Dati allarmanti: il dolore cronico colpisce oltre 10 milioni di italiani, rivela rapporto Istisan
Un nuovo rapporto pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) ha rivelato che oltre 10 milioni di individui adulti in Italia vivono con il dolore cronico, evidenziando una situazione preoccupante per la salute pubblica del paese. Questo studio, basato sull’Indagine Europea sulla Salute condotta dall’Istat nel 2019, fornisce una panoramica dettagliata della diffusione del dolore cronico, delle sue cause e delle sue implicazioni per la salute mentale e la qualità della vita.
Dolore cronico in Italia: un quadro preoccupante
Secondo il rapporto, il dolore cronico colpisce un vasto segmento della popolazione italiana, con una prevalenza significativa tra le persone di età superiore ai 45 anni. Le donne sono particolarmente colpite, con il 60% delle persone adulte affette da dolore cronico in Italia appartenenti al sesso femminile. Questo divario di genere diventa più evidente con l’avanzare dell’età, con le donne anziane che presentano una percentuale superiore di oltre il 15% rispetto agli uomini nella stessa fascia d’età.
Cause e implicazioni
Le cause del dolore cronico sono varie e includono malattie primarie, traumi, interventi chirurgici e tumori. Tuttavia, il 13% delle persone affette da dolore cronico non ha ancora ricevuto una diagnosi chiara di malattia sottostante, mentre il 23% riporta livelli elevati o molto elevati di dolore. Questa condizione non solo impatta sulla qualità della vita fisica, ma ha anche gravi conseguenze sulla salute mentale, con il 13% delle persone affette da dolore cronico che presenta sintomi depressivi da moderati a gravi.
Impatto sociale ed economico
Il dolore cronico non solo influisce sulla salute individuale, ma ha anche un impatto significativo sull’attività lavorativa e sulla disabilità. Le persone affette da questa condizione spesso incontrano difficoltà nel svolgere le attività quotidiane e nel mantenere un impiego stabile, con conseguenti costi economici e sociali significativi per la società nel suo complesso.
Le dichiarazioni
“Lo studio – sottolineano gli autori – colma un vuoto conoscitivo che, almeno in parte, perdurava dal 2003, anno in cui Harald Breivik e i colleghi dell’Università di Oslo condussero un’indagine sul dolore cronico nei paesi europei. L’alta prevalenza del dolore cronico nella popolazione adulta e le altre stime presentate nel Rapporto, riferite, ad esempio, a comorbidità, salute mentale, ruolo dei fattori sociodemografici o impatto del dolore cronico sull’attività lavorativa e sulla disabilità, offrono un quadro epidemiologico prezioso per l’individuazione dei bisogni di diagnosi, cura e riabilitazione, per la definizione di modelli di prevenzione e, non ultima, la definizione di piani di sostegno socio-assistenziale.
Il fenomeno così delineato richiede un’attenzione adeguata e misurazioni affidabili e validate. Con questo primo Rapporto, l’Istituto Superiore di Sanità inaugura il monitoraggio epidemiologico del dolore cronico nel Paese, con il contributo e la collaborazione di Istat e di Fondazione ISAL (Istituto per la Ricerca e lo Studio del Dolore). L’impatto informativo che questo monitoraggio produce ha permesso, già nel 2020, il suo inserimento nel Programma Statistico Nazionale e potrà, auspicabilmente, favorire la piena applicazione di quanto la legge italiana ha già disposto sin dal 2010 (L. n. 38 -15 marzo 2010) in tema di accesso alla rete di terapia del dolore per tutti”.
Conclusioni e implicazioni per il futuro
Il nuovo rapporto dell’Iss fornisce una base preziosa per l’identificazione dei bisogni di diagnosi, cura e riabilitazione per coloro che soffrono di dolore cronico in Italia. Inoltre, sottolinea l’importanza di sviluppare modelli di prevenzione e intervento precoce, nonché di implementare programmi di supporto socio-assistenziale per affrontare questa sfida crescente per la salute pubblica. Con un’attenzione adeguata e interventi mirati, è possibile mitigare l’impatto del dolore cronico sulla vita delle persone e sulla società nel suo insieme.
Redazione Nurse Times
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