lario -. Tutto quanto abbiamo ora a disposizione non ci ha ancora consentito di azzerare la problematica. Confidiamo che lo studio InterReg, con i numerosissimi dati raccolti dai centri dialisi e con la loro elaborazione ad opera del Politecnico, ci possa offrire nuove indicazioni per la corretta gestione della seduta emodialitica e per la sicurezza dei nostri pazienti. Una dialisi senza complicanze è una dialisi sicura e che migliora la qualità della vita dei pazienti, e, senza complicanze, potrebbe anche permettere un avvicinamento al domicilio del paziente, soluzione più pratica specie in ambienti montani come il nostro”.
Il tema della domiciliazione risulta ancora molto controverso perché il paziente percepisce la propria fragilità. Da un questionario somministrato ad un campione di 45 pazienti in cura presso gli ospedali coinvolti nella ricerca, risulta infatti che il 65% di essi preferisca proseguire con la dialisi presso un centro ospedaliero o in un centro di assistenza in prossimità del proprio domicilio.
Solo il 18% dei pazienti preferirebbe dializzare a casa e una percentuale ancora inferiore (2%) lo farebbe con il solo supporto di un famigliare. Tale preferenza sembra sia dovuta a un maggior senso di sicurezza offerto dagli ospedali e da centri affini, soprattutto in caso di imprevisti, oltre alla possibilità di condividere emotivamente l’esperienza con altri pazienti in cura. Soluzione ideale sembra quindi il potenziamento della rete dei centri di assistenza sul territorio.
Il poter usufruire di una piattaforma tecnologica su ampia base territoriale che agevoli la condivisione di protocolli per la gestione dei trattamenti dialitici tra diversi centri ospedalieri, consentirà l’adozione di un approccio paziente-specifico al trattamento, rispondendo appieno alle esigenze del paziente dialitico.
Redazione Nurse Times
Rimani aggiornato con Nurse Times, seguici su:
Telegram – https://t.me/NurseTimes_Channel
Instagram – https://www.instagram.com/nursetimes.it/
Facebook – https://www.facebook.com/NurseTimes. NT
Twitter – https://twitter.com/NurseTimes
- Sanità al collasso: medici, infermieri, oss e professionisti in sciopero il 20 novembre
- Robert F. Kennedy Jr. nominato da Trump alla Salute: il leader no vax guiderà la sanità americana
- Prevenire le lesioni da pressione: il 21 novembre torna la Giornata Internazionale STOP Pressure Ulcers
- Convegno “Universalità delle cure e sostenibilità dei Ssn in Europa”: appuntamento a Roma il 22 novembre
- Ostia (Roma), uomo morto per possibile shock anafilattico: indagati tre medici del Centro Paraplegici
Lascia un commento