Le stime sono impietose: in Lombardia mancano “alcune migliaia” di infermieri, come ha spiegato la settimana scorsa l’assessore al Welfare, Guido Bertolaso, dopo aver annunciato al Consiglio regionale l’intenzione di attivare i canali diplomatici per stipulare convenzioni con altri Paesi (in particolare “dell’area mediterranea e dell’America Latina, dove la barriera linguistica è più facilmente superabile”) per al fine di “formare professionisti, farli venire qui e inserirli soprattutto nelle nostre strutture pubbliche”.
Si attende che la Conferenza Stato-Regioni stabilizzi una procedura per riconoscere i titoli conseguiti all’estero ai fini dell’esercizio temporaneo in deroga, che oggi funziona con le norme introdotte in emergenza pandemica, a marzo 2020. Ma intanto, già quest’anno, 1.028 infermieri stranieri hanno avuto dalla Regione il via libera per lavorare in Lombardia.
Il reclutamento all’estero, in realtà, è una strada già battuta da alcuni gruppi della sanità privata – il San Donato sta formando 300 infermieri in Tunisia – e da sperimentazioni pubbliche a livello locale. Le dichiarazioni di Bertolaso hanno però provocato la reazione contrariata di alcuni sindacati e degli Opi lombardi, che a settembre avevano snocciolato numeri sconfortanti sulla carenza di personale: poco più di 41.100 infermieri alla fine del 2022; ne servirebbero altri 2.287 solo per far funzionare case e ospedali di comunità (la nuova sanità territoriale finanziata dal Pnrr) e altri 3mila circa per rimpiazzare coloro che andranno in pensione nei prossimi cinque anni.
La situazione è poi aggravata dal calo di iscrizioni ai corsi di laurea in Infermieristica: -8,6%, quest’anno, nonostante l’ampliamento post-pandemico dei posti, saliti in Lombardia dai 1.838 del 2019 ai 2.411 dell’anno scorso (+31,2%, superiore al +19,4% nazionale).
Secondo Bertolaso, “le ragioni del disinteresse dei giovani nei confronti di professioni non più suggestive come potevano essere un tempo non sono solo economiche”. Il che è senz’altro vero, ma non si può negare che gli stipendi degli infermieri italiani siano davverio bassi. E su questo tasto battono sia le opposizioni in Regione Lombardia – “Chiediamo da sempre di finanziare borse di studio, così che i lombardi non siano costretti a scappare altrove”, tuona la consigliera Carmela Rozza (Pd) – che i sindacati e gli Ordini, ricordando come lo stipendio medio di un infermiere si aggiri sui 1.600-1700 euro.
Ecco spiegato, allora, il massiccio esodo verso la vicina Svizzera, dove un infermiere può arrivare a guadagnare 5mila euro, e dove dove lavorano, secondo le stime della Fnopi, 4mila dei 6-7mila professionisti lombardi “fuggiti” all’estero.
Una fuga che il Governo ritiene di poter arginare attraverso gli incentivi previsti dall’articolo 50 della bozza di manovra finanziaria, da finanziare con una tassa aggiuntiva tra il 3 e il 6% del reddito percepito dai frontalieri (anche operatori sanitari) che usufruiscono delle cure del Servizio sanitario italiano. Inutile dire che qyuesti ultimi non sono per nulla d’accordo.
Redazione Nurse Times
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