Di seguito una nota a cura di Carlo Rossi e Andrea Senna, rispettivamente presidente e vicepresidente di Omceo Milano.
Sono 11 euro all’ora, quelli che risultano da una recente segnalazione di un medico giunta all’Omceo Milano che ha rinunciato a un incarico presso un comando di forze dell’ordine a causa dell’irrisoria proposta economica contrattuale a prestazione, a fronte di numerosi compiti richiesti. Un compenso forfettario annuo lordo variabile, in Lombardia, da poco più di 3.800 euro a 6.300 euro, oppure un lordo di 2,42 euro per ogni visita preventiva effettuata o, ancora, 22 euro lordi all’ora.
Tutto ciò senza malattia, pensione, Tfr (Trattamento di fine rapporto) e che, tolte le tasse e i contributi all’Enpam (cassa previdenziale medica), portano in tasca, appunto, 11 euro orari. Una situazione già subodorata da Omceo Milano in tempi non sospetti, nel 2018, quando abbiamo inviato una prima lettera sulle offerte contrattuali al ribasso a professionisti affermati da parte di alcune strutture e/o enti all’allora presidente della Regione, Roberto Maroni, all’assessore alla Sanità Regionale, Giulio Gallera, e al presidente della II Commissione permanente Sanità e politiche sociali, Fabio Rolfi.
Questione richiamata nel marzo scorso, dopo la denuncia di un collega, con una nuova lettera al ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, al direttore generale delle Professioni sanitarie, Rosanna Ugenti, e al presidente Fnomceo, Filippo Anelli. Tentativi che non hanno portato a nulla di fatto.
E oggi la situazione è nota e conclamata fra i professionisti della salute: medici generalisti e specialisti e odontoiatri vedono di frequente pagata al di sotto dei livelli minimi del decoro professionale la loro prestazione. Una realtà che viene meno anche ai diritti sull’equo compenso sanciti dalla Legge 4 dicembre 2017, n. 172, e una mancanza di riconoscimento ancor più inaccettabili quando c’è di mezzo la salute, il professionista della salute e l’assistenza al paziente.
Una criticità, quella dei compensi al ribasso che sussiste da tempo, cui si giunge con una serie di escamotage: onorari inadeguati mascherati sotto le spoglie ingannevoli di grandi quantità prestazionali, come nel caso di medici del lavoro ingaggiati da grandi aziende per effettuare prestazioni e visite sanitarie ai numerosi dipendenti ma che non tengono conto dei costi professionali.
Se tale contesto può essere accettato per “sbarcare il lunario”, non lo può essere dal punto di vista deontologico. I compensi stringati fanno riflettere su un altro importante aspetto: l’idea che la professione sanitaria, di medici e odontoiatri nello specifico, possa essere equiparata a una qualunque attività di indirizzo commerciale.
In questa “confusione di ruoli” siamo finiti con l’avvento del decreto sulle liberalizzazioni, il cosiddetto Decreto Bersani, che ha abolito le tariffe minime acuendo il problema dell’equo compenso, ovvero privando la salute e i suoi professionisti dei livelli minimi di decenza professionale che invece devono essere mantenuti trattandosi di professioni tutelate dalla Costituzione e dalla legge.
All’attività medica e odontoiatrica, come ad altre professioni, dovrebbero essere garantiti e riconosciti compensi non inferiori a un certo livello e lo Stato dovrebbe appoggiare e spingere i professionisti a non accettare lavori poco remunerativi o comunque, qualora ciò dovesse accadere, invitarli a denunciare gli episodi all’ordine, cosicché possano essere intraprese misure adeguate verso il professionista interessato e la dignità della professione: azioni che, a oggi, non è possibile attuare.
Redazione Nurse Times
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