Anche in Friuli Venezia Giulia, come nelle altre regioni italiane, ci sono medici sospesi (e, in un caso, in provincia di Udine, anche radiati) che continuano a lavorare negli ambulatori e nei reparti in attesa che il loro ricorso, presentato contro il procedimento disciplinare che li ha raggiunti, venga esaminato dalla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (CCEPS).
Il meccanismo funziona così: i provvedimenti di disciplina dell’Ordine dei medici competente diventa esecutivo dopo 30 giorni, a meno che il professionista interessato non presenti ricorso alla Commissione centrale. Va da sé che la maggior parte dei camici bianchi colpiti da una procedura disciplinare sceglie questa seconda strada. A questo punto il ricorso sospende di fatto l’esecutività del provvedimento e quindi il medico può continuare a operare fino al momento in cui l’organismo di giurisdizione speciale istituito presso il ministero della Salute non si pronuncia sulla sua “impugnazione”.
In provincia di Pordenone, come spiega il presidente dei camici bianchi della Destra Tagliamento, Guido Lucchini, “il nostro Ordine, in questo momento, non ha nessun sospeso”. E aggiunge: “Sono tutti rientrati. C’è un medico radiato, ma non ha fatto ricorso”.
Diverso il discorso in provincia di Udine, dove comunque i casi si contano sulle dita di una mano. “Non ne abbiamo molti – conferma il presidente dell’Ordine udinese, Gian Luigi Tiberio -. Meno di cinque sospesi e un solo medico radiato. Un numero molto esiguo”.
Tutti o quasi, a quanto pare, hanno fatto ricorso alla Commissione. Chi ha impugnato, quindi, ha potuto continuare a lavorare in attesa della decisione dell’organo centrale. “Il provvedimento disciplinare – ricorda Tiberio – si prescrive in cinque anni. La Commissione potrebbe anche decidere sull’appello nel giro di qualche mese, ma tendenzialmente non è così e ci vuole un po’ più di tempo. Il ricorso sospende l’esecutività del provvedimento in attesa che ci sia la discussione dell’appello davanti alla Cceps”.
Quindi, fino al momento della discussione, chi ha fatto ricorso può continuare a lavorare. “La maggior parte delle persone colpite da provvedimento disciplinare solitamente fa ricorso e approfitta di questa possibilità, garantita dalla norma – il presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Udine -. Tuttavia, se è vero che la Commissione ha di fatto tempo cinque anni per esprimersi, e se è vero che i tempi della decisione tendenzialmente sono lunghi, è altrettanto vero che non accade che i provvedimenti irrogati vadano in prescrizione. C’è sempre una decisione sull’appello prima che scatti la prescrizione. Insomma, le procedure non vanno in cavalleria”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Gazzettino
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