Parla di Responsabile del servizio infermieristico tecnico della riabilitazione aziendale Policlinico “Gemelli” di Roma. “La politica faccia scelte strategiche. Quello che sta accadendo è chiaro sia sotto l’aspetto sociale che epidemiologico”
CHIETI – C’è una rivoluzione alle porte e bisogna prepararsi ad affrontarla. A mettere in guardia gli infermieri italiani è Maurizio Zega, responsabile dell’Unità operativa complessa Servizio infermieristico e della riabilitazione aziendale al Policlinico “Gemelli” di Roma.
Più che un ammonimento quello che di Zega è un invito agli infermieri, a prendere coscienza dei cambiamenti in atto nel mondo dell’assistenza sanitaria: la popolazione italiana invecchia e, in un futuro non molto lontano, il numero di pazienti con cronicità crescere in maniera esponenziale.
“Noi abbiamo dei dati oggettivi di quello che sta accadendo sia sotto il profilo sociale e quindi demografico, sia sotto l’aspetto epidemiologico” spiega Zega.
“E’ in atto, anzi è già in stato avanzato, una transizione epidemiologica che sta modificando la domanda sanitaria. Bisogna dare la risposta più appropriata nel luogo più appropriato come era stato scritto nell’accordo Stato – Regioni del 2004 e chi deve dare quelle risposta è la politica. Si deve intervenire – prosegue Zega – con scelte strategiche importanti, non ascoltando la professione infermieristica piuttosto che quella medica, ma cercando di analizzare in maniera oggettiva il bisogno di salute”.
Ecco allora la necessità di un cambio culturale, quel prepararsi ad affrontare la rivoluzione, non solo da parte degli infermieri ma anche dei cittadini: “Oggi nei bilanci delle Regioni, anche quelle virtuose, il 70 per cento è assorbito dal sistema sanitario. Tra cinque anni – spiega Zega – con l’invecchiamento della popolazione non basterà più quella percentuale e con il passare del tempo il sistema rischia di implodere”.
Lo scenario futuro è tracciato, a giudizio di Zega, ma nella professione infermieristica ci sono due livelli di percezione: “Gli infermieri fanno già molto di quello che non è normato. Oggi, ad esempio, l’infermiere risponde al paziente acuto e anche all’imminente pericolo di vita attivando il sistema di guardia. L’infermiere che è in corsia – analizza ancora Zega – durante la notte osserva il paziente, vede la criticità e chiama il medico di guardia. Se questo è quello che accade nell’ambito degli acuti dove c’è un’instabilità clinica, a maggior ragione deve accadere nel soggetto teoricamente sano, perché stabile dal punto di vista clinico. L’infermiere deve rendersi conto che è pronto a questo ulteriore salto di qualità. Anche se – conclude Zega – abbiamo una testa professione (i dirigenti, i docenti universitari, la Federazione, i Collegi provinciali) che sono pronti a questo passaggio, mentre abbiamo una base che deve rendersi consapevole della rivoluzione in atto”.
Salvatore Petrarolo
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