“Che in questo Paese manchino professionisti sanitari è un dato di fatto. Ci sono due problemi fondamentali. Da una parte, soprattutto per quanto riguarda i medici, negli ultimi dieci anni sono stati prodotti sempre meno professionisti rispetto al fabbisogno. Dall’altra c’è stato il blocco delle assunzioni nella sanità pubblica, per cui in massa hanno deciso di andare a lavorare all’estero o nel sistema privato”. Intervistato da Tag24, Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, contestualizza il tema del reclutamento in Italia di personale sanitario straniero.
In particolare, si fa riferimento alla scelta di Guido Bertolaso, assessore al Welfare della Regione Lombardia, di chiamare infermieri da Argentina e Paraguay per far fronte alle carenze di organico.
“In Lombardia – sostiene Bassetti – tantissimi hanno scelto di migrare in Svizzera, nostro concorrente spietato al Nord, sia per quanto riguarda i medici che gli infermieri. Quindi due fattori si sono uniti, facendo degenerare la situazione: da un lato c’è poca produzione, dall’altro i professionisti non si attirano nel sistema perché non vengono assunti, ci sono solo contratti a tempo determinato, le paghe scarseggiano, le condizioni di lavoro non sono adeguate. Stando così le cose, era inevitabile arrivare a un punto di non ritorno. Se si vuole far andare avanti la macchina, soprattutto quella pubblica, bisogna andare a pescare fuori”.
Si tratta comunque di un’anomalia. “Tutto questo è paradossale, perché siamo una delle scuole migliori al mondo, sia a livello infermieristico che medico – dice Bassetti -. Il mondo intero viene a imparare come li formiamo noi, li vengono a prendere da noi sapendo che sono i migliori e noi, anziché tenerli, li esportiamo. E’ allucinante, però la colpa è esclusivamente della politica, che in questi anni non ha saputo destreggiarsi in un problema che si sapeva avrebbe arrivato. Quindi oggi si pesca fuori dall’Italia, ma sarebbe bene guardare in casa nostra e fare un po’ di autocritica. Se siamo arrivati a questo punto, non è certo per colpa di medici e infermieri, bensì di chi non è stato in grado di organizzare diversamente il sistema”.
E ancora: “Io non lo so se il Paraguay offre lo stesso livello di qualità della formazione che offriamo noi. Vorrei verificarlo. Ci sono sicuramente ottimi medici e infermieri, però bisogna sempre guardare la media, per vedere se è uguale alla nostra. Stiamo assumendo medici o infermieri che sono già in grado di lavorare in un sistema come il nostro, con tutto quello che rappresentano la barriera linguistica e quella tecnologica? Perché non credo che lo sviluppo tecnologico del Paraguay sia esattamente lo stesso che abbiamo in Italia”.
Sempre Bassetti: “Detto questo, è chiaro che Bertolaso non può fare a meno di guardare all’estero. Se non c’è personale, non è che si possano chiudere gli ospedali. Però in una situazione di emergenza, oltre a chiamare qualcuno dall’estero, si potrebbe optare per altre soluzioni. Ad esempio fare entrare tutti a Medicina per i prossimi due anni, dando la possibilità di accedere all’università a tutti quelli che vogliono fare i medici, proprio perché abbiamo bisogno di produrre”.
Bassetti insiste poi sulla necessità di migliorare le condizioni di vita e di lavoro del personale sanitario nel settore pubblico: “Forse vale la pena anche cambiare le condizioni del personale medico-infermieristico, perché se continuiamo così ci sarà sempre di più una diaspora di italiani verso il privato o l’estero. Dobbiamo produrre più personale, ma allo stesso tempo dobbiamo attirare coloro che hanno studiato qui, che abbiamo formato, per cui abbiamo speso milioni di euro, perché formare un infermiere, formare un medico costa milioni di euro allo Stato italiano. Oggi, nel momento in cui i ragazzi sono pronti, poi se ne vanno all’estero o nel settore privato. Bisogna cambiare il sistema con contratti di lavoro vantaggiosi, condizioni di lavoro migliori, non solo economiche. Non si tratta solo di una questione di denaro. È proprio un problema di qualità del lavoro, orari, ambiente, tutele”.
Ma è anche questione di incolumità. “Ogni giorno senti storie di qualcuno preso a calci o a pugni – ricorda Bassetti -. Se io domani mattina prendo un pugno, la situazione è esattamente quella che c’era cinque anni fa. Non è vero quello che raccontano, cioè che l’aggressore viene perseguito direttamente come ospedale. Quindi tante parole e pochissimi fatti”.
A scoperchiare il vaso di Pandora è stato il Covid? “Sì, perché da lì in poi non si è mai stati capaci di mantenere le promesse – conclude Bassetti -. Ci siamo tutti rimboccati le maniche e alla fine l’abbiamo sfangata, come si suol dire. Gli infermieri, gli operatori sanitari, i militi, gente che ha lavorato 24 ore su 24 per stare dietro a tutti. Era stato detto che dopo la fine del Covid ci sarebbe stata la più grande riforma della sanità della storia. Io non l’ho ancora vista”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Tag24
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