E’ quanto emerso dalle audizioni in Commissione Sanità. I consiglieri regionali di Pd e Azione Puglia: “Per smaltire le liste d’attesa non basta mettere soldi, ma serve metodo”.
“Appare difficile ridurre le liste d’attesa, tanto più per la difficoltà nel limitare prescrizioni inappropriate”. Così i direttori delle Asl di Bari, BAT, Taranto, Brindisi e Lecce, auditi in Commissione Sanità del Consiglio regionale insieme a Vito Montanaro, direttore del Dipartimento Salute della Regione Puglia.
Montanaro ha chiarito che dei 28,5 milioni di euro stanziati per l’abbattimento delle liste d’attesa, 18 sono andati agli ospedali ecclesiastici – Miulli di Acquaviva delle Fonti (Bari), Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia) e Panico di Tricase (Lecce) – e il resto ad altre strutture private accreditate. Questo perché “non si è voluto gravare di ulteriori oneri la sanità pubblica post-Covid”, a corto anche di personale. Il tutto, comunque, sarà dettagliato dallo stesso direttore con una relazione specifica che sarà consegnata ai commissari.
Secondo i consiglieri Pd che hanno partecipato alle audizioni, però, “per smaltire le liste d’attesa non basta mettere soldi, ma serve metodo”. In particolare, la consigliera Debora Ciliento, a nome anche dei colleghi, ha manifestato “grande preoccupazione sullo stato delle liste d’attesa”, mentre per Pietro Luigi Lopalco “il problema non è nel merito, ovvero i fondi messi a disposizione per lo scorrimento delle liste, ma nel metodo, perché senza una corretta gestione si rischia di sprecare soldi dei cittadini”. Pertanto, ha aggiunto, “serve un’azione di sistema che, partendo da un’analisi dei dati e della domanda impropria che va a ingolfare le liste d’attesa, dia delle risposte mirate”.
Dello stesso avviso Fabiano Amati, consigliere e commissario regionale di Azione Puglia, e i consiglieri Sergio Clemente e Ruggiero Mennea, capogruppo: “Non ci voleva un mago per prevedere l’utilizzo dei 30 milioni di risorse messe a disposizione del recupero delle liste d’attesa: sono state interamente assegnate al privato convenzionato, senza risolvere il problema delle liste d’attesa, così come risulta da tutti i dati disponibili e anche dalle dichiarazioni in Commissione dei rappresentanti delle Asl”.
E ancora: “Serve al più presto la riproposizione della nostra proposta di legge, magari sottoscritta dagli altri gruppi politici, perché i problemi organizzativi non si risolvono aumentando le risorse, così come finalmente hanno colto anche molti colleghi, sino a qualche tempo fa ostili alle nostre idee e proposte. Circa 18 milioni ai tre grandi ospedali privati convenzionati e gli altri 19 alle altre strutture private convenzionate. È sintetizzabile in questo il piano di recupero delle prestazioni ineseguite, giustificato dal fatto che le strutture pubbliche non sono nelle condizioni di farcela, nonostante l’attribuzione delle quote di fabbisogno tra pubblico e privato convenzionato dica ben altro”.
Redazione Nurse Times
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